Ecco gli stress test verdi Faro su 10 big europei
Nel secondo semestre 2020 in agenda un’analisi ad hoc sui rischi connessi al clima Al lavoro l’Eba in tandem con Bce. Intesa e UniCredit tra le papabili per l’Italia
Per le banche europee si profila un nuovo banco di prova: la verifica della tenuta dei bilanci al rischio climatico. Nella seconda parte dell’anno è infatti previsto l’avvio di una prima fase di quelli che possono essere definiti stress test “verdi”: l’Autorità bancaria europea vuole aumentare il livello di conoscenza (e consapevolezza) dei rischi associati alla transizione energetica e mettere in atto eventuali contromisure. L’obiettivo è raccogliere l’adesione di almeno una decina di grandi istituti europei, tra cui Intesa e UniCredit.
Per le banche europee si profila all’orizzonte un nuovo banco di prova, quello della verifica della tenuta dei bilanci al rischio climatico. Nella seconda parte dell’anno, infatti, è previsto l’avvio di una prima fase di quelli che possono essere definiti stress test “verdi”: l’Autorità bancaria europea vuole infatti aumentare il livello di conoscenza (e di consapevolezza) dei rischi associati alla transizione energetica e, nel tempo, a mettere in atto eventuali contromisure.
Ad annunciare la novità dell’arrivo degli stress test bancari sulla sostenibilità è stata la stessa Eba nell’Action plan sulla finanza sostenibile pubblicato a dicembre. Nel documento, l’Authority basata a Parigi chiarisce che l’analisi di “sensibilità” avrà nel breve termine un carattere del tutto facoltativo per gli istituti. In questo senso, l’Eba a quanto risulta al Sole 24 Ore sta contattando diverse banche per capire la loro disponibilità a sottoporsi all’analisi dei conti finalizzata appunto a identificare una prima stima dell’ammontare delle esposizioni “brown” e “green” detenute dalle banche sulla base dei codici di attività economiche e dei dati sulle emissioni guardando all’orizzonte di medio-lungo periodo. L’obiettivo è di raccogliere l’adesione di almeno una decina di grandi istituti europei. Tra le banche italiane potenzialmente coinvolte dall’iniziativa ci sono Intesa Sanpaolo e UniCredit, ma diversi sarebbero gli istituti sondati e le valutazioni sono in corso.
L’Eba non lavorerà da sola. Anche la Bce farà la sua parte. «Lo staff della Bce ha inoltre iniziato a lavorare su un quadro completo di stress-test sul rischio climatico, che dovrebbe essere pronto entro la fine dell'anno - ha detto ieri la presidente della Bce Christine Lagarde - Stiamo esaminando gli standard di disclosure di cui avremo bisogno per integrare le questioni climatiche nella valutazione del rischio del nostro quadro di garanzie dei collaterali».
Va detto che in questa prima fase, gli esiti dell’analisi dell’Eba non avranno alcun effetto sotto il profilo patrimoniale dei singoli istituti, a maggior ragione perchè volontari. Ma di fatto i risultati dovrebbero entrare a far parte della valutazione del rischio delle banche dell’Ue (il cosiddetto Risk assessment) del 2020, anche se molto dipenderà dalla qualità dei dati raccolti.
Questa, tuttavia, è solo una prima fase. A tendere, infatti, l’Autorità bancaria europea punta a sviluppare uno stress test vero e proprio dedicato al cambiamento climatico, che si pone l’obiettivo di identificare le vulnerabilità delle banche legate al cambiamento climatico e a quantificare il peso nei bilanci delle esposizioni che sono anche solo potenzialmente interessate al rischio di transizione energetica. Si pensi ad esempio ai prestiti corporate erogati per progetti energetici legati all’estrazione del carbone oppure a finanziamenti nel settore dell’oil& gas e del petrolio. Nel quadro della direttiva Crd 5, e in aggiunta a tutto ciò, l’Eba sviluppare criteri quali-quantitativi che aiutino a definire l’impatto di tutti rischi Esg, e quindi di natura ambientale, sociale e di governance in diversi scenari di severità.
L’action plan della Eba rientra tra le iniziative prese in ambito europeo a valle del piano varato a marzo 2018 dalla Commissione Ue in materia di finanza sostenibile e dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015. Ma che qualcosa stia cambiando nell’approccio delle banche sul fronte della sostenibilità ambientale è evidente da tempo. Guardando al caso italiano, Intesa Sanpaolo ha annunciato nelle scorse settimane di essere pronta a mettere sul tavolo fino a 50 miliardi di prestiti supplementari rispetto alle previsioni per rispondere alle sfide del cambiamento climatico e farsi allo stesso tempo motore del cambiamento. UniCredit, da parte sua, ad esempio ha annunciato nei mesi scorsi l’impegno ad abbandonare completamente il finanziamento a progetti di estrazione del carbone per la produzione di energia entro il 2023 ed ad aumentare nel contempo i finanziamenti del 25% (a oltre 9 miliardi di euro) al settore delle energie rinnovabili.
D’altra parte va detto che quella degli stress test sulla sostenibilità ambientale è una verifica che va ad aggiungersi alla già folta agenda delle analisi da parte dei regulator nei confronti degli istituti. Proprio a inizio febbraio è scattato il consueto stress test sui bilanci, che esamina la tenuta dei conti delle banche in due scenari, uno di base e uno stressato.