Nuove opportunità per i giornalisti
Algoritmi e dati possono migliorare il giornalismo e sostenere nuovi modelli di business, ma meno di quattro media su dieci hanno sviluppato una strategia per l’intelligenza artificiale. È partendo da questo dato, emerso dal report suI giornalismo “New powers, new responsabilities”, che Polis, il think-tank su giornalismo e società della London School of Economics coordinato da Charie Beckett con il sostegno della Google News Initiative, ha proposto sette linee guida per le redazioni che vogliono introdurre l’Ia nei propri flussi di lavoro.
La prima, apparentemente ovvia, è in realtà cruciale: definire che cos’è l’intelligenza artificiale. «Non esistono risposte giuste o sbagliate», sottolineano i ricercatori di Polis, perché si può approcciare il tema da un punto di vista tecnologico, definendo sistemi e soluzioni, o da un punto di vista delle funzioni umane che va a sostituire. Il passo successivo è capire quali applicazioni sono più interessanti per la propria redazione. Si va dalla raccolta di informazioni, per esempio delegando all’Ia la ricerca di dati, il tagging di articoli e contenuti, l’analisi dei social media o la scelta delle notizie più adatte all’audience fino alla produzione di notizie con sistemi per automatizzare scrittura, trascrizione, creazione di chart e factchecking e, da ultimo il supporto nella distribuzione delle notizie migliorando la targhettizzazione e la struttura della home page.
La terza indicazione è di riflettere su quali problemi si vogliono risolvere applicando sistemi di Ia. Su questo fronte non bisogna avere paura di ridefinire che cosa debba essere delegato alle macchine se lo scopo è liberare risorse umane per i compiti più “nobili” ovvero legati all’analisi, all’interazione con la propria audience e alla creatività. «Una delle aree chiave di qualsiasi discussione strategica sull’intelligenza artificiale (Ia) è come impatterà il lavoro umano», avvertono gli esperti di Polis introducendo il quarto punto, legato proprio agli effetti dei sistemi intelligenti sui ruoli già presenti in una redazione. Su questo fronte vanno sfatati i luoghi comuni dei robot che sostituiranno in toto i giornalisti in carne e ossa, così come la creazione di ruoli definiti perché le tecnologie intelligenti sono molto trasversarli e contaminano una grande varietà di ruoli. La strada verso una redazione fatta di bit e neuroni non è in discesa e, infatti, la quinta raccomandazione è di identificare quali sono i possibili ostacoli che possono insorgere in questa nuova e più ambiziosa transizione digitale. Si va dalla carenza di fondi o di skills specifiche allo scetticismo sui benefici e ai timori per la perdita di posti di lavoro, fino ai punti più critici come le carenze strutturali di preparazione o di vision del management che può rivelarsi incapace di gestire questo genere di progetti.
La sesta linea guida tocca direttamente il cuore del giornalismo, ovvero la linea editoriale perché l’automazione costringe a fare i conti con le possibili discriminazioni operate dagli algoritmi che, se non governati, possono anche contribuire all’eplosione di fake news. E poiché le tecnologie dell’intelligenza artificiale più avanzate sono spesso sviluppate da aziende tecnolgiche come Google, Facebook e Amazon, va valutato anche il rapporto con questi attori, talvolta in conflitto con i mezzi di informazione. L’ultima raccomandazione è di testare sul campo le proprie strategie con piccoli team per ottenere feedback immediati. «Il giornalismo, e come esso viene consumato, sta cambiando e con esso devono cambiare le organizzazioni che lo producono – osservano i ricercatori –. Per questo l’alfabetizzazione e la comprensione di che cos’è l’Ia è altrettanto importante che avere una buona strategia».