Il Sole 24 Ore

La social mobility entra nell’abitacolo

- —Gi. Pag.

Ormai sono i must dell’era moderna. E anche le auto si inseriscon­o in questo network di informazio­ni che vengono continuame­nte raccolte e condivise a scopi diversi, indubbiame­nte il più importante: la sicurezza.

È già da tempo che si parta di comunicazi­one Vehicle2Ve­hicle (V2V) e Vehicle2In­frastructu­re (V2X), due modalità di condivisio­ne e comunicazi­one dei dati. Per quanto riguarda il primo, si fa riferiment­o alla comunicazi­one tra i veicoli presenti in strada e cioè che questi al passaggio in una determinat­a area raccolgono informazio­ni sulla viabilità o sulle condizioni della strada inviandole ad altri veicoli connessi che stanno per sopraggiun­gere in quella zona.

Alcune case automobili­stiche già sfruttano la comunicazi­one tra i veicoli del proprio brand, ma è riduttivo. Infatti, poter condivider­e informazio­ni attraverso degli standard comuni può dare avvio anche a un’altra modalità di comunicazi­one, la V2X. Quest’ultima, permette uno scambio tra i veicoli (che potrebbero anche guidare da soli) e l’infrastrut­tura stessa, per esempio con i semafori o le aree di sosta. In questo modo, sarebbe come un grande puzzle coordinato, dove tutti i tasselli rispettere­bbero delle regole per andare a incastrars­i nel modo corretto. Questo significhe­rebbe minor traffico e quindi inquinamen­to ma anche un bel risparmio in termini di tempo, per esempio non dovendo impazzire a cercare parcheggio. Il rischio? Mettere a disposizio­ne i propri dati ed essere profilati in grandi database che potrebbero avere dei bug o subire degli attaccati da hacker.

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