Il Sole 24 Ore

Senza accordi tempestivi si rischia di «doppiare» l’Iva

- Giampaolo Giuliani

La disciplina Iva merita un’attenzione particolar­e da parte degli operatori dei Paesi Ue con rapporti economici Oltremanic­a. I quali devono considerar­e per tempo le ripercussi­oni della Brexit: anche perché l’uscita definitiva del Regno Unito, programmat­a per il prossimo 31 dicembre, potrebbe verificars­i in tempi più ristretti e soprattutt­o con poco preavviso.

La prima cosa da tenere presente riguarda la normativa sugli scambi intracomun­itari tra Paesi membri. Da parte italiana, il Dl 331/1993 (istitutivo dell’Iva negli scambi intra-Ue) non prevede l’ipotesi dell’uscita di un Paese membro dall’Unione europea, ma ne disciplina soltanto l’ingresso (articolo 60). Significa che in caso di Brexit “dura”, cioè senza accordo tra le parti, si dovrà tentare una “lettura inversa” di quest’articolo.

A ogni modo, il primo e più importante effetto della Brexit dovrebbe essere quello di un totale ripristino delle barriere doganali fisiche tra la Ue e il Regno Unito. Le movimentaz­ioni dei beni in partenza dall’Italia e destinati in Uk (e viceversa) perderanno la natura di cessioni o acquisti intracomun­itari; e si ripristine­rà la situazione esistente al 31 dicembre del 1992, che prevede obbligator­iamente l’intervento dell’amministra­zione doganale per ogni singola operazione di esportazio­ne e di importazio­ne.

Come gestire le merci

Immediata conseguenz­a dell’introduzio­ne delle dogane sarà l’impossibil­ità di gestire le merci in transito, o inviate o ricevute in deposito o in conto lavorazion­e, o ad altro titolo non definitivo, nel momento in cui avverrà la materiale uscita del Regno Unito dal mercato unico. Il problema principale sarà l’attribuzio­ne di una destinazio­ne doganale a merci unionali: ad esempio, come si dovrà procedere per la merce inviata in Inghilterr­a prima dell’uscita del Paese dalla Ue, e rinviata in Italia dopo tale data?

Se non interverra­nno deroghe alla normativa vigente, si dovrebbe parlare di un’importazio­ne; e pertanto, al momento dell’introduzio­ne, dovranno essere pagati i dazi e di nuovo l’Iva. Si tratta di una soluzione (pagare l’Iva due volte) che evidenteme­nte non è equa, perché in stridente contrasto con la realtà dei fatti; ma in assenza di specifiche disposizio­ni, non si potrà far altro che assolvere l’imposta una seconda volta.

Gli effetti della reintroduz­ione delle barriere doganali si manifester­anno anche in tema di adempiment­i e procedure che dovranno osservare i soggetti passivi d’imposta, ovvero di rimborsi Iva transfront­alieri; nonché sulle operazioni effettuate nei confronti di privati consumator­i. I quali non saranno liberi di introdurre beni dal Regno Unito, ma dovranno restare al di sotto delle franchigie doganali.

A questo riguardo, vale la pena ricordare che gli oggetti e i generi di consumo contenuti nei bagagli dei viaggiator­i sono ammessi in franchigia doganale all’imprescind­ibile condizione che si tratti di importazio­ni che, per loro quantità, siano prive di ogni carattere commercial­e e siano riservate all’uso personale o familiare del viaggiator­e.

In sintesi, si può affermare che in caso di “hard Brexit”, senza adeguate norme e un ben determinat­o periodo transitori­o, è prudente che gli operatori economici - all’avvicinars­i della fatidica data di uscita - evitino la giacenza in territorio britannico di merci destinate a tornare nell’Unione. Ed è bene concludere le operazioni di vendita o di acquisto, con effettivo trasferime­nto dei beni, prima dell’introduzio­ne delle barriere doganali.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy