In futuro i microelettrodi saranno personalizzati
Per il momento il paziente italiano di cui sono disponibili i dati completi è uno solo, ma il principio in base al quale ha potuto recuperare parte delle funzioni perdute a causa di una paraplegìa è lo stesso degli otto pazienti svizzeri: la neurostimolazione con microelettrodi impiantati a livello spinale, sotto la lesione, e che, anche in questo caso, ha effetti che vanno al di là del pur importantissimo recupero muscolare.
La particolarità del caso italiano, presentato poche settimane fa al congresso dell'International Neuromodulation Society (INS) svoltosi a Firenze, risiede nel fatto che ci si è concentrati non solo sulla motilità, ma anche sulle funzioni neurovegetative, quasi sempre compromesse più o meno estesamente nelle lesioni spinali: un tipo di danno che si esplica, per esempio, nella perdita di continenza vescicale e a volte intestinale, nell'impotenza e così via, e che riduce ulteriormente, spesso in misura drammatica, la qualità della vita di chi ne è colpito.
Spiega Alessandro Dario, Presidente INS e Responsabile della Neurochirugia Funzionale presso ASST Settelaghi - Ospedale Macchi di Varese: “Ciò che sta emergendo è un fatto descritto già nell'Ottocento negli animali, ma finora poco studiato e quindi mai sfruttato a livello terapeutico nei pazienti, e cioè che la stimolazione spinale, peraltro già diffusa nei centri di eccellenza per il controllo di alcune forme molto gravi di dolore, se praticata nei punti giusti – e qui sta il difficile - riesce ad attivare la formazione di nuove connessioni nervose. Queste ultime, se opportunamente accompagnate da una terapia di supporto mirata, riabilitativa, nel tempo possono garantire un certo recupero delle funzioni neurovegetative, oltre al ripristino più meno marcato di quelle muscolari. Nel nostro paziente abbiamo ottenuto la diminuzione del dolore, fatto di per sé molto importante, perché i sintomi dolorosi di cui soffre un paraplegico sono spesso terribili e non di rado intrattabili, ma anche notato una discreta ripresa della capacità di controllare la vescica: un fatto che può fare la differenza in aspetti cruciali della vita, per esempio nella possibilità di lavorare fuori casa o meno. Inoltre può avere effetti molto significativi sui caregiver, perché assistere una persona che non soffre di incontinenza urinaria, autosufficiente da questo punto di vista, è molto più semplice e meno oneroso. Tutto ciò, ovviamente, qualora dovesse diventare routine almeno nei pazienti più critici, avrebbe grandi ripercussioni sui costi dell'assistenza e in generale della cura, pur essendo la procedura di impianto dei microelettrodi altamente specialistica e di conseguenza costosa”.
Nel prossimo futuro, continua Dario, si cercherà di caratterizzare ancora meglio questo tipo di intervento, praticandolo su altri pazienti, perché è fondamentale impiantare gli elettrodi (anche in questo caso Medtronic) più adatti al singolo nei gruppi di neuroni giusti, e nel frattempo si studierà molto approfonditamente l'effetto sulle funzioni diverse da quella motoria, neurovegetative appunto, accumulando – questa la speranza - una casistica che permetta di trarre conclusioni generali. In questo caso, inoltre, a differenza dei pazienti dello studio STIMO, si lavora esclusivamente su persone che, come il primo, hanno una lesione completa e che quindi, finora, erano considerate prive di qualunque possibilità di recupero.
Il fine ultimo è mettere a punto protocolli standardizzati, applicabili anche in altri centri specializzati, per migliorare l'assistenza e cercare di far recuperare il più possibile.
A questo proposito, gli esperti di Varese non possono contare su una struttura come NeuroRestore, ma nel tempo hanno attivato e intensificato collaborazioni importanti a breve e a lungo raggio con altre strutture riabilitative della zona e con aziende del settore (su tutte: la Quanta System di Samarate, leader mondiale nel campo dei laser biomedicali) e molta esperienza, fino a diventare un punto di riferimento assoluto del campo.