Il Mappamondo di fra’ Mauro rinnovato
Tesori delle biblioteche /1. Un progetto scientifico che coinvolge storici, geografi e informatici sovrappone mappe e informazioni moderne al mappamondo del frate camaldolese conservato alla Marciana di Venezia
Per alcuni secoli, i viaggiatori che andavano in barca da Venezia verso Murano potevano far tappa presso l’isola di San Michele (quella che ospita oggi il cimitero) e visitarne il convento camaldolese, imbattendosi nella sua biblioteca in un capolavoro rimasto a lungo semisconosciuto: è la grande mappa del mondo (un tondo di circa due metri di diametro, incorniciato in un telaio quasi-quadrato) disegnata alla metà del Quattrocento da fra’ Mauro e dai suoi collaboratori. È forse il capolavoro, certo il canto del cigno della geografia precolombiana: l’immagine forse più completa e dettagliata delle dottrine geografiche alla vigilia delle grandi scoperte oceaniche, l’opera che raccoglie e ordina i frutti della conoscenza di Europa, Asia e Africa accumulata da mercanti e navigatori veneziani durante il Medioevo.
Il mappamondo fu commissionato al frate-cartografo dalla corona di Portogallo, ma di fatto l’unica copia che ne rimane (è dubbio se ne sia mai esistita un’altra, destinata ai committenti) restò sempre a Venezia, e cadde nell’oblio lungo i secoli in cui gli orizzonti della geografia andavano ridisegnandosi radicalmente. Fu riscoperta nell’Ottocento, e da allora fu inclusa fra i cimeli più preziosi della cultura veneziana (la ospita oggi la Biblioteca Marciana).
L’autore, fra’ Mauro, la realizzò insieme a vari collaboratori, che ultimarono l’opera poco dopo la sua morte, avvenuta nel 1459, e alcuni dei quali sono probabilmente responsabili di certi grossolani errori e ripensamenti di cui resta ancora traccia. L’équipe attinse di certo a varie fonti, tra le quali una tradizione in bilico fra verosimiglianza e leggenda che parla di antiche mappe frutto diretto delle conoscenze di Marco Polo, il patriarca dei viaggiatori veneziani. Ma l’impostazione di alcune parti della mappa ha fatto pensare anche a nozioni della geografia araba, e comunque a una scaltrita conoscenza dell’Africa, di cui la mappa propone come possibile una circumnavigazione.
Oggi, il mappamondo di fra’ Mauro non parla solo ai geografi, ma anche agli storici e ai filologi, ed è pure bello da vedere: i mari vi sono decorati fantasiosamente e trapunti di imbarcazioni che danno preziose indicazioni di storia navale; i continenti sono cosparsi di raffigurazioni di luoghi, persone, elementi naturali; molti dettagli aprono interrogativi o danno informazioni sorprendenti. E tutta la superficie del mondo (nonché i quattro angoli lasciati liberi dal tondo, occupati da grandi cartigli-didascalie) è riempita da una grande quantità di testi. Nomi di luogo, perlopiù; ma anche commenti del cartografo, che discute conoscenze, dicerie, notizie riportate, vagliandole o integrandole con le testimonianze raccolte di persona: «Perché sono molti cosmographi e doctissimi homeni i qual scriveno che in questa Affrica, maxime nele Mauritanie, esservi molti monstruosi homeni e animali, parme necessario qui notar el parer mio». Oppure: «Anchora io ho parlato cum persona digna de fede che afferma haver scorso cum una nave de India per rabia de fortuna de traversà per zorni 40 fuora del mar d’India oltra el Cavo de Soffala e de le Insule Verde...». Fra’ Mauro scrive in veneziano, e trova modo di inserire in uno delle centinaia di cartigli esplicativi la giustificazione della propria scelta linguistica: «In questa opera, per necessità, ho convenuto usar nomi moderni e vulgari, perché al vero se io havesse fato altramente, pochi me haveria inteso, salvo che qualche literato».
Il contenuto testuale del mappamondo è stato quasi interamente pubblicato dallo studioso che più si è curato in anni recenti di quest’opera, il bibliotecario marciano Piero Falchetta. Ma altri occhi si sono ora posati sull’opera. Essa è di fatto l’apripista di un grande progetto scientifico in cui storici, geografi e informatici lavorano all’accumulazione e alla gestione, con metodi tecnologicamente assistiti, dell’intera massa delle conoscenze geografiche elaborate dalle culture africane, asiatiche ed europee prima della scoperta dell’America. Il progetto è stato recentemente presentato all’Archivio di Stato di Venezia. L’idea accarezzata dal coordinatore dei lavori, l’italiano Andrea Nanetti, professore al Politecnico di Singapore (Nanyang Technological University) è di raccogliere e inventariare una quantità di dati mai raggiunta prima e non dominabile con strumenti tradizionali, che consenta di integrare e di far dialogare le conoscenze di culture tra loro lontane, cercando corrispondenze, divergenze e ignoti rapporti fra le nozioni dello spazio geografico maturate durante antichità e Medioevo.
Nanetti, come molti degli umanisti toccati oggi dal fascino delle potenzialità digitali, è un sognatore. Ma è anche uno storico dalla formazione e dalle competenze solidissime, che ha mostrato il suo valore con l’edizione critica di fonti storiche di una complessità disarmante per i meno coraggiosi, come l’ampia cronaca-diario di Francesco di Marco Morosini (il cosiddetto Codice Morosini, uno dei più utili punti d’osservazione della Venezia primoquattrocentesca).
In un portale in internet che si presenta come un cantiere (dal nome forse infelice: engineering historical methods, mentre è l’informatica a ricevere qui il soffio vivificante della scienza storica), Nanetti e i suoi collaboratori vanno dunque riversando testi e immagini, nella fattispecie: una riproduzione ad altissima definizione del mappamondo, l’edizione dei testi di Falchetta, la proiezione su una mappa odierna e su altre mappe antiche degli stessi luoghi individuati e citati da fra’ Mauro. Ciò permette di navigare, nel senso che questa parola ha per l’uomo d’oggi, nei dati disponibili, stabilendo nuove connessioni, scoprendo a colpi di clic quel che prima bisognava cercare scartabellando tra le pagine. O che era semplicemente invisibile per l’indisponibilità di dati e di immagini così nitide e così... cercabili. La strada è tracciata: di tale sorte sono le Navigazioni
e viaggi (per usare il titolo di un altro grande geografo che vide il mondo restando perlopiù seduto, Giovan Battista Ramusio) proposte oggi da un nuovo modo di studiare la storia.
Andrea Nanetti e il suo staff hanno creato un portale nel quale riversare tutti i dati