Tesla a rischio caduta dopo la folle corsa
Il titolo, quadruplicato dal giugno scorso, ieri ha ceduto il 20%
Dopo aver guadagnato oltre il 50% in Borsa in una settimana (+100% da inizio anno e + 300% dal giugno 2019) e toccato il record di 962 dollari, ieri è arrivata l’inevitabile correzione del titolo Tesla (il più noto produttore di auto elettriche), tornato sotto i 760 dollari. Le previsioni sul futuro del titolo sono divergenti con gli analisti divisi: chi parla di bolla speculativa e chi crede che Tesla sia destinata a dominare il mercato delle quattro ruote elettriche.
Dopo aver guadagnato oltre il 50% in Borsa in una settimana toccando il massimo storico di 962 dollari per azione ieri è arrivata l’inevitabile correzione del titolo del più noto produttore di auto elettriche le cui azioni sono arrivate a perdere il 20% tornando sotto i 720 dollari. Si vedrà nelle prossime settimane se questa retromarcia sarà l’inizio di una correzione più importante oppure se il titolo continuerà a veleggiare sulle valutazioni a forte premio delle ultime sedute. Una cosa è certa: sul titolo il mercato resta quantomai diviso tra chi crede che l’azienda guidata da Elon Musk dominerà il mercato delle quattro ruote del futuro mettendo all’angolo colossi come Volkswagen e Toyota, e chi crede che il boom del titolo in Borsa (da giugno ha quadruplicato il suo valore) non sia altro che una gigantesca bolla speculativa.
Finora chi ha scommesso al ribasso sul titolo si è dovuto leccare le ferite. Ed è probabile che l’incredibile fiammata del titolo dell’ultima settimana sia il frutto di quello che in gergo viene chiamato “short squeeze”, ossia la corsa dei ribassisti a chiudere le posizioni “corte” perché le perdite hanno superato il limite massimo sopportabile. Tra questi c’è anche Steve Eisman, investitore noto a Wall Street per aver scommesso contro il mercato immobiliare prima della crisi del 2008: «Tutti hanno una soglia del dolore» ha dichiarato il fund manager a Bloomberg Tv secondo cui il boom del titolo è qualcosa che poco ha a che fare con i fondamentali e più con una sorta di «culto» per l’azienda.
Tra gli azionisti di Tesla ci sono colossi dell’asset management del calibro di Vanguard e Blackrock. Eppure il vero exploit in termini di volumi lo si è visto tra gli investitori retail. Magari giovani o giovanissimi come quelli che hanno puntato sul Bitcoin o sui titoli della cannabis. Una piattaforma di trading gratuita molto popolare tra i millennials come Robintrack ha fatto registrare un boom di utenti attivi sul titolo da giugno in poi in coincidenza con il rally del titolo.
Scommettere al ribasso su un titolo che ha messo a segno performance da record come Tesla è roba per stomaci forti. Eppure, sebbene le posizioni ribassiste si siano quasi dimezzate rispetto ai picchi di questa estate, la pattuglia dei ribassisti resta comunque piuttosto nutrita e il titolo resta ancora uno dei più “shortati” a Wall Street con posizioni sul 17,55% del flottante.
Le ragioni razionali per considerare sopravvalutato il titolo non mancano. Il confronto con i numeri degli altri costruttori di auto sono impietosi (vedi infografica sopra). Chi opera sul mercato azionario oggi tuttavia non utilizza più il comparto auto come riferimento per valutare l’investimento in Tesla. La scommessa è sul potenziale “disruptive” dell’azienda che, in un futuro in cui l’auto sarà prevalentemente elettrica, potrebbe avere un vantaggio competitivo tale da mettere fuori gioco le case automobilistiche che oggi controllano il mercato. Un po’ come ha fatto Amazon per il settore delle vendite al dettaglio o Google per i media e le comunicazioni. Anche prendendo come riferimento un settore a premio come la tecnologia comunque il titolo Tesla appare sopravvalutato: le azioni quotano in media 24 volte il patrimonio e 110 volte gli utili attesi. Più di Amazon che quota 89 volte gli utili attesi e 16 volte il patrimonio o Netflix che quota 89 volte gli utili e 21 volte il patrimonio.
I multipli di Borsa hanno registrato un exploit con la recente fiammata del titolo eppure non è una novità la valutazione a premio. Ciò che è cambiato è semmai il bilancio dell’azienda che ha mostrato indiscutibili segnali di svolta. In particolare sul fronte della capacità di fare cassa: dopo aver bruciato 944 milioni di dollari nel primo trimestre del 2019 l’azienda ha iniziato a generare cash arrivando a chiudere l’anno con un saldo positivo di 973 milioni di dollari. Il 2020 si annuncia l’anno della svolta con il consensus degli analisti di S&P Market Intelligence che mettono in conto un miliardo e 683 milioni di utili. Cifra che promette di salire a 2,9 miliardi nel 2021 per arrivare a 4,777 miliardi nel 2022.
I conti hanno innescato una corsa alla revisione delle stime da parte degli analisti che hanno significativamente alzato il “prezzo obiettivo”. Il “target price” medio fissato dal consensus degli analisti di S&P Market Intelligence (486 dollari per azione) resta comunque abbondantemente al di sotto delle valutazioni di mercato. In media tuttavia il consiglio degli analisti resta quello di «tenere» il titolo in portafoglio.