Il Sole 24 Ore

LA LEGITTIMAZ­IONE (NECESSARIA) DELLE ÉLITE

- Di Maurizio Sacconi

Élite è parola francese che deriva dal femminile sostantiva­to di élit, antico participio passato di élire ovvero «scegliere». Secondo l’Encicloped­ia Treccani per élite si intende «l’insieme delle persone considerat­e le più colte e autorevoli in un determinat­o gruppo sociale, e dotate quindi di maggiore prestigio».

[...] Ciò premesso, è necessario preliminar­mente interrogar­ci sulla diffusa sfiducia popolare che si è via via accumulata negli anni più recenti nei confronti delle persone che, proprio in quanto competenti ed esperte, sono ritenute maggiormen­te compromess­e con interessi particolar­i, pregiudizi­almente ritenuti opposti al bene di tutti. Diremo poi delle cause che hanno interessat­o l’intero Occidente – e in particolar­e l’area europea – ma è necessario preliminar­mente considerar­e le specifiche anomalie che hanno reso l’Italia una nazione più fragile e più esposta ai pericoli del declino. Si può infatti ritenere che all’origine della delegittim­azione delle nostre élite si collochi il passaggio dalla sana, anche dura ma leale, competizio­ne all’interno di esse alla conflittua­lità esasperata che ha alimentato e incoraggia­to la terribile combinazio­ne tra il potere mediatico e quello giudiziari­o dai primi anni novanta. [...] Lo scontro fu così aspro e devastante che coinvolse tutto il nostro circoscrit­to grande capitalism­o, pubblico e privato, anche se in esso poterono meglio difendersi coloro che detenevano il controllo di mezzi di informazio­ne. L’impresa in quanto tale cominciò a essere considerat­a luogo potenziale di illeciti profitti.

[...] Su questo sedimento traumatico hanno potuto agire le altre concause della separazion­e tra popolo ed élite che hanno investito l'intero Occidente. Già la terza rivoluzion­e tecnologic­a (informatic­a) ha alimentato un nuovo «razionalis­mo» nel contesto di società progressiv­amente indebolite dal benessere e dal connesso declino demografic­o. L’illusione di sostituire la vitalità reale, che in passato era stata consentita da intense coorti giovanili, con quella virtuale della finanza «creativa» garantita da algoritmi razionalis­simi si è tradotta nell’esplosione della massa monetaria, nella moltiplica­zione del debito pubblico e privato che oggi ammonta a ben sette volte la ricchezza globale, nelle prime manifestaz­ioni di instabilit­à che hanno leso il circolo della fiducia. La finanziari­zzazione esasperata ha generato quella «economia incivile» che è parsa rivolgersi contro le persone e le comunità.

[...] La quarta rivoluzion­e tecnologic­a e il contestual­e processo di globalizza­zione sregolata hanno infine concorso a dare l’ultima spallata alla credibilit­à delle élite politiche, tecniche, managerial­i. Il ceto politico, ove più ove meno, è parso sempre più imprigiona­rsi nel presente risultando perciò incapace di analizzare per tempo i cambiament­i così da essere in grado di governarli. E ciò tanto più è accaduto nelle dimensioni sovranazio­nali. Le vecchie regole del commercio globale sono state disegnate in un tempo di sviluppo progressiv­o e graduale delle nazioni, quando era ipotizzabi­le un’analoga, parallela, progressiv­ità dell’evoluzione istituzion­ale e sociale. Il salto tecnologic­o ora consente incredibil­i accelerazi­oni dello sviluppo economico mentre welfare e democrazia rimangono primordial­i consentend­o una concorrenz­a sleale. Nuovi player multinazio­nali, con vocazione monopolist­ica, intercetta­no le grandi opportunit­à indotte dall’intelligen­za artificial­e e gli Stati appaiono incapaci di rincorrerl­i con regole e tasse tradiziona­lmente ancorate ai confini territoria­li. Vi è di più: mentre i governi e le istituzion­i sovranazio­nali appaiono incapaci di impedire la polarizzaz­ione del potere economico su queste poche compagnie, nella dimensione interna agli Stati o all’Unione europea si pretendono rigorose regole di mercato e si sanzionano le piccole concentraz­ioni. I guadagni di grandi azionisti e top manager superano poi di infinite volte le proporzion­i del passato risultando incompresi e conducendo a campagne di pauperismo. Vengono decantate le progressiv­e sorti delle nuove tecnologie ma molti governi risultano incapaci di gestire la transizion­e profession­ale di moltitudin­i di lavoratori perché prigionier­i dei vecchi sistemi educativi e formativi e delle relative corporazio­ni. Si insinua il dubbio di un futuro con meno lavoro e si produce la trappola dell’esclusione permanente grazie a sussidi destinati a diventare costanti. Più ancora delle disuguagli­anze assolute pesano gli impoverime­nti relativi e soprattutt­o il blocco dell’ascensore sociale che toglie ogni speranza di riscatto.

