Conte cerca il rilancio, incognita M5S
Esecutivo. «Lo sconfitto è Salvini, ora fronte contro le destre» Il leader leghista: «Lavori per il Paese non per odio verso me» M5S. Crimi gela Zingaretti sulla proposta del «campo progressista»: «Non lasciamoci irretire da facili sirene»
Giuseppe Conte tira un sospiro di sollievo. Bolla Matteo Salvini come «il grande sconfitto» alle regionali in Emilia Romagna e in Calabria, accelera la verifica sul cronoprogramma (un vertice è previsto a giorni dopo che oggi i ministri M5S indicheranno il capodelegazione, probabilmente Alfonso Bonafede) e rilancia la scommessa che condivide con il segretario dem Nicola Zingaretti: «Mi auguro che si possa rafforzare sempre più un ampio fronte - potete chiamarlo progressista, riformista, alternativo alle destre - dove possano sentirsi a proprio agio tutte le forze, pur con diverse sensibilità, che però vogliono condurre una politica alternativa a queste destre».
Dopo la paralisi, il Consiglio dei ministri invia un primo segnale di ripartenza, varando le nomine dei vertici delle agenzie fiscali e soprattutto fissando al 29 marzo la data del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Una pietra tombale su eventuali tentazioni di portare il Paese a elezioni anticipate per rieleggere 945 tra deputati e senatori invece di 600: la legislatura sarà blindata per un anno almeno. Ciò non rende più liscia la sfida da «costruttore» del campo progressista raccolta dal premier. È lui stesso a sottolineare come richieda «una maggiore coesione delle forze di governo», tutta da verificare.
Pesa la grande incognita M5S. Orfano della leadership di Luigi Di Maio, che tace, e autocondannatosi all’irrilevanza sui territori, al punto da non spuntare neanche un seggio in Calabria e solo due in Emilia, il Movimento annaspa, diviso tra filo-dem e fautori della terza via. Ieri il reggente Vito Crimi, con grande nervosismo, si è incaricato di tenere alta la bandiera dimaiana del M5S «ago della bilancia»: ha invitato i suoi a «non lasciarsi irretire da facili sirene» e, dopo aver sentito Conte, ha esortato a lavorare sui temi, non sulla collocazione. Gelando il premier: «Di fare un fronte per sconfiggere le destre ai cittadini non frega niente». La via di future alleanze è in salita: Crimi conferma le tre candidate M5S in Liguria, Puglia e Toscana.
Ma anche tra i big pentastellati più convinti della necessità di traghettare il M5S nell’alveo riformista (come Roberto Fico, Paola Taverna, Federico D’Incà e Stefano Patuanelli) non sono piaciute le letture dell’esito delle regionali come latore di un cambiamento nei rapporti di forza nella maggioranza che modifichi «l’asse politico del Governo su molte questioni». È in particolare Andrea Orlando ad alzare il tiro dal Pd, pur negando richieste di rimpasto. Cita la prescrizione, ma i nodi sono molti: Autostrade, il destino di quota 100 e reddito di cittadinanza, la riforma del fisco, le pensioni, i decreti sicurezza.
Conte è però consapevole di non poter forzare subito la mano, pena l’implosione dei Cinque Stelle. Altri tre deputati sono pronti all’addio, stasera l’assemblea congiunta, presente Di Maio, fungerà da primo confronto anti-smarrimento. Zingaretti soccorre il premier in serata: «Non cambiano gli equilibri nella maggioranza». Ecco perché Conte promette l’accordo sulla prescrizione, annuncia una decisione a breve su Autostrade (cresce l’ipotesi di una revoca parziale, con una dura revisione della concessione) e ricorda che «i numeri in Parlamento sono immutati», derubricando il travaglio nel M5S a «fase di transizione» verso gli stati generali di marzo, che potrebbero slittare. Anche se avverte tutti, Matteo Renzi e Di Maio compresi: l’obiettivo è l’Agenda 2023, «basta piantare bandierine».
Per il premier il rivale è Salvini: lo accusa di aver trasformato un test locale in un referendum sul Governo e di aver fatto ricorso, con la citofonata, a « pratiche oscurantiste del passato che non possiamo accettare». Il leader della Lega reagisce con stizza: « Conte deve lavorare per il bene degli italiani, non perché odia qualcuno». Ma il 32% incassato dal Carroccio in Emilia non attenua il bruciore dell’insuccesso, alimentato dai consensi dimezzati in Calabria. E nel centrodestra, con Giorgia Meloni forte della crescita di Fdi e Silvio Berlusconi rincuorato per la vittoria di Jole Santelli in Calabria, aumentano i malumori contro l’iperattivismo di Salvini.
ROMA
Referendum confermativo sul taglio dei parlamentari fissato al 29 marzo anche per frenare tentazioni di voto
Bonafede probabile capo delegazione M5S. Oggi assemblea dei parlamentari, presente Di Maio
Il premier pronto a convocare un vertice di maggioranza sul cronoprogramma: «Basta piantare bandierine»