ORA I MERCATI PREMIANO LA STERLINA
Agiorni il Regno Unito lascerà l’Unione Europea e comincerà la fase 2 della Brexit. Entro fine anno le due parti dovrebbero finalizzare l’accordo (deal) che ne disciplinerà le relazioni future. Le questioni sul tavolo sono molte ed eterogenee. A partire dal commercio: c’è chi scommette che 11 mesi non basteranno per siglare un accordo di libero scambio con la conseguente applicazione di quote e tariffe tra le due sponde della Manica secondo lo standard Wto (l’Organizzazione Mondiale del Commercio).
Ciò, per alcuni, dovrebbe preoccupare il Regno Unito. Pare quindi singolare che il premier britannico Johnson abbia spinto per far proibire legalmente al Governo di concordare con l’Europa estensioni del periodo di transizione oltre il 2020. La strategia di Johnson è rischiosa ma potrebbe comunque risultare vincente.
Magari non riuscirà a chiudere il deal entro fine anno ma le sue pressioni potrebbero favorire il raggiungimento di un accordo sui punti cardine da adottare provvisoriamente fino alla ratifica da parte di tutti i paesi dell’Ue.
Chiaramente molto dipenderà anche dall’atteggiamento, finora poco conciliante, del Vecchio continente. Eppure anche l’Ue ha molto da perdere se non riuscirà a preservare un rapporto privilegiato con il Regno Unito verso cui esporta una grande quantità di beni a cui la sua fragile economia non può rinunciare senza criticità. Di contro una grossa fetta dell’export britannico è extraUE, a partire dagli Usa, con cui peraltro Johnson punta a chiudere al più presto un nuovo accordo commerciale. Senza contare il mercato cinese con cui gli inglesi hanno già rapporti finanziari molto robusti: la City è la più grande piazza di scambio dello yuan dopo la Cina stessa e a giugno 2019 è partita l’iniziativa Shangai-London Stock Connect che rafforza il legame tra le due piazze.
Tutti aspetti su cui l’Ue dovrà riflettere con attenzione. Per ora la Commissione Europea ribadisce l’importanza di mantenere standard di qualità sui prodotti e del giudizio di equipollenza sulla prestazione di servizi finanziari come condizioni per un accordo senza tariffe né quote. Ma intanto Johnson tiene la barra dritta e mira a fare di Londra una Singapore sul Tamigi, un paradiso della deregulation e della detaxation nel cuore dell’Occidente.
Complessivamente la situazione resta molto fluida e qualsiasi previsione sarebbe azzardata. Quel che è certo è che la vittoria elettorale di Johnson ha circoscritto l’incertezza percepita dai mercati sul valore della sterlina.
La prova viene dall’esame della distribuzione di probabilità dei possibili valori futuri del tasso di cambio euro/sterlina implicita nelle quotazioni dei derivati aventi tale tasso di cambio come sottostante. Tra inizio marzo 2019 (May ancora in carica) e metà dicembre 2019 (post trionfo elettorale di Johnson) questa distribuzione di probabilità si è spostata su valori più alti della sterlina ed è diventata più alta e stretta. Ciò significa che i mercati assegnano una minore probabilità a scenari estremi di elevata rivalutazione e, soprattutto, di elevata svalutazione della sterlina.
Di questa chiave di lettura si ha conferma esaminando le distribuzioni di probabilità del cambio in relazione a tre date chiave: il referendum del 2016, il ridimensionamento della May al voto del giugno 2017 e le ultime elezioni che hanno conclamato Johnson al timone del Regno Unito. L’incertezza presente sui mercati nelle prime due occasioni si riduce strutturalmente sotto la guida del nuovo premier.
Di recente la Merkel ha dichiarato che oggi più che mai bisogna perseguire partenariati commerciali che vadano a beneficio di tutte le parti. Nel secondo semestre 2020 proprio la Germania avrà la presidenza dell’Ue e sarà difficile che dimentichi di essere il primo esportatore globale di beni nel mercato britannico.
‘‘ Johnson tiene la barra dritta e mira a fare di Londra una Singapore sul Tamigi, un paradiso della deregulation e della detaxation nel cuore dell’Occidente