Consob: l’Opa sarà più difficile per le Pmi quotate a Piazza Affari
Consob pubblica l’elenco: sono due terzi del mercato, per loro regole più semplici
Meno vincoli per le Pmi quotate a Piazza Affari, vale a dire la stragrande maggioranza del listino, circa due terzi del totale, per le quali l’Opa sarà più difficile. Consob ha pubblicato sul proprio sito internet l’elenco delle Pmi ai sensi del Testo unico della Finanza (quindi con fatturato inferiore a 300 milioni di euro o con una capitalizzazione media di mercato inferiore a 500 milioni). Si tratta dell’approdo finale di un iter avviato nel novembre 2017 con un percorso di consultazione e di scambio d’informazioni con le società interessate.
Meno vincoli per le Pmi quotate a Piazza Affari, vale a dire la stragrande maggioranza del listino, pari a più di due terzi del totale.
Consob ha pubblicato ieri pomeriggio sul proprio sito internet l’elenco delle «Pmi» ai sensi del Testo unico della Finanza (quindi con fatturato inferiore a 300 milioni di euro o con una capitalizzazione media di mercato inferiore ai 500 milioni di euro). Si tratta del punto d’approdo finale di un iter avviato nel novembre del 2017 con un percorso di consultazione e di scambio di informazioni con le società interessate. Le Pmi «certificate» dalla Consob sul mercato principale sono in tutto 155, su un totale che arriva a quota 240.
L’elenco - riguarda le sole società italiane aventi sede legale in Italia con azioni ordinarie ammesse a negoziazione sul Mta, sono esclude società estere e società italiane con sole azioni di risparmio quotate - comprende piccole realtà manifatturiere, come Gefran o Sabaf, ma anche numerosi istituti di credito e realtà di maggiore dimensione e storia finanziaria. L’attribuzione della qualifica di Pmi comporta alcune modifiche della disciplina applicabile, in particolare in materia di trasparenza degli assetti proprietari.
Viene innalzata innanzitutto la soglia minima delle partecipazioni rilevanti da comunicare ai sensi dell’articolo 120 del Tuf, che passa dal 3 al 5 per cento. Inoltre, per quanto riguarda le offerte pubbliche d’acquisto obbligatorie, le Pmi hanno ora facoltà di stabilire, per via statutaria, una soglia opa diversa da quella standard purché compresa tra il 25 e il 40 per cento. Infine, le stesse possono esercitare la facoltà di opt-out statutario dell’obbligo di opa da consolidamento nei primi cinque anni dalla quotazione (articolo 106, comma 3-quater del Tuf).
La ratio di queste modifiche - a quanto si apprende - risiede nella volontà del legislatore di eliminare quegli elementi che possono ostacolare un eventuale percorso di quotazione da parte delle imprese di minore dimensione. Un impianto normativo pensato per regolamentare una multinazionale rischia di non rispondere alle esigenze di una small cap, soprattutto se quest’ultima non è ancora sbarcata in Borsa e sta ragionando sul rischio di perdere parte del controllo.
Queste modifiche riguardano il mercato principale, ma non l’Aim, che ha una disciplina di trasparenza diversa e nel cui ambito, per esempio, non vigono le prescrizioni stabilite dall’articolo 120 del Tuf sulla soglia minima di partecipazione.