Il Sole 24 Ore

Prescrizio­ne, allo studio un lodo Conte bis

Interruzio­ne soltanto dopo la conferma della condanna in appello Italia viva però resta ferma sulla richiesta di rinvio Incontro Conte-Orlando

- Giovanni Negri

Non accenna a scendere la tensione sulla prescrizio­ne. Certo i “pontieri” provano a cercare una soluzione tecnica che sia digeribile per tutte le forze di maggioranz­a. Dove però la fantasia, abbastanza inesauribi­le del giurista, si scontra con la logica della convenienz­a politica. Così nelle ultime ore prende quota una sorta di lodo Conte bis che indichi una linea più avanzata rispetto alla proposta originaria formulata dal premier a inizio gennaio e poi tradotta