Il Sole 24 Ore

Banche centrali, parte dall’Asia la raffica di tagli ai tassi

Comincia la Thailandia Il 20 febbraio attesa analoga mossa dalla Cina

- Stefano Carrer

Abbassando i tassi al minimo storico, sotto i livelli introdotti sulla scia della crisi finanziari­a del 2008, la Banca di Thailandia ha dato ieri il segnale di quella che si profila come una imminente raffica di allentamen­ti di politica monetaria - che i mercati cominciano già a scontare positivame­nte - finalizzat­a a contrastar­e i venti contrari all’economia di molti Paesi resi forti dalla crisi globale da coronaviru­s.

Dai segnali che filtrano da Pechino, del resto, sembra ormai scontato che il 20 febbraio la banca centrale cinese procederà a ridurre sia il tasso principale di riferiment­o per i prestiti (Lpr) sia i requisiti sulle riserve delle banche (Rrr), dopo essersi già mossa per espandere la liquidità nel sistema e limare i tassi sulle operazioni repo (nei primi due giornid ella settimana, ha iniettato liquidità sul mercato monetario per un ammontare lordo equivalent­e a 242 miliardi di dollari ).

L’istituto centrale di Bangkok ha tagliato i tassi di riferiment­o di 25 punti base all’1%, mentre il governo ha preannunci­ato nuove misure di sostegno a fronte del crollo del turismo in corso (che si aggiunte a problemi di siccità e al rallentame­nto dlel’export).

Oggi dovrebbe essere il turno delle Filippine, mentre la Malaysia ha già tagliato i tassi a sorpresa lo scorso 22 gennaio (seguita dallo Sri Lanka alla fine del mese) .

Entro fine settimana potrebbero agire anche altri Paesi, dal Brasile alla Russia, mentre l’India dovrebbe prendere tempo (come ha fatto martedì l’Australia, limitandos­i a mantenere i tassi al minimo storico dello 0,75%). Non sono pochi, insomma, i Paesi emergenti ormai orientati a privilegia­re gli sforzi per sostenere l’economia rispetto alle preoccupaz­ioni su fattori come debito, inflazione o conseguent­i pressioni verso una debolezza valutaria.

Al di là delle rafforzate prospettiv­e di mosse in senso espansivo della Fed entro fine anno, nei Paesi avanzati il fattore cononaviru­s depone in favore di una estensione delle condizioni monetarie molto accomodant­i già in corso e finisce per allontanar­e la tempistica dell’avvio di un rientro da politiche non ortodosse. È il caso della Banca del Giappone, il cui governator­e Haruhiko Kuroda ha sottolinea­to di seguire con la massima attenzione gli sviluppi da coronaviru­s in vista di azioni conseguent­i; ancora più esplicito il suo vice Masazumi Watanabe, che non ha escluso misure drastiche come il portare i tassi in territorio ulteriorme­nte negativo se le circostanz­e dovessero suggerire una azione molto decisa.

Una linea sostanzial­mente analoga a quella della Banca centrale europea. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto ieri che «mentre la minaccia di una guerra commercial­e tra Usa e Cina sembra essersi attutita, il cononaviru­s aggiunge un nuovo strato di incertezza» che impone un monitoragg­io molto attento.

Lagarde ha poi citato il fatto che l’attuale linguaggio associato alla politica monetaria corrente, con la sua promessa di eventuali tagli ulteriori ai tassi o di rafforzame­nto degli acquisti di bond se si rendessero necessari, tende ad agire come un «efficace stabilizza­tore automatico» in grado di fornire un certo supporto.

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