Così il «nuovo» fondo crediti aumenta la capacità di spesa
La manovra permette di modificare i calcoli sull’accantonamento Il riferimento va al rapporto previsto a consuntivo fra incassi e accertamenti
La possibilità di liberare quote accantonate a fondo crediti di dubbia esigibilità nel bilancio di previsione per aumentare la capacità di spesa degli enti locali passa dall’equilibrio di bilancio e trova conferma in uno degli 884 commi della Manovra 2020.
L’undicesimo decreto correttivo dei principi contabili del 1° agosto 2019 individua due saldi di competenza finanziaria aggiuntivi rispetto all’avanzo/disavanzo di competenza che gli enti devono determinare già dal rendiconto 2019: l’equilibrio di bilancio e l’equilibrio complessivo.
La Commissione Arconet è intervenuta sulla modifica, affermando che pur non essendo previste sanzioni in caso di mancato rispetto dei nuovi equilibri introdotti e «fermo restando l’obbligo di conseguire un Risultato di competenza (W1) non negativo, gli enti devono tendere al rispetto dell’equilibrio di bilancio (W2) che rappresenta l’effettiva capacità dell’ente di garantire, anche a consuntivo, la copertura integrale, oltre che agli impegni e al ripiano del disavanzo, anche ai vincoli di destinazione e agli accantonamenti». Quest’ultimo saldo, effettivamente, cattura gli effetti sulla gestione di competenza degli accantonamenti e delle entrate vincolate, mentre l’equilibrio complessivo tiene conto anche degli accantonamenti effettuati direttamente in rendiconto o fatti di gestione non imputabili alla competenza dell’esercizio appena chiuso.
Le modalità di calcolo dell’equilibrio di bilancio, e la quota da considerare accantonata a Fcde prodotta dalla gestione e da portare in detrazione dal risultato di competenza, non è mai superiore alla differenza tra l’Fcde calcolato a rendiconto e quanto accantonato a questo titolo l’anno precedente. Con il risvolto che se il fondo stanziato preventivo è superiore a questa differenza, nell’equilibrio di bilancio la quota che rileva è esattamente pari allo stretto necessario per arrivare al fondo crediti accantonato nel risultato di amministrazione seguendo i principi contabili.
L’effettodi questa modalità di calcolo è che spesso il metodo attualmente previsto dai principi contabili, che prevede il rapporto tra accertamenti e incassi della sola competenza, comporta nel preventivo un accantonamento superiore rispetto alla congruità verificata a rendiconto.
Ma come rimediare a questa anomalia? È il comma 80 della legge di bilancio a ripristinare la giusta capacità di spesa negli enti. Anche se a una prima lettura parrebbe solo concedere la facoltà di variare l’accantonamento al fondo stanziato nel preventivo in base al miglioramento registrato dalla riscossione a seguito dell’esecutività dell’avviso di accertamento, di fatto la novità è molto più ampia: la modalità di calcolo della riduzione delle quote accantonate prende a riferimento il rapporto che si prevede di realizzare alla fine dell’esercizio di riferimento tra gli incassi complessivi in conto competenza e in conto residui e gli accertamenti, arrivando a determinare una modifica implicita del principio contabile. Ne consegue che per tutte le entrate riscosse in modo accelerato con accertamento esecutivo, l’accantonamento al fondo crediti nel preventivo può essere determinato secondo le modalità del comma 80.
Prima di procedere, però, va verificato lo scostamento effettivo registrato negli anni passati tra quanto accantonato in preventivo e l’aumento del fondo registrato nel risultato di amministrazione rispetto a quanto accantonato nell’esercizio immediatamente precedente: il rischio, infatti, è di generare disavanzo visto che un accantonamento sottostimato obbliga l’ente a vincolare, nel risultato di amministrazione, le risorse necessarie per costituire il fondo crediti. Con la conseguenza, dannosa, di alimentare un disavanzo di amministrazione.