Definizione liti pendenti, l’errore lieve è sanabile
Le Entrate invitano gli uffici a chiedere ai contribuenti di regolarizzare i versamenti
Mentre parte la caccia a chi ha pagato solo la prima rata (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), la pace fiscale sulle liti pendenti chiude un occhio nel caso degli errori incolpevoli. Si tratta di tutti quei casi che pur eccedendo i limiti del lieve inadempimento non sono incompatibili con la volontà di chiudere il contenzioso con le Entrate espressa dal contribuente non solo attraverso il pagamento della prima rata ma anche attraverso la presentazione di della domanda di definzione agevolata (in entrambi i casi il termine era quello del 31 maggio 2019).
La valutazione sulla «scusabilità» spetterà comunque sempre all’ufficio nel rapporto con il contribuente. Ma è verosimile ritenere che nei casi più complicati di valutazione del valore della lite, l’ufficio possa adottare una linea un po’ più soft in caso di non corretto riscontro dei pagamenti. In simili situazioni, le istruzioni dell’agenzia delle Entrate contenute in una direttiva interna (sotto forma di domande e risposte) alle proprie strutture territoriali sono di non chiedere il pagamento in un’unica soluzione del maggiore importo.
Piuttosto, l’ufficio dovrà invitare il contribuente a regolarizzare entro trenta giorni i versamenti carenti che sono già stati effettuati in relazione alle prime rate mentre per le rate restanti indicherà il nuovo importo dovuto dal contribuente. Di fatto, la sanatoria resterebbe in piedi senza comunicazione del diniego per errori ritenuti non così gravi da pregiudicare l’esito della definizione agevolata.
Mano leggera anche per chi ha sbagliato a compensare la prima rata con un credito Iva e, una volta constatato l’errore, ha effettuato un versamento in ravvedimento delle prime quote da pagare.
Tra le questioni affrontate dalle Faq dell’Agenzia anche quella in cui l’ufficio dovesse riscontrare che il contribuente ha indicato importi inferiori a quelle effettivamente versate in pendenza di giudizio e di conseguenza la cifra netta dovuta per chiudere la lite fosse in realtà inferiore a quella indicata nell’istanza di definizione. L’Agenzia dovrà comunicarlo al diretto interessato. E nell’ottica della compliance gli uffici delle Entrate dovranno comunicare che, qualora l’importo dovuto fosse stato interamente versato, il contribuente potrà chiedere il rimborso entro 48 mesi dalla data del versamento. Mentre nel caso in cui siano ancora dovute altre rate della pace fiscale , l’importo eccedente relativo a quanto già versato così come risultante dalla rimodulazione del piano potrà essere scomputato dalle rate successive a cominciare dalla prima.
Altro aspetto chiarito dalle Entrate
riguarda le spese di lite già liquidate all’atto di perfezionamento della definizione agevolata. L’indicazione agli uffici è che le spese già rimborsate dall’amministrazione finanziaria in esecuzione di una sentenza prima del perfezionamento della sanatoria non sono ripetibili. La domanda di condono estingue l’obbligazione tributaria e i rapporti reciproci tra le parti, compresi quelli relativi alle spese. Una sorta di cristallizzazione del giudizio alla fase in cui si trovava al momento in cui l’istanza di definizione agevolata è stata prodotta. Pertanto le spese già rimborsate prima della domanda non sono recuperabili, così come non sono ripetibili neanche le spese di lite oggetto del giudizio cautelare.