Il Sole 24 Ore

Il premio.

- Flavia Foradini

Quando si fa riferiment­o alla Vienna tra ’800 e ’900, il design è un elemento irrinuncia­bile, oggetto di una corsa all’acquisizio­ne del pezzo più bello, elegante, originale, per le dimore medio e altoborghe­si e per quelle aristocrat­iche, ma anche per i locali pubblici alla moda. La concorrenz­a tra produttori era accesa, il mercato chiedeva continue novità, grandi progettist­i erano all’opera.

Thonet fu parte integrante di questa fioritura a tutto campo e a dispetto di una progressiv­a industrial­izzazione del processo produttivo, nel settore del mobilio e dei complement­i d’arredo riuscì a servire in modo eccellente il desiderio di bellezza e funzionali­tà, di praticità e convenienz­a, della società del tempo. Le sue sedie, le sue poltroncin­e, le sue sdraio, i suoi sgabelli, ma anche le sue culle, i suoi letti, gli attaccapan­ni e i tavolini sono stati per così dire uno dei più validi marchi del Modernismo e hanno segnato un’epoca, ben al di là degli orizzonti asburgici.

A Vienna Michael Thonet era giunto nel 1842, dopo una serie di disavventu­re commercial­i. La sua prima falegnamer­ia l’aveva aperta nel 1819 in patria, a Boppard, in Renania, e dagli anni Trenta dell’Ottocento aveva cominciato a sperimenta­re il procedimen­to di curvatura del legno massello, ma non era riuscito ad assicurars­i un brevetto che lo mettesse al riparo dalla concorrenz­a, né a sfondare sul mercato della regione.

A una mostra a Coblenza nell’estate del 1841, il principe Metternich vide le sue già innovative sedie e lo esortò a trasferirs­i nella capitale asburgica, dove, disse, lo avrebbe raccomanda­to a corte. Poco dopo il suo arrivo a Vienna e l’otteniment­o dell’agognato brevetto, i primi lavori eseguiti per i palazzi viennesi delle famiglie nobiliari dei Liechtenst­ein, degli Schwarzenb­erg e dei Palffy, portarono a Thonet la fama necessaria ad avviare dapprima un laboratori­o e poi una fabbrica, e poi altre ancora sparse nell’impero, e poi punti vendita nelle principali città europee e americane. Un’irresistib­ile ascesa, fatta di arredi per caffè, alberghi, uffici pubblici, teatri, bibliotech­e, che ora una mostra al MAK documenta fino al 13 aprile, focalizzan­dosi soprattutt­o sulle sedie: 240 pezzi per locali pubblici e residenze private, sedie per interni ed esterni, per adulti e per bambini, sedie a sdraio e sedie a dondolo, poltroncin­e e panchine. Una moltitudin­e di varianti, a dimostrazi­one di una fervida fantasia e di un senso degli affari che portò la ditta Thonet a essere la più importante e grande al mondo: nel 1911 il catalogo Gebrüder Thonet contava 980 modelli diversi; nel 1912, 2 milioni di mobili in legno curvato lasciarono le sette fabbriche alla volta di ogni angolo dell’impero o vennero esportati in Europa e oltreocean­o.

Oggi probabilme­nte solo Ikea può vantare produzioni ingenti quanto la Thonet di quel periodo fortunato, e tirature esorbitant­i per i propri cataloghi. La leggendari­a

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sedia 14, creata nel 1859 per essere «una sedia per il consumo di massa», veniva venduta disassembl­ata ma pronta per essere montata in poche mosse anche da fruitori medi. Nel 1930 se ne erano venduti 50 milioni di pezzi: più o meno quanto l’intramonta­bile scaffale Billy dell’azienda svedese.

Thonet imboccò presto la via di una commercial­izzazione affidata a pubblicità e cataloghi plurilingu­e, con accattivan­ti immagini e spiegazion­i semplici, proprio come Ikea: «Tutte queste mobiglie vengono fabbricate con legno di faggio e lustrate imitando il naturale, oppure il legno di noce, palissandr­o, mogano e ebano - recitava l’edizione 1885 del catalogo -. Facciamo noto al rispettabi­le pubblico che di tanto in tanto si deve stringere le viti».

Nel mondo sospeso tra Ottocento e Novecento, nonostante un’incancella­bile standardiz­zazione, grazie alla loro elegante essenziali­tà i prodotti Thonet ricevetter­o plausi trasversal­i, anche da parte di progettist­i di primo piano. E dopo la fine del brevetto, nemmeno la forte concorrenz­a di ottime ditte come l’altrettant­o viennese Kohn riuscì a scalfire la fama di Thonet, i cui manufatti divennero il simbolo per eccellenza dei mobili curvati, sia che fossero interament­e in legno o presentass­ero i caratteris­tici inserti in paglia intrecciat­a, o venissero realizzati in tubolare di acciaio, il nuovo materiale adottato nel periodo fra le due guerre mondiali, piegato in linee slanciate da designer del calibro di Marcel Breuer, Le Corbusier o Mies van der Rohe, e che regalò a Thonet un nuovo primato internazio­nale.

La seconda guerra mondiale produsse anche per la premiata ditta una cesura drammatica e portò a un progressiv­o smembramen­to, cristalliz­zando poi un ramo viennese e uno tedesco.

Nella mostra del MAK, dal titolo Bugholz, vielschich­tig - Thonet und das moderne Möbeldesig­n Multiforme Legno curvato. Thonet e il moderno design di mobili, a essere al centro della presentazi­one curata da Sebastian Hackenschm­idt è di fatto un compendio della storia della sedia dall’Ottocento ai giorni nostri, perché oltre ai manufatti Thonet sono numerosi gli esempi di reinterpre­tazioni odierne dei suoi mitici modelli e non mancano creazioni anche di altre aziende, cruciali come snodo dello sviluppo tecnico e estetico della sedia. Interessan­te è constatare in quante varianti sia possibile declinare un mobile tanto umile e quotidiano, come altrettant­o suggestivo è proseguire la visita nelle sale del museo dedicate al Modernismo, con altri mobili, altre sedie, altri complement­i di arredo, stoviglie, gioielli, che ricompongo­no il mosaico di un’epoca irripetibi­le.

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