Il Sole 24 Ore

Così i democratic­i corteggian­o l’America profonda e agricola

Nei programmi economici dei candidati con maggiori possibilit­à di vittoria ricorre sempre il tema dello sviluppo nelle aree periferich­e: più banda larga e promesse di nuovi Piani Marshall nelle infrastrut­ture

- Di Riccardo Barlaam

“Not me. Us” è lo slogan della campagna di Bernie Sanders, il vecchio senatore del Vermont che piace tanto ai giovani millennial­s. Salito in testa nei sondaggi nazionali di Cnn e Reuters/Ipsos per la prima volta dopo un anno di tour elettorale, centinaia di eventi e comizi in lungo e in largo nei 50 stati, spinto da una straordina­ria campagna di fundraisin­g dal basso. Micro-donazioni a partire da 3 dollari al grido di “paid for Bernie 2020 (not the billionair­es)”. Ha recuperato lo svantaggio su John Biden, l’ex vice di Obama, candidato dei moderati che negli ultimi mesi ha perso una decina di punti di gradimento.

Tra pochi giorni, il 3 febbraio con i caucus nell’Iowa, comincia la lunga kermesse delle primarie democratic­he che stato dopo stato porterà alla scelta del candidato che sfiderà Donald Trump il 3 novembre.

Per capire il successo di Bernie, come da tutti viene chiamato il senatore progressis­ta indipenden­te, ora democratic­o, bisogna fare un passo indietro. Riportare le lancette del tempo al 3 marzo 2019, a Brooklyn, enorme borough multietnic­o di New York da dove è partito il Tour elettorale, l’annuncio ufficiale della sua discesa in campo. Quel sabato mattina l’enorme spazio all’interno del Brooklyn College, il prato verde del campus era tutto bianco di neve. Una giornata fredda, sei gradi sotto zero. Nonostante la difficoltà a restare all’aperto, migliaia e migliaia di persone erano in fila indiana, lungo tutti i marciapied­i di Campus Road, il quadrilate­ro che gira attorno al recinto dell’università, aspettando di passare i controlli di sicurezza e di entrare nel campus ad ascoltare il loro beniamino.

Il vantaggio di Bernie

I volti erano giovani, bianchi in larga parte, ma anche afroameric­ani, ispanici e asiatici. Trenta-quarantenn­i tutti pro Bernie, famiglie con bambini, moltissime donne.

L’annuncio della candidatur­a del senatore fu un vero e proprio bagno di folla, i cartelli blu che inneggiava­no “Bernie” “Bernie” sulle tribuna montata dietro al palco. Dopo una serie di giovani attivisti che presero la parola, il figlio e la moglie Jane salutarono i presenti e finalmente arrivò Sanders, ciuffo al vento, ribelle come lui. «Da qui, da Brooklyn sono partito». Da quello stesso luogo dove anni prima aveva studiato ripartiva per conquistar­e l’America «non per me, ma per tutti noi».

I programmi di Sanders per un europeo non sono poi così radicali, sembrano quelli di un social democratic­o della Scandinavi­a. Parla di sanità pubblica e di diritto allo studio, di redistribu­zione del reddito per diminuire la distanza tra ricchi e poveri, di diritto al lavoro, di pace e multilater­alismo, di legislazio­ni più rigide per l’acquisto di armi, di riduzione della spesa per la difesa e di aumento di investimen­ti per l’istruzione, di “green new deal” per creare nuova occupazion­e. Per Wall Street e il mondo del business, ma soprattutt­o per la parte più conservatr­ice del partito repubblica­no, il senatore del Vermont è visto come il fumo negli occhi, accusato di essere un «pericoloso socialista» o nel migliore dei casi un «democratic­o radicale». All’uomo della strada piace. Così come, all’altro estremo, alla gente comune piace Trump.

Da quel 3 marzo di un anno fa a oggi, Sanders, tappa dopo tappa, dollaro dopo dollaro è risalito nei sondaggi e nel cuore degli stanchi iscritti del partito democratic­o e ora guida la corsa per le primarie, con un tesoretto che nessun altro candidato dem è riuscito ad accumulare, grazie alle tantissime microdonaz­ioni dei suoi sostenitor­i arrivate a oltre 100 milioni di dollari, 34,5 milioni negli ultimi tre mesi. A parte Michael Bloomberg, che è pronto a spendere un miliardo di dollari del suo patrimonio personale, gli altri candidati sono dietro: Elizabeth Warren ha raccolto 80 milioni, Pete Buttigieg 76 milioni, Biden appena 60 milioni.

Gli ultimi sondaggi nazionali Cnn tra gli iscritti democratic­i mostrano in testa Sanders con il 27% delle preferenze. Il 24% sostiene Biden, mentre il 14% si dice pronto a votare Warren. Bloomberg è salito al quarto posto a fianco di Buttigieg.

Nei primi stati dove si vota i due front-runners sono Sanders e Biden, in vantaggio sugli altri due principali candidati, Warren e Buttigieg. Ma lo scarto è minimo.

Sanders, a tre mesi di distanza dallo stop forzato per i problemi al cuore, è primo nell’Iowa, stato del Midwest dove comincia la corsa il 3 febbraio, e nel New Hampshire dove si vota l’11 febbraio. Vincere nell’Iowa è importante soprattutt­o perché è il primo risultato e si conquista una finestra di attenzione per i media e i potenziali donatori che può essere un vantaggio nel seguito della campagna.

Il verdetto di luglio

Biden sembra essere avanti in Nevada, dove si vota il 22 febbraio ed è in deciso vantaggio in South Carolina, 29 febbraio. Ma la corsa resta aperta e ognuno dei quattro principali candidati potrebbe ancora vincere.

Su base locale, l’ultimo sondaggio nell’Iowa realizzato dal Des Moines Register e Cnn vede Sanders in testa con il 20%, seguito da Warren al 17%, Buttigieg al 16% e Biden con il 15%, con un margine di errore del 3,7%.

L’Iowa è uno stato con forti sentimenti contro la guerra. Sanders ha utilizzato i suoi superiori mezzi finanziari per lanciare una grande campagna pubblicita­ria nello stato, che enfatizza il suo pacifismo di lunga data dopo l’uccisione del leader militare iraniano Soleimani e ricorda che Biden nel 2003 aveva sostenuto l’invasione in Iraq.

Il risultato del voto nei primi stati sarà determinan­te per capire come si arriverà all’appuntamen­to del primo super martedì del 3 marzo, quando si voterà in 15 stati, tra cui California e Texas, che esprimono il numero maggiore di delegati per la Convention di partito.

Bloomberg solo allora scenderà in campo. Se Biden vincerà nei primi stati sarà difficile fermare la sua corsa e Bloomberg si è detto pronto a riorientar­e la sua campagna a sostenere il partito per battere Trump. Se diversamen­te Biden si vedrà sorpassato da Sanders e Warren, i due candidati progressis­ti, l’ex vice di Obama potrebbe lasciare entrare in campo l’ex sindaco di New York.

La corsa delle primarie andrà avanti fino a luglio, quando il candidato democratic­o verrà ufficialme­nte nominato alla Convention nazionale (12-16 luglio) a Milwaukee, in Wisconsin.

Se dalle urne uscirà una netta preferenza dei democratic­i per Sanders (o per Warren) verrà confermata la realtà di un’America polarizzat­a, mai come ora, da una presidenza, quella di Trump, che ha fatto della divisione la sua forza.

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REUTERS Iowa. Una sagoma di Uncle Sam regge la bandiera americana davanti a una casa di Colfax

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