Nel 2019 è stato rally in Borsa, ma i volumi scendono ancora
Scambi in calo per contratti e controvalore, ridotto il numero degli intermediari FinecoBank e Banca Akros guidano le classifiche su azioni e obbligazioni
Anno d’oro il 2019 per Piazza Affari, capace di chiudere i 12 mesi solari con un progresso del 28,3%, ma non altrettanto positivo quando si guarda ai volumi scambiati sui listini azionari. Questi ultimi - secondo quanto si legge nel rapporto 2019 presentato oggi da Assosim, l’associazione degli intermediari sui mercati finanziari – sono diminuiti nello stesso lasso di tempo sia considerando i controvalori (-12,63% a 547 miliardi di euro) sia per quanto riguarda il numero dei contratti (-9,68% a 64 milioni).
Un dato che, se accoppiato alla drastica riduzione del numero degli intermediari negoziatori e alla crescente concentrazione degli stessi (nel 2007 i primi intermediari Assosim rappresentavano il 54% dei controvalori scambiati in conto terzi, nel 2019 questa quota è salita addirittura all’80%), disegna uno scenario per certi versi allarmante. «I costi crescenti dell’attività di negoziazione, uniti ai bassi ritorni unitari dell’attività di trading rischiano di rendere insostenibile questo business per molti dei broker italiani che non hanno le dimensioni delle grandi case internazionali che dominano la scena e che possono ovviare al problema grazie a economie di scala», avverte Gianluigi Gugliotta, segretario generale di Assosim.
Il problema rischia di ripercuotersi poi sulla salute dell’intero mercato nonché sull’economia reale italiana, togliendole uno sbocco naturale e auspicato quando si parla di accesso a fonti di finanziamento alternative al credito, perché come fa notare lo stesso Gugliotta, «sono questi stessi operatori ad assistere le piccole medie imprese italiane nel processo di quotazione, che diventerebbe quindi più difficile se non impossibile in loro assenza, e anche a portare avanti una ricerca che è tanto costosa quanto cruciale per il corretto funzionamento del mercato».
Il nodo dei costi della ricerca
Proteggere gli intermediari finanziari risulterebbe quindi un’operazione dalla valenza cruciale, anche se piuttosto complessa da ottenere in sé. «Da tempo - propone Gugliotta - suggeriamo al Mef l’introduzione di agevolazioni fiscali sia a vantaggio sia degli emittenti che commissionano la ricerca, sia a di chi produce quella ricerca stessa, perché siamo del parere che la ricerca finanziaria debba essere incentivata al pari di quella industriale».
Su questo fronte si sta lavorando anche agendo in ambito europeo attraverso proposte promosse dalla Efsa, la Federazione che riunisce le associazioni di operatori a livello continentale, che proprio la scorsa settimana ha manifestato preoccupazione
Quota di mercato nel 2019. Dati percentuali per la copertura della ricerca azionaria sulle Pmi anche a causa delle norme Mifid 2 sul cosiddetto unbundling (la separazione delle spese sostenute per la ricerca effettuata sugli investimenti) e ha rinnovato il sostegno alle proposte di modifica avanzate in materia dal Next Cmu High-Level Expert Group, il gruppo di esperti incaricato dai Ministri delle finanze dei principali paesi dell’Unione europea di proporre una strategia per accelerare l’integrazione del mercato dei capitali europeo.
Fineco e Akros in testa
Fonte: Assosim
Un’occhiata più da vicino ai controvalori realizzati dai singoli intermediari sui mercati gestiti da Borsa Italiana, EuroTlx, Hi-Mtf, Equiduct e da alcuni intermediari nella veste di Internalizzatori Sistematici su azioni regala quest’anno una novità in vetta alla classifica per quanto riguarda i bond. Con una quota di mercato pari al 19,67% Banca Akros ha infatti scavalcato Banca Imi (19,34%), che ha mantenuto però la leadership per numero di operazioni (24,73% contro 18,77%), precedendo anche Invest Banca (12,67%), UniCredit (8,61%) e FinecoBank (7,48%).
Graduatorie invece pressoché invariate rispetto ai sei mesi precedenti sull’azionario, dove la prima posizione è rimasta ad appannaggio di FinecoBank, con una quota di mercato del 27,04%, davanti a Banca Imi (10,99%), Banca Akros (9,82%), Iw Bank (9,73%) ed Equita Sim (8,15%).
Tornando in generale al tema degli scambi, occorre invece infine notare come l’emorragia accusata sulle azioni non si sia invece ripetuta sulle obbligazioni. L’incremento in questo caso ha riguardato sia il mercato Mot (+12,14% i controvalori a circa 189 miliardi di euro), sia ExtraMot (+32,14% a 2,3 miliardi), EuroTlx (+29,65%) e Hi-Mtf (+6,87%): una dinamica che inverte quella registrata l’anno precedente e che sembra essere andata di pari passo alla riduzione delle tensioni sui titoli di Stato italiani.