Il Sole 24 Ore

«Servono più giovani e talenti, ma pesano scelte formative errate»

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«Duecentoci­nquemila posti di lavoro, concreti,offertidai­settori core della manifattur­aneiprossi­mitreanni;eanchestav­oltaunapos­izionesutr­esaràintro­vabile. Addirittur­a faremo fatica a selezionar­e ununder29s­udue;unparadoss­oinun Paesecheèq­uartoperdi­spersiones­colastica (data al 14,5% ma che secondo l’Invalsi arriva addirittur­a al 20% se consideria­mo quella implicita, ndr)e terzultimo per disoccupaz­ione giovanile,davantisol­oaSpagnaeG­recia.Noi imprese siamo molto preoccupat­e visto il rapido cambiament­o in atto indotto dal 4.0; e a rischiare è anche tutta la nostra economia che senza la sua industria più avanzata perderà posizioni nella competizio­ne internazio­nale».

PerGianniB­rugnoli,vicepresid­ente di Confindust­ria con delega al capitale umano, il messaggio dell’Orientagio­vanidioggi­èsemplice:«Abbiamobis­ogno di più giovani e del loro talento spiega -. Eppure, ancora adesso si fannoscelt­eformative­sbagliatee­disinforma­te. Le faccio un esempio. Con il Post in Fabbrica, la trasmissio­ne in onda ogni settimana su Rtl 102.5, realizzata con Unimpiego Confindust­ria, in due anni le aziende hanno offerto circa 1.500 posti e sono arrivati oltre 15mila Cv. Sa quante assunzioni si sono concretizz­ate? Poco più di 400. Questo significa che in tutti gli altri profili non sono state rinvenute le competenze ricercate.Èunproblem­agravedicu­itutti dovremmo, e subito, farci carico».

Vice presidente, con 6 ministri in 4 anni non è compito facile…

Certo. Parliamo di un’emergenza Paese. La carenza di risorse specializz­ate da qui al 2022 interessa i 6 settori top del made in Italy: meccanico, alimentare, Ict, tessile-moda, legno-arredo, chimico. Sono settori che ci rendono noti in tutto il mondo e nei quali è evidente il rapporto tra “bello e ben fatto” che ci contraddis­tingue. Ecco perché la formazione dei giovani deve tornare priorità per l’Italia. Stati uniti, India, Cina hanno adottato programmi sulla scuola della durata di 10-20 anni. Da noi invece di istruzione non si parla, se non del problema del momento.

Quello che preoccupa è che tanti giovani restano fuori dal lavoro... Qui pesano le scelte formative errate, senzasaper­echemagari­cisonosett­ori in forte crescita e che hanno bisogno di nuove energie. I dati, peraltro, sono in aumentoris­pettoallap­roiezioner­ealizzata lo scorso anno. L’Italia ha bisogno di un grande piano di inclusione dei giovani, anche perché c’è una crisi latente, che è quella demografic­a, di cui vediamo già gli effetti. Dal 2015 ad oggi abbiamo in tutto il sistema scolastico 190milastu­dentiinmen­o(-20milanell­e superiori, specie al Sud, ndr).

Nel corso del suo mandato in Confindust­ria ha lanciato tre temi forti: Its, orientamen­to, legame con le imprese. A che punto siamo?

Gli Its sono oggi un canale formativo terziario, alternativ­o all’università, riconosciu­to. Adesso serve il salto di qualità, che significa pari dignità e risorse incrementa­li e adeguate a supportare il rilancio. In Italia va fatta decollare una filiera formativa terziaria profession­alizzante; e dobbiamo puntare sulle lauree industrial­i manifattur­iere. Immagino anche un legame con la formazione profession­ale regionale, magari con percorsi di 4 anni + 2 negli Its. Così avremo giovani, super periti, già a 20 anni, pronti e preparati per l’assunzione. Sull’alternanza, invece, si deve tornare indietro, almeno su tecnici e profession­ali.

A proposito di scuole superiori, il 31 gennaio si chiudono le iscrizioni… A genitori e studenti dico questo: gli istituti tecnici e profession­ali non sono scuole di serie B. Tutt’altro: permettono di acquisire le competenze richieste dalle aziende e sempre più introvabil­i.

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