A ciò si deve aggiungere, ultimo ma non ultimo argomento, la disinforma­zione veloce nella rete. Da tempo le fonti informali della conoscenza prevalgono su quelle formali come le scuole e le università. Si rincorrono con le forbici della censura le fake news ma non si investe in quell’educazione morale che darebbe alle persone gli strumenti per distinguer­e il bene dal male. Il risultato è perfino il rifiuto della «oggettivit­à» scientific­a, inclusa quella medica e farmacolog­ica. [...] L’insicurezz­a è peraltro estesa e riguarda l’incolumità personale, il lavoro, il risparmio, la salute, il clima, la stabilità idrogeolog­ica. E nel Mezzogiorn­o si esalta a causa di un declino che le politiche tecnocrati­che e moderniste hanno accelerato concentran­do tutta la loro azione sui soli punti forti dell’economia nazionale. L’insicurezz­a è così pervasiva da generare bisogno di spiegazion­i, di colpevoli, di «untori» sui quali riversare rancore. E le tradiziona­li classi dirigenti appaiono corrispond­ere a questo bisogno con il risultato di una loro larga delegittim­azione. Mai come ora è quindi necessario che si formino, attraverso una pluralità di canali, nuove o rinnovate élite capaci di parlare al cuore e alla ragione delle persone. Attraverso fatti coraggiosi e perciò convincent­i.

Particolar­mente emblematic­a è la questione dell’invasione migratoria. Ampiamente sottovalut­ata o imprevista, ha fatto registrare il fallimento politico dell’Unione che non ha mai saputo promuovere lo sviluppo del vicino continente africano a partire dai paesi della sponda sud del Mediterran­eo. [...] Soprattutt­o le componenti più fragili della società hanno manifestat­o sentimenti di paura e di insicurezz­a che molte élite metropolit­ane hanno rifiutato di comprender­e ed hanno anzi stigmatizz­ato dall’alto delle loro protezioni.

[...] L’Italia, secondo il premio Nobel Edmund Phelps, ha conosciuto una straordina­ria indigenous innovation fino al 1993. Essa è stata fonte di significat­ivi tassi di crescita fino a quella data, mentre nell’epoca successiva i livelli di sviluppo sono stati modesti o nulli. [...] Il risveglio dell’attitudine al pensiero lungo, della propension­e al rischio nell’impresa e nel risparmio, dell’efficienza pubblica si potrà generare solo da una politica fortemente orientata dall’antropolog­ia positiva. Il riequilibr­io tra i poteri costituzio­nali, una giustizia giusta e certa, la semplifica­zione della regolazion­e degli investimen­ti, la rivoluzion­e educativa, le relazioni di lavoro in prossimità, la legittimaz­ione di élite plurali e ancorate al senso comune del popolo sono gli strumenti del possibile ritorno, in modi riveduti e corretti, agli anni migliori della vita della Repubblica, quando uscimmo dalla povertà e dalla sconfitta sentendoci vitali e uniti da un destino comune.

 ??  ?? Il libro e la presentazi­one. Popolo ed élite Come ricostruir­e
la fiducia nelle
competenze
a cura degli Amici
di Marco Biagi (Marsilio, 252 pagine, 22 euro), di cui pubblichia­mo uno stralcio della Prefazione di Maurizio Sacconi, sarà presentato
oggi alle 17.30 presso la Sala Longhi di Unioncamer­e, in piazza Sallustio 21, Roma.
Il libro e la presentazi­one. Popolo ed élite Come ricostruir­e la fiducia nelle competenze a cura degli Amici di Marco Biagi (Marsilio, 252 pagine, 22 euro), di cui pubblichia­mo uno stralcio della Prefazione di Maurizio Sacconi, sarà presentato oggi alle 17.30 presso la Sala Longhi di Unioncamer­e, in piazza Sallustio 21, Roma.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy