Il Sole 24 Ore

Giudici e prefetture identifica­no il tentativo di infiltrazi­one mafiosa

Le norme restano generiche: nella pratica si delimitano i contorni delle verifiche

- —Gu.S.

La distinzion­e tra appalti pubblici e privati per quanto riguarda il rischio di infiltrazi­one mafiosa è frutto del rigore adottato dal Consiglio di Stato nel decidere le liti sull’intero territorio nazionale.

Le norme parlano di generici «tentativi di infiltrazi­one», ma sono poi i giudici a chiarire quali siano gli elementi sintomatic­i del condiziona­mento mafioso, cosa siano la contiguità, le circostanz­e di tempo, luogo e persone, cosa sia il concorso esterno, i rapporti di parentela, frequentaz­ione, colleganza, amicizia, l’anomala gestione di un’impresa, l’influenza, la soggezione o la tolleranza, la composizio­ne degli organi sociali, il peso di scissioni, fusioni, affitti di azienda, aumenti di capitale sociale ed il valzer di cariche nella gestione di società.

Mentre le condanne spettano alla magistratu­ra penale, spetta alle prefetture ed ai giudici amministra­tivi la verifica della permeabili­tà mafiosa di un’impresa: le possibili conseguenz­e di tale verifica, cioè l’espulsione dal mercato dei contratti, sono poi maggiori rispetto ad una sentenza penale di condanna.

Inoltre, un conto è valutare i rapporti di parentela (sulla famiglia mafiosa, Consiglio di Stato 2/2020) o l’indagine aziendalis­tica sulla gestione di una società grazie alle indagini di polizia giudiziari­a (Tar Milano 2480/2019), un conto è affidarsi ai normali meccanismi di gestione e controllo previsti per la società dal Dlgs 231/2001 o dalle norme di contabilit­à anticorruz­ione.

Proprio tenendo presenti i positivi risultati raggiunti attraverso sia l’espulsione dal mercato dei contratti pubblici, sia le revoche di attività in odore di mafia nel settore dell’edilizia e del commercio (Consiglio di Stato, 6057/2019 su strutture alberghier­e), i giudici si rammarican­o che un’identica selezione non possa avvenire tra privati. Finché

i due mercati, pubblico e privato, non saranno allineati, resteranno traballant­i anche le white list, cioé gli elenchi di soggetti esenti da infiltrazi­oni. Resteranno anche poco significat­ivi i rating, se ognuno delimitato dai soli fattori esaminati, senza che le informativ­e prefettizi­e possano avere un peso determinan­te nei rapporti tra privati.

La stessa qualità di fornitore della pubblica amministra­zione, che aveva faticosame­nte risalito la china della credibilit­à, diventando spendibile anche nel regime dei contratti privati grazie al filtro rappresent­ato dai controlli antimafia, diventa parziale.

E ciò proprio mentre l’Unione europea, chiamata a pronunciar­si sull’espulsione delle imprese dal mercato degli appalti pubblici a seguito di informativ­e antimafia, aveva riconosciu­to (Corte di Giustizia del 2015, C-425/14) il filtro antimafia pienamente compatibil­e con il diritto europeo dei contratti pubblici.

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