Ora il rischio mondiale sale al livello «elevato»
L’Oms alza il livello di allerta Pronti aiuti e finanziamenti per sostenere le imprese
Dopo i moti indipendentisti di Hong Kong, dopo la frenata dell’economia ai minimi da quasi 30 anni, dopo la guerra dei dazi con gli Usa, l’epidemia del nuovo coronavirus presenta una nuova sfida per il regime di Pechino e per il suo leader assoluto, Xi Jinping, che sulla gestione dell’emergenza si gioca la propria credibilità.
Le autorità locali della provincia dello Hubei, dove si trova la città-epicentro della crisi, Wuhan, sono finite sotto il tiro delle critiche della popolazione, che le accusa di non aver risposto alla crisi in modo adeguato. In un raro episodio di autocritica, il sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, ha ammesso davanti alle telecamere della Cctv che la gestione della situazione non è stata «sufficientemente buona» e ha offerto le sue dimissioni.
Un focolaio, quello delle contestazioni, che il regime prende sul serio: ieri il primo ministro Li Keqiang ha raggiunto Wuhan per «monitorare e dirigere» di persona gli sforzi contro il virus. Mascherina sul viso, Li ha visitato il mega-cantiere dove le autorità hanno promesso di costruire in tempi incredibilmente rapidi (6 giorni) un ospedale da mille posti letto. Indossato
un camice protettivo blu, Li è poi andato tra i pazienti e gli operatori sanitari in prima linea nella lotta la virus. Ha promesso attrezzature e farmaci e ha assicurato l’arrivo a Wuhan di 2.500 operatori sanitari nelle prossime ore. La commissione nazionale di sanità ha reso noto che sono stati registrati 769 nuovi casi tra la mezzanotte di sabato e la mezzanotte di domenica. I decessi sono più di 80. In tutto, i contagi in Cina sono oltre 2.800, per metà nello Hubei. Secondo alcuni ricercatori, però, i numeri potrebbero essere molto più alti.
Per limitare gli spostamenti,in un periodo di forti migrazioni interne come il capodanno cinese, Pechino ha prolungato le tradizionali vacanze di tre giorni, fino al 2 febbraio, e ha rinviato l’apertura per il semestre primaverile di università, scuole primarie, medie e asili di tutto il Paese,fino a nuovo avviso. Da giorni, Wuhan è stata trasformata in un gigantesco centro di isolamento per tenere in quarantena i suoi 11 milioni di abitanti. L’intera provincia dello Hubei, 60 milioni di abitanti, è sottoposta a varie forme di restrizione degli spostamenti.
A Pechino è stato ordinato il controllo della febbre dei passeggeri in 55 stazioni della metropolitana. La capitale finanziaria Shanghai ha chiesto alle società di non riaprire gli uffici fino al 9 febbraio, mentre Suzhou, uno dei maggiori hub manufatturieri del mondo, ha rimandato all’8 febbraio il ritorno al lavoro di milioni di lavoratori. Sabato, ferrovie e trasporto aereo hanno registrato un calo del 42% dei passeggeri rispetto a un anno prima.
Le autorità si preparano all’impatto economico, promettendo liquidità finanziaria alle imprese. Dopo la Sars, l’economia rimbalzò in fretta. La Cina del 2020, però, dipende in misura molto più rilevante dai consumi, il settore che più risentirà dell’epidemia. Al tempo stesso, il resto del mondo conta oggi sulla Cina molto più di 17 anni fa e una sua brusca frenata potrebbe avere ripercussioni sensibili, anche se di breve periodo.
L’Organizzazione mondiale della sanità non ha ancora dichiarato lo stato di emergenza internazionale, ma il suo direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, è in Cina per capire se Pechino è davvero in grado di contenere il virus. E ieri, l’Oms ha rivisto da moderato a elevato il rischio globale, ammettendo un errore nei precedenti rapporti. Casi sporadici sono stati registrati in 10 Paesi. Al momento, non sono stati riportati decessi fuori della Cina. Diversi Stati, come Usa e Italia, stanno preparando l’evacuazione dei propri concittadini. In un tweet il presidente Usa, Donald Trump, ha offerto alla Cina «tutto l’aiuto possibile».