Gamberale rilancia sulle infrastrutture con Pramerica
Ad affiancare F2i due nuovi fondi chiusi di cui uno è destinato al retail
La nuova avventura di Vito Gamberale riparte dalle infrastrutture. Dopo aver fondato F2i (che ha lasciato anni fa), con l’ex collega Mauro Maia ha ora creato Iter (che all’incontrario si legge reti), advisor in esclusiva di Pramerica (65% Ubi, 35% Prudencial Us, 65 miliardi di asset in gestione) per il lancio di due nuovi fondi chiusi che investiranno in infrastrutture, tradizionali e in accezione allargata alla sanità-assistenza alla popolazione anziana. La novità non è solo la nascita di un nuovo investitore specializzato in un settore dove in sostanza c’è solo F2i, ma anche il fatto che per la prima volta uno strumento di questo tipo sarà alla portata anche delle tasche dei risparmiatori. «Abbiamo un target di raccolta di almeno 700 milioni, gli investimenti saranno spalmati pro-quota tra i due fondi», spiega Andrea Ghidoni, ad di Pramerica Sgr. Il fondo Pramerica Iter riservato agli istituzionali ha già avuto l’ok da Banca d’Italia il 13 gennaio: l’obiettivo è di un primo closing della raccolta a giugno con la partenza dei primi investimenti. Per il secondo fondo destinato al retail l’iter autorizzativo è ancora in corso. A supporto delle scelte di portafoglio verrà costituito un comitato investimenti che sarà presieduto da Salvatore Rossi, l’ex dg di Bankitalia, oggi presidente Telecom.
Sul mercato c’è liquidità in abbondanza che, convogliata tutta nella stessa direzione, rischia di creare bolle pericolose. E vista la lunga stagione dei tassi bassi, l’esigenza di diversificare gli investimenti alla ricerca dei rendimenti è sempre più sentita. L’orizzonte temporale è di otto anni (non esiste per ora un mercato secondario dove rivendersi le quote), ma ogni sei mesi verrà calcolato il net asset value del fondo e - spiegano i promotori - verrà distribuito un dividendo periodico, cosicchè di fatto l’investimento sarà assimilibile a un bond. Le infrastrutture, se ben gestite, offrono un alto rendimento: la media annua dei ritorni dei fondi in Europa va dall’8% a oltre il 12%, a seconda della tipologia di investimento.
Spazio ce n’è per tutti, visto che in Francia - analogo numero di abitanti - operano ben sette fondi infrastrutturali. «Investiremo a livello territoriale, in operazioni di dimensioni inferiori a quelle di F2i, nel campo per esempio della distribuzione gas, dell’ambiente, dell’acqua, delle energie rinnovabili, ma anche nel campo della sanità, dei servizi a rete per la silver class (la generazione del baby boom che invecchia, ma conserva potere di spesa, ndr), centri di analisi, dialisi, riabilitazione e long term caring, con l’obiettivo istituire un format comune in termini di accoglienza e protocolli sanitari», spiega Gamberale. La ricetta è sempre la stessa: investire per aggregare e creare operatori più forti (target l’Italia e il Sud Europa) in settori dove oggi c’è un’elevata frammentazione. Per esempio nell’idrico ci sono 1500 operatori, di cui l’1% serve la metà della popolazione e il restante 99% l’altra metà.
Ma se ci fosse l’esigenza di intervenire per il riassetto dell’azionariato di realtà di dimensioni superiori, tipo Atlantia? «Non me lo auguro, ma in presenza di un asset importante un intervento pro-quota lo valuteremmo. Noi comunque siamo aperti ai coinvestimenti e saremmo anche felicissimi di prendere in considerazione eventuali asset che F2i volesse dismettere», risponde Gamberale. La stessa disponibilità non c’è invece per la rete di tlc, perchè Gamberale - che è un veterano del settore - non crede alle “stravaganze”: «In Germania, Francia, Spagna la rete è dell’incumbent e gli altri lì si attaccano. La rete non è solo un filo, è anche intelligenza, che mette l’operatore».