Il Sole 24 Ore

MEDIOLANUM VICIT

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Proprio brutto lo scenario italiano di fine anno: disoccupaz­ione al 9,8% (Germania 3,1%), quella giovanile al 27,7% (il doppio al Sud). Ascensore sociale sempre più bloccato, fra i peggiori in Europa. Crisi di classe dirigente esemplare in Alitalia, Ilva o Atlantia. Credibilit­à politica ai minimi. Metternich ridefinire­bbe oggi l’Italia “espression­e geografica”. Bassa produttivi­tà, perdita di quote di mercato, nascite scese del 23%, giovani in fuga dal Paese raddoppiat­i in

10 anni. Di quelli che restano, piuttosto ignoranti, uno su venti confonde i fatti con le opinioni, agli ultimi posti per conoscenza scientific­a. Divario Nord-Sud immodifica­bile: Pasquale Saraceno (1903-1991) grande meridional­ista e studioso dello sviluppo, prevedeva nel ’72 che nel 2020 si sarebbe raggiunta la parità (mai fidarsi degli economisti, insegna Belzebù). E non parliamo del PIL. In compenso Milano svetta, facendo dimenticar­e le polveri sottili, le buche stradali da far invidia a Roma e l’aver perso la proprietà delle due squadre di calcio cittadine, MilanInter: ha un sistema universita­rio e sanitario in grande spolvero, al secondo posto su 132 nazioni nell’attirare e fidelizzar­e talenti (così dicono a Davos) e vanta una crescita record del turismo, con 7,5 milioni di presenze (+9,4%). Una manna. Chissà che faccia anche tornare spettatori alla Scala, grazie alla gestione nuova e assennata di Dominique Meyer, cherubino di raffinata diplomazia, anni luce dalle smargiassa­te del predecesso­re. In quella Scala da applausi a gogò e standing ovation, l’altra sera, per il concerto della Sinfonica di Chicago, una delle migliori al mondo, guidata da Riccardo Muti, bello nel gesto e nella dinamica interpreta­tiva, a scatenare un entusiasmo di pubblico che il Teatro non vedeva da anni, se non ai recital di Pollini. In cauda la bella notizia: a settembre, dopo 30 anni di chiusura, riaprirà il Teatro Lirico, che avrà in residence la Fil, la nuova orchestra guidata da Daniele Gatti. Già ben quotata con le recenti due integrali Schumann e Brahms. «Gaudeamus igitur», canticchia il diavolo sulle note dell’inno internazio­nale della goliardia (che apparvero per la prima volta nel 1267), entrato in uso tra Sette-Ottocento, e inserito infine da Brahms nella “Akademisch­e Fest-Ouverture”, del 1881. «Bibamus denique, ne diabulus nos inveniat otiosos».

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