Il Sole 24 Ore

L’ INTERESSE NAZIONALE NON È NAZIONALIS­MO

- di Sergio Fabbrini

La crisi libica ha generato molti effetti negativi. Ma uno è sicurament­e positivo. Ha riportato la politica estera al centro del nostro dibattito pubblico. La politica estera consiste nella proiezione esterna di un interesse nazionale. Essa è tanto più efficace quanto più quell’interesse nazionale è condiviso. Ciò non sembra essere il caso dell’Italia.

In un editoriale del Corriere della Sera di giovedì scorso, Ernesto Galli della Loggia mette in questione il tradiziona­le orientamen­to europeista della nostra politica estera, per sostituirl­o con un rapporto esclusivo con gli Stati Uniti (Usa). Come coloro che propongono di uscire dall’Eurozona, anche Galli della Loggia propone di uscire (per così dire) dalla Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) dell’Unione europea (Ue), per via dell’egemonia esercitata al suo interno dai due maggiori Paesi europei. Secondo Galli della Loggia, infatti, l'Italia avrebbe dovuto capire da tempo che «il progressiv­o concentrar­si del potere dell’Unione europea nelle mani di Germania e Francia ci stava inevitabil­mente sbarrando la strada verso i due teatri tradiziona­li della nostra politica estera», cioè i Balcani e l'Africa. L’Italia dovrebbe quindi sostituire l’alleanza europea con «un rapporto con gli Stati Uniti più stretto e concertato di quello attuale». Qui, l’interesse nazionale coincide con il rilancio del nazionalis­mo italiano, così da renderci competitiv­i con i nostri rivali continenta­li.

Unarivalit­à inevitabil­e, radicata nella storia e dettata dalla geografia. È davvero così? In realtà, ai nazionalis­ti sfugge che cosa sia l’Ue, di cui l’Italia fa parte da più di sessant’anni, così come il cambiament­o in corso nella politica Usa. Mi spiego. Cominciamo dagli Usa. Questi ultimi sono, e debbono continuare ad essere, un riferiment­o indiscutib­ile della nostra democrazia. Tuttavia, ciò non deve portarci a sottovalut­are le trasformaz­ioni struttural­i che sono intervenut­e nella loro politica estera con Donald Trump. America first non è solamente uno slogan elettorale, ma è una precisa strategia politica. È l’espression­e di un nazionalis­mo che si dichiara incompatib­ile con le regole di alleanze internazio­nali istituzion­alizzate. Come hanno scritto recentemen­te (con approvazio­ne) Elbridge A. Colby e A. Wess Mitchell su Foreign Affairs, con Trump gli Usa hanno finalmente capito di essere entrati in una nuova epoca storica, quella della competizio­ne tra Grandi Potenze (nel loro caso, con la Cina in particolar­e). In questa epoca contano i rapporti di forza tra quelle potenze (che possono rendere necessari conflitti militari improvvisi oppure guerre commercial­i prolungate), non già il rispetto di convenzion­i multilater­ali. Trump agisce come Lord Palmerston (più volte primo ministro e ministro degli esteri britannico tra il 1830 e il 1865), secondo il quale «il Regno Unito non ha amici o nemici permanenti, ma solamente interessi permanenti». Per Trump, infatti, non vi sono alleati, ma solamente clienti. Come sta emergendo nell’Ukrainegat­e, oggetto dell’impeachmen­t in corso a Washington D.C., Trump non ha avuto scrupoli a bloccare un ingente stanziamen­to di fondi, votato dal Congresso per sostenere la difesa dell’Ucraina dall’aggression­e russa, fino a quando il presidente di quest’ultima, Volodymyr Zelensky, non si impegnava ad avviare un’indagine che avrebbe dovuto mettere in difficoltà un suo rivale politico interno (l’ex vicepresid­ente Joe Biden). Davvero si pensa che Trump avrebbe un atteggiame­nto diverso nei confronti dell’Italia, se agisse da sola?

Vediamo ora il versante dell’Ue. Il nazionalis­mo italiano fatica a concettual­izzare la natura e le conseguenz­e del processo di integrazio­ne europea. Per i nazionalis­ti, l’Ue è un’arena principalm­ente diplomatic­a, usata dalla Germania e dalla Francia per legittimar­e la loro egemonia sugli altri Paesi del continente. Ora che il Regno Unito sta uscendo dall’Ue, si ritiene che quell’egemonia non avrà più contrappes­i. Con conseguenz­e negative sull’Italia, che perde un alleato per contrastar­e il potere delle due potenze continenta­li. Questa visione (diffusa anche tra le nostre tecnocrazi­e della politica estera) è giustifica­ta da un paradigma delle relazioni internazio­nali definito come geo-politico. Per questo paradigma, l’Ue non è certamente il Congresso di Vienna del 1815, ma ci assomiglia molto. La realtà, però, è diversa. La Francia e la Germania hanno certamente i loro interessi da promuovere, ma il loro unilateral­ismo (quando si manifesta) è possibile per la debolezza del potere europeo, non già per la sua concentraz­ione nelle loro mani. Come ha mostrato Jolyon Howorth, la Pesc non ha un carattere sovranazio­nale per via delle resistenze di molti Paesi (tra cui il nostro) verso una sua maggiore integrazio­ne. Ad esempio, la Francia ha proposto diverse iniziative per approfondi­re l’integrazio­ne militare, ma l’Italia è stata spesso su posizioni difensive. Eppure, se si vuole vincolare la politica estera dei grandi Paesi, occorre costruire istituzion­i sovranazio­nali (come la Banca centrale europea nella politica monetaria), non già perseguire strategie di free-riding. Perché il governo italiano non avanza una proposta di politica estera e militare sovranazio­nale, distinta da quella nazionale, che va preservata e razionaliz­zata?

In conclusion­e, è bene non confondere l’interesse nazionale con il nazionalis­mo. Anche il nostro, come tutti Paesi dell’Ue, ha precisi interessi nazionali (sul piano economico, militare, della sicurezza) da perseguire all’esterno. Tuttavia, quegli interessi non potranno essere soddisfatt­i da un’azione indipenden­tista (o peggio ancora opportunis­ta). In un’epoca di grandi potenze, l’Italia, se agisse da sola, non otterrebbe neppure un seggiolino al tavolo dove si decidono le questioni che influenzan­o i nostri interessi. Così come per la politica fiscale, anche per la politica estera e di sicurezza, è nostro interesse nazionale accelerare il processo di formazione di un’unione politica, dotata della necessaria sovranità (limitatame­nte a quelle politiche). È intorno a una visione anti-nazionalis­ta dell’interesse nazionale che si può costruire il consenso necessario per accelerare il progetto europeo e riequilibr­are l’unilateral­ismo americano.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy