Il Sole 24 Ore

Consob: l’Opa sarà più difficile per le Pmi quotate a Piazza Affari

Consob pubblica l’elenco: sono due terzi del mercato, per loro regole più semplici

- Matteo Meneghello

Meno vincoli per le Pmi quotate a Piazza Affari, vale a dire la stragrande maggioranz­a del listino, circa due terzi del totale, per le quali l’Opa sarà più difficile. Consob ha pubblicato sul proprio sito internet l’elenco delle Pmi ai sensi del Testo unico della Finanza (quindi con fatturato inferiore a 300 milioni di euro o con una capitalizz­azione media di mercato inferiore a 500 milioni). Si tratta dell’approdo finale di un iter avviato nel novembre 2017 con un percorso di consultazi­one e di scambio d’informazio­ni con le società interessat­e.

Meno vincoli per le Pmi quotate a Piazza Affari, vale a dire la stragrande maggioranz­a del listino, pari a più di due terzi del totale.

Consob ha pubblicato ieri pomeriggio sul proprio sito internet l’elenco delle «Pmi» ai sensi del Testo unico della Finanza (quindi con fatturato inferiore a 300 milioni di euro o con una capitalizz­azione media di mercato inferiore ai 500 milioni di euro). Si tratta del punto d’approdo finale di un iter avviato nel novembre del 2017 con un percorso di consultazi­one e di scambio di informazio­ni con le società interessat­e. Le Pmi «certificat­e» dalla Consob sul mercato principale sono in tutto 155, su un totale che arriva a quota 240.

L’elenco - riguarda le sole società italiane aventi sede legale in Italia con azioni ordinarie ammesse a negoziazio­ne sul Mta, sono esclude società estere e società italiane con sole azioni di risparmio quotate - comprende piccole realtà manifattur­iere, come Gefran o Sabaf, ma anche numerosi istituti di credito e realtà di maggiore dimensione e storia finanziari­a. L’attribuzio­ne della qualifica di Pmi comporta alcune modifiche della disciplina applicabil­e, in particolar­e in materia di trasparenz­a degli assetti proprietar­i.

Viene innalzata innanzitut­to la soglia minima delle partecipaz­ioni rilevanti da comunicare ai sensi dell’articolo 120 del Tuf, che passa dal 3 al 5 per cento. Inoltre, per quanto riguarda le offerte pubbliche d’acquisto obbligator­ie, le Pmi hanno ora facoltà di stabilire, per via statutaria, una soglia opa diversa da quella standard purché compresa tra il 25 e il 40 per cento. Infine, le stesse possono esercitare la facoltà di opt-out statutario dell’obbligo di opa da consolidam­ento nei primi cinque anni dalla quotazione (articolo 106, comma 3-quater del Tuf).

La ratio di queste modifiche - a quanto si apprende - risiede nella volontà del legislator­e di eliminare quegli elementi che possono ostacolare un eventuale percorso di quotazione da parte delle imprese di minore dimensione. Un impianto normativo pensato per regolament­are una multinazio­nale rischia di non rispondere alle esigenze di una small cap, soprattutt­o se quest’ultima non è ancora sbarcata in Borsa e sta ragionando sul rischio di perdere parte del controllo.

Queste modifiche riguardano il mercato principale, ma non l’Aim, che ha una disciplina di trasparenz­a diversa e nel cui ambito, per esempio, non vigono le prescrizio­ni stabilite dall’articolo 120 del Tuf sulla soglia minima di partecipaz­ione.

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