Scozia in campo per avere più autonomia
Brexit means Brexit, anche per chi al referendum ha votato in maggioranza per restare nell’Unione Europea. Le urne scozzesi, nel 2016, hanno espresso il 62% di pareri favorevoli al “remain”, ma il resto del Regno Unito non l’ha pensata allo stesso modo e la Scozia, adesso, dovrà adeguarsi.
Anche nel calcio, dove la Scottish Premiership si appresta a dover regolarizzare una nutrita schiera di nuovi stranieri. Anche per la Football Association scozzese varrà lo stesso regolamento in vigore nei campionati inglesi: via libera a stranieri ed “ex comunitari”, a patto che abbiano disputato almeno il 75% delle partite ufficiali delle rispettive nazionali nei due anni antecedenti al tesseramento e che la nazionale di riferimento non si trovi al di sotto della settantesima posizione nel Ranking Fifa, calcolando le medie dei due anni precedenti.
Con la sentenza Bosman, per tutti i club del Regno Unito questa regola è valsa in caso di tesseramento di extracomunitari. Non sarà così con la Brexit, o almeno, il rischio è che anche gli europei dovranno rispettare questi requisiti dopo il periodo di “transizione” che durerà fino a dicembre.
Un timore concreto, basato anche sulle attuali rose delle due big di Scozia. Il Celtic Glasgow ha in organico 15 giocatori non britannici (più due irlandesi), i Rangers otto, ma non tutti questi rientrerebbero nei parametri previsti dal regolamento sui tesseramenti dall’estero. Per il Celtic, Jullien, Ntcham e Edouard (così come il belga Bolingoli) non hanno alcuna presenza in nazionale A, mentre tra i rivali cittadini il croato Katic ha una sola presenza datata 2017. Sempre che la deroga prevista attualmente per situazioni straordinarie non venga allargata a questa casistica. I club scozzesi possono infatti appellarsi e chiedere il permesso di lavoro per un loro calciatore straniero senza il numero necessario di presenze in nazionale, a patto però che venga rispettato il parametro del Ranking Fifa. È quanto accaduto in estate all’Heart of Midlothian per il tesseramento del giapponese Meshino, in prestito dal Manchester City.
L’intenzione della Federcalcio scozzese è quella di mantenere le proprie regole, senza ingerenze dalla
La battaglia della federazione scozzese è appoggiata anche dai principali organi calcistici di Galles e Irlanda del Nord
vicina Inghilterra: «Abbiamo un buon rapporto con i colleghi inglesi ha dichiarato qualche mese fa Ian Blair, segretario della Scottish Professional Football League - ma non tale da permettere ad un’associazione di imporre il proprio volere sull'altra. Crediamo che il sistema attuale funzioni bene per il calcio scozzese e i suoi club, perché permette loro di portare giocatori dall’estero che potrebbero non trovarsi di fronte una barriera arbitraria, come effettivamente è». Una battaglia, quella della federazione scozzese, appoggiata anche dai principali organi calcistici di Galles e Irlanda del Nord.
Il calcio, inoltre, non è l’unico sport in Scozia a dover fare i conti con l’uscita del Regno Unito dalla Ue. Il Governo scozzese, sul proprio sito istituzionale, ha dedicato una pagina proprio all’evoluzione dello sport dopo la Brexit, senza sottovalutare l’impatto che questa avrà sull’equitazione. Per trasportare cavalli nel resto d’Europa, sarà necessario effettuare test medici aggiuntivi con annessi certificati per l’esportazione di animali vivi, differenti da quelli usati finora per gli spostamenti nell’Unione.