Dazi Usa su acciaio e alluminio: missione italiana a Washington
Da valutare le esenzioni a categorie di prodotto usate nell’industria della difesa Trattative per scongiurare ritorsioni legate ad Airbus e alla digital tax
Missione italiana importante a Washington sul tema dazi. La delegazione guidata dal sottosegretario agli Affari Esteri Ivan Scalfarotto nella due giorni di colloqui nella capitale americana, cominciata ieri, ha in calendario incontri alla Casa Bianca, con l’Ufficio del responsabile al Commercio, al Dipartimento di Stato, al Dipartimento al Commercio e al Congresso. Sul tavolo ci sono i nuovi dazi appena decisi da Donald Trump del 25% sui prodotti derivati dell’acciaio e del 10% sui derivati dell’alluminio che partiranno l’8 febbraio. Dazi che vanno ad aggiungersi ai dazi decisi dagli Usa contro l’Europa sempre su acciaio e alluminio nel 2018.
Nonostante le rassicurazioni arrivate solo pochi giorni fa a Davos, dopo l’incontro con la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen («chiuderemo un buon accordo in poche settimane») e la recente missione a Washington del commissario Ue al Commercio, Phil Hogan, il presidente Trump ha deciso di alzare il tiro contro Bruxelles. Dopo l’accordo con la Cina, l’Europa è entrata decisamente nel mirino dell’amministrazione americana con questa decisione a sorpresa di nuove tariffe.
Da una prima stima le nuove barriere su acciaio e alluminio vanno a colpire circa 1,7 miliardi di esportazioni italiane. La cifra non è definitiva perché gli esperti sono in attesa della diffusione degli “annex”, gli allegati alla decisione presidenziale rilasciati in queste ore, con i codici dei prodotti tassati. Trump ha fatto ricorso alla Sezione 232 del Trade Act del 1962, legislazione che risale agli anni della Guerra Fredda, e che gli dà la facoltà di imporre dazi a tutela della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La stessa normativa utilizzata per giustificare sul piano normativo le minacce dei dazi a auto e componentistica che pendono ancora sull’Europa.
Per avere un quadro definitivo del danno all’Italia bisognerà attendere l’esame di tutti i documenti. Anche perché nelle more del provvedimento c’è un meccanismo di salvaguardia che prevede la possibilità da parte dell’amministrazione americana di esentare dai dazi alcune categorie di prodotto, nel caso in cui venga fatta richiesta dagli importatori, in ragione di un danno che la tassazione di certi prodotti speciali di acciaio o alluminio dovesse provocare all’industria legata alla difesa. Insomma, non è detta l’ultima parola. Considerando che gran parte dei derivati di acciaio e alluminio italiani esportati negli Usa sono considerati prodotti speciali.
L’Italia rischia però di ritrovarsi altre due tipologie di dazi, che potrebbero aggiungersi a quelli esistenti. La prima minaccia Usa riguarda i dazi Wto per gli aiuti di stato ad Airbus. Il 15 febbraio è prevista la revisione da parte americana: sui 7,5 miliardi di dollari di dazi autorizzati sono stati tassati solo 2,5 miliardi. L’Italia, pur non partecipando al consorzio Airbus è stato il secondo Paese più colpito, e si è vista tassare del 25% formaggi, salumi, liquori e altri prodotti fino a 460 milioni.
La seconda minaccia è quella che riguarda la digital tax, prevista nell’ultima manovra del governo. I francesi la scorsa settimana hanno raggiunto un’intesa di massima con l’amministrazione Usa e hanno salvato lo champagne. Ora tocca all’Italia che potrebbe in teoria ritrovarsi dazi al 100% sull’export di vino, pasta e olio d’oliva. Sarebbe un danno enorme. Scalfarotto non nasconde la difficoltà della missione: «Cercheremo di far valere le nostre ragioni. L’Italia non va penalizzata perché non fa parte del consorzio Airbus, molte nostre aziende sono fornitrici di componentistica per Boeing. Secondo: l’Italia è sempre stata corretta nei rapporti euroatlantici».
NEW YORK