Il Sole 24 Ore

IL QUIRINALE E IL RISCHIO DELLA PARALISI

- Di Lina Palmerini

Può sembrare un paradosso che dopo la vittoria in Emilia-Romagna, dopo aver scampato il rischio di spallata promessa da Salvini, il Governo rischi la paralisi.

Nonostante il sospiro di sollievo tirato da Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti dopo il voto di domenica, il pericolo per l’Esecutivo è - infatti- quello di finire nelle sabbie mobili un po’ per cause politiche, un po’ per la ricerca di alibi costruiti ad arte per durare più che per governare. Il referendum sul taglio dei parlamenta­ri, per esempio, è stato oggetto - dalle parti dei 5 Stelle - di lunghe riflession­i su quale fosse la data più opportuna per garantire una maggiore durata alla legislatur­a. C’era una tesi, spinta da ministri grillini di primo piano, di fissarlo al 24 maggio in modo da guadagnare un anno “gratis”. Nel senso che si sarebbe vissuto un mese a rischio di crisi ma poi, scavallato il referendum, si sarebbe arrivati dritti al 2021. Una tesi che alla fine non è stata prevalente, sia per il pericolo di un potenziale inciampo sia perché sarebbe stato molto complicato spiegare al capo dello Stato - che deve emanare il decreto di convocazio­ne - la ragione per cui tenere a bagnomaria così a lungo un test popolare di primaria importanza. È prevalsa la linea dell’accelerazi­one - si voterà il 29 marzo - e Sergio Mattarella è stato d’accordo.

C’è però la preoccupaz­ione che proprio la consultazi­one sulla sforbiciat­a agli onorevoli, insieme al momento di difficoltà dei 5 Stelle, possano avere un effetto paralizzan­te sul Governo. Nel senso che il referendum ha un effetto di “polizza-vita” perfetta: da qui al 29 marzo non c’è lo spazio per una crisi e scioglimen­to anticipato e dopo il test, con un Parlamento dimagrito a 600, deputati e senatori si terranno ben stretto il loro seggio. Ecco, il rischio è che la combinazio­ne tra referendum e divisioni nei 5 Stelle possano provocare una paralisi di fatto. Un Movimento allo sbando, dopo i pessimi risultati di domenica, è in grado di decidere? E il Pd, dopo la vittoria di Bonaccini, può mostrarsi subalterno ai 5 Stelle come è stato finora su prescrizio­ne o revoca Autostrade? Questo è il dilemma di Zingaretti che deve fare attenzione tra la necessità di un ribilancia­mento di forze nel Governo e la prudenza a non scuotere troppo l’albero grillino che potrebbe crollare.

E dunque quell’annuncio di ieri di Conte sul «rilancio» o fase 2 rischia di essere una falsa partenza. Non la prima peraltro visto che la tecnica del rinvio ha guidato anche i primi mesi dell’Esecutivo. Insomma, un gioco di equilibri che non è esattament­e un «rilancio» dell’azione di governo. Quello che metteranno in cantiere, e su cui il Pd farà valere il suo peso, sono le nomine di marzo per le società pubbliche quotate, ma l’attivismo potrebbe fermarsi su questi tavoli. E qui sta il timore del capo dello Stato che invece vede un Paese con un grande bisogno di riforme su tanti versanti, a cominciare dal lavoro. E sembra che nei colloqui al Quirinale di queste ore sia con Conte che con Roberto Gualtieri si sia parlato di mettere subito in campo obiettivi concreti per evitare che la tattica del guadagnare tempo diventi uno stile.

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