Coronavirus, i mercati credono all’ipotesi cura
Crisi cinese. Pechino: due farmaci bloccano il contagio. Da Londra l’annuncio di test per il vaccino sugli animali. Oms cauta ma i mercati ci credono
Le prime ipotesi di terapia in grado di sconfiggere il coronavirus (ma l’Oms predica prudenza) hanno spinto al rialzo le Borse. Piazza Affari, grazie a un progresso dell’1,64 per cento, è stata la migliore in Europa ed è tornata ai livelli pre-virus, con l’indice Ftse Mib di nuovo sopra la soglia dei 24mila punti. Rimbalzo anche per le materie prime, a cominciare dal petrolio, dopo cinque sedute consecutive caratterizzate da forti ribassi. —
Le autorità sanitarie cinesi hanno annunciato che due farmaci già esistenti (l’Abidol e il Daruinavir) possono inibire il coronavirus. Una equipe di scienziati inglesi del dipartimento immunologia dell’Imperial college di Londra ha detto di essere pronta a effettuare i test sugli animali di un possibile vaccino. Nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità abbia consigliato cautela (si veda la notizia qui a fianco), queste prime indicazioni positive sono state sufficienti per togliere dai radar degli investitori il tema del coronavirus, favorendo quindi un recupero dei listini azionari e più in generale delle attività a rischio. Così Piazza Affari, la migliore in Europa con un progresso dell’1,64% si è riportata sui livelli antecedenti lo scoppio dell’epidemia, con l’indice Ftse Mib di nuovo sopra la soglia dei 24mila punti, mentre oltre l’Atlantico il Nasdaq ha addirittura approfittato per ritoccare i massimi storici. Il petrolio, che è arrivato a guadagnare oltre il 4%, ha intanto cancellato quasi del tutto i pesanti ribassi accusati a inizio settimana.
Se è vero che a riportare indietro le lancette del tempo hanno contribuito ieri anche indicazioni favorevoli dal versante macroeconomico-in Europa gli indicatori Markit sulla fiducia degli imprenditori, negli Us al’ indice Ism del settore servizi e l’occupazione nel settore privato - e dai bilanci societari occorre pure ammettere che, con esclusione dell’area asiatica, sulle Borse la spinta verso la normalizzazione si era in realtà già intravvista nei giorni scorsi. La novità di ieri è il rimbalzo delle materie prime( non solo il petrolio, ma anche i metalli industriali), associata a una minima pressione sui quei titoli di Stato che nei giorni scorsi avevano esercitato la consueta funzione di rifugio.
La rapidità con cui il mercato prova a riportarsi sulle posizioni rialziste del 2019 e l’avvio del nuovo anno è in fondo una diretta conseguenza della sovraesposizione mediatica che ha accompagnato la diffusione del virus di Wuhan: gli analisti di State Street nei giorni scorsi avevano notato come l’intensità della copertura dei media fosse otto volte superiore a quella riscontrato nelle precedenti epidemie Sars, Zika ed Ebola, un fenomeno forse riconducibile anche alla gravità della situazione, ma che d’altra parte aumenta la consapevolezza del rischio e può contribuire a una più rapida risposta dei mercati, seguita da un’altrettanto veloce inversione di tendenza.
La presa di posizione degli investitori di ieri non significa naturalmente che il pericolo sia già alle spalle per i mercati finanziari. Gli impatti restano ancora tutti da valutare. «Nonostante i sondaggi di gennaio diffusi ieri puntino a un leggero miglioramento dell’attività e della fiducia nell’Eurozona - avverte Andrew Kenningham di Capital Economics - sono difficilmente coerenti con un forte rimbalzo dell’attività a inizio anno e il coronavirus pone nuovi rischi al ribasso».
Stadi fatto che, almeno per il momento, gli investitori hanno accantonato l’ allarme perle potenziali conseguenze dell’epidemia. Il petrolio–che era addirittura finito in bear market, perdendo il 20% rispetto al picco di un mese fa–ieri ha riconquistato quota 56 dollari al barile nel caso del Brente 50 dollari nel caso del Wti. La tendenza rialzista non è stata interrotta nemmeno dai dati sulle scorte Usa, che hanno segnalato un accumulo di greggio di ben 3,4 milioni di barili nella settimana al 31 gennaio. Il fatto che i timori sulla domanda non siano venuti meno è comunqueevidenziato dalla permanenza del contango: il prezzo del petrolio per consegna a pronti continua ad essere più basso di quello perle consegne future, fino al prossimo settembre. È probabilmente questa struttura di mercato – ricomparsa il 3 febbraio – ad aver spinto l’Opec Plus a reagire, perché è come una spia rossa che segnala un surplusdi offerta e incoraggia adac cumulare scorte. Il mercato ormai si aspetta tagli di produzione extra a sostegno dei prezzi. Ma per l’Opec e i suoi alleati, capitanati dalla Russia, individuare una strategia condivisa ed efficace per contrastare l’ effetto virus sulla domanda petrolifera si stadi mostrando più difficile del previsto. Oggi nuova riunione.