L’origine lontana del capro espiatorio
Dopo la Grande Guerra, Bettauer prefigura quel che sarà
Èl’odio che dà la sensazione che si può «tornare ad essere padroni del proprio destino». Il nostro tempo non è originale. Forse, immergersi in un passato recente serve.
Conviene immergersi nella realtà di Vienna: ne scrivono in forma diversa sia Riccardo Calimani, sia Hugo Bettauer, attraverso la rilettura che ne fa Marino Freschi nel presentare La città senza ebrei . «Gioiosa apocalisse». Così Hermann Broch descrive la città tra 1880 e 1920, ci ricorda Calimani in esordio del suo libro.
Quella è la condizione in cui vive Vienna, sul margine del precipizio, in costante tensione tra pulsioni che oggi chiameremmo sovraniste - e con il timore costante di perdere la propria personalità e la propria auto raffigurazione come civiltà: si sente a rischio perché «assediata» e «depersonalizzata» dalla presenza ebraica.
Una città in cui il segno della decadenza è dato da un sistema imperiale dalla burocrazia sempre più autoriferita e a cui si dà il compito di rappresentare la propria identità e un mondo del sapere (non solo le arti figurative o letterarie, ma anche quelle delle discipline scientifiche) che ha il suo punto di forza in gran parte nell’intellighenzia ebraica.
Allo stesso tempo è una città che si accredita come “capitale europea”, ma che se deve scegliere da chi farsi amministrare, si fida soprattutto di chi esalta il carattere locale, di chi in sostanza dice ogni giorno “dimostriamo che siamo padroni a casa nostra”. Per questo vota e si fa governare dai cristiano sociali di Karl Lueger, borgomastro dal 1897 al 1910, il cui programma politico è fondato sull’antisemitismo e su una cultura razzista che ha tra i suoi obiettivi l’espulsione degli ebrei.
Dunque, ciò che immagina Hugo Bettauer quando scrive nel 1922 la sua novella, La città senza ebrei, non è una metafora e un progetto estranei ai sentimenti diffusi da tempo a Vienna. Quel programma, quelle parole, quell’entusiasmo su cui Bettauer costruisce la prima metà della sua narrazione hanno popolato i sentimenti di Vienna da tempo.
Il crollo dell’impero a seguito della sconfitta militare nella Prima guerra mondiale è un veicolo potente per dare forza a quel sogno che Lueger ha dichiarato di voler perseguire durante la sua esperienza di sindaco, senza nei fatti riuscirci.
La scena è quella classica delle mobilitazioni antisemite di piazza,manifestazioni che hanno riempito le strade di molte parti d’Europa in Età moderna e che sono tornate a presentarsi a Parigi durante l’Affaire Dreyfys alla fine dell’Ottocento o nel territorio dell’Impero russo, in Ucraina, ma anche in zone della Polonia nel decennio che precede la Prima guerra mondiale. Una situazione destinata a ripresentarsi non solo negli anni 30, ma anche nell’immediato secondo dopoguerra il 4 luglio 1946 a Kielce, proprio in Polonia, per esempio.
La ricerca del capro espiatorio è il carburante che consente di mettere in moto quel meccanismo. È la sceneggiatura da cui muove il racconto di Bettauer.
Così comincia a girare la voce che se gli austriaci si erano improvvisamente ritrovati poveri era colpa degli ebrei, se erano disoccupati, era colpa degli ebrei, se erano stati umiliati con i trattati di pace, era colpa degli ebrei. Sarebbe bastato cacciarli dalla capitale e, almeno per un po’, la popolazione si sarebbe tranquillizzata. Alimentata da un odio crescente, si sarebbe sentita appagata.
Così, in un clima di esasperata intolleranza xenofoba, il Parlamento promulga un editto per bandire gli ebrei dall’Austria. Espulsi gli ebrei, tutto entra immediatamente in crisi: le banche, le industrie, le boutique, i teatri e i caffè chiudono, mentre le vivaci ragazze viennesi rimpiangono i loro audaci e fantasiosi corteggiatori ebrei. Intanto la moda propone ridicole acconciature alpine e la letteratura approda allo strapaese montanaro. Toccato il fondo della grettezza e dello squallore, gli autoctoni si ricredono, e gli ebrei vengono richiamati a furor di popolo. Il romanzo termina con l’apoteosi del ritorno, in una festosa cornice di riconciliazione.
La realtà sarebbe stata ben diversa: Bettauer, autore ebreo di successo, impegnato nelle battaglie civili per la libertà sessuale, sarebbe stato ucciso ai primi di marzo del 1925 da un giovane nazista, rimasto praticamente impunito. La tragica realtà era destinata a superare i toni grotteschi della satira.
LA CITTÀ SENZA EBREI Hugo Bettauer presentazione di Marino Freschi Chiarelettere, Milano, pagg. 170, € 15;
LA GRANDE VIENNA EBRAICA Riccardo Calimani Bollati Boringhieri, Torino, pagg. 229, € 13
Se gli austriaci si erano ritrovati poveri, disoccupati, umiliati, la colpa era degli ebrei