Così la casa californiana sfida i giganti dell’automotive
Tesla è come Apple quando lanciò iPhone ma di fronte si trova Vw, Psa e Toyota
Volumi in crescita, ampliamento della gamma d’offerta e network di ricarica che, al momento, non ha rivali per capillarità e velocità nel fare il pieno di energia. Sono questi i “powertrain” che trainano Tesla in borsa che a dispetto di numeri esigui (circa 370mila vetture consegnate nel 2019, +50% rispetto a un anno prima) vanta una capitalizzazione analoga a quelli di colossi dell’auto come Toyota e il gruppo Volkswagen, numeri uno per volumi (10 milioni di autoveicoli prodotti ogni anno) e con decine di fabbriche e migliaia di dipendenti. Oltre che con marchi che coprono settori rilevanti del panorama automotive mondiale. Come fa allora la piccola Tesla, data per spacciata più di una volta, a conseguire questi risultati finanziari? La risposta è articolata.
Pesano, nella contingenza del momento, certamente gli ultimi risultati di bilancio che su base annuale accusano un rosso pari a 862 milioni di dollari (meno del quasi miliardo del precedente esercizio). Inoltre è migliorata la liquidità, che ora è arrivata a circa 6,3 miliardi. A livello trimestrale la casa di Elon Musk è rimasta in utile (105 milioni di dollari, in calo rispetto ai precedenti 140). Ma ci sono altri parametri che piacciono al mercato: il boom della compatta premium elettrica “entry level” Model 3, le cui consegne sono aumentate del 46%, compensando il calo della Model S, berlina full elettrica ormai con troppe primavere che sconta la concorrenza di Porsche Taycan e del suv Model X, due vetture che hanno perso il 30% delle vendite. Tuttavia, come nell’era della new economy e della conseguente bolla, conta tanto il ruolo delle aspettative. E qui Tesla ha nutrito gli appetiti degli investitori con l’annuncio che a marzo inizieranno le consegne di Model Y. Si tratta di un suv compatto su base Model 3 che promette di fare scintille visto che si posiziona nel settore, quello dei crossover di taglia contenuta, che è quello a più alta crescita all’interno della dominante area dei suv (un’auto su due ha questa tipologia di carrozzeria). Inoltre Model Y è derivata dalla 3, quindi assicura più margini e potrebbe spingere ulteriormente i volumi. Se il mercato si è dimenticato di alcune vane promesse di Elon Musk (il truck Semi e la sportiva Roadster 2) è invece galvanizzato da due fattori. La futura fabbrica della Model Y in Germania e il pick-up Cybertruck, che promette di inserirsi nel mercato automotive più forte degli Usa.
Tesla è un po’ come Apple quando lanciò iPhone creando di fatto un nuovo mercato, quello degli smartphone, ma al contrario della Mela, che aveva di fronte una Nokia inerte, la società californiana deve fronteggiare l’avanzata inarrestabile dei colossi dell’auto come Vw group e i suoi 12 marchi, Psa, Daimler, Bmw, Renault Nissan e Hyundai che sull’elettrico (e sull’ibridazione) stanno investendo cifre enormi (Vw e Hyundai, per dire, oltre 40 miliardi) e stanno arrivando sul mercato con auto alla spina che coprono ogni segmento.
Tesla vanta ormai un brand dalla reputazione enorme. Un’immagine creata da un marketing che, diverso e più efficace di quello delle altre case, è stato capace di trasformare il marchio Usa in una chiesa dove clientiadepti e media fan contribuiscono a creare un’aura magica e meravigliosa attorno alle vetture del divino Elon Musk. Tutto questo a dispetto di un design che, a onor del vero, non ha nulla di straordinario, al contrario della tecnologia di bordo e della capacità unica che ha Tesla di governare il network di ricarica. Nel mondo dell’auto non si era mai visto nulla del genere ed è una strategia che ricorda anche in questo caso molto da vicino Apple. La battaglia, però, si preannuncia più dura: le case tradizionali hanno capacità industriali enormi e piani per vendere milioni di e-car all’anno. Con l’arrivo di auto elettriche veramente di massa come la Vw ID.3 lo scenario potrebbe subire un’ulteriore accelerazione. Si vedrà allora se Tesla riuscirà a stare al passo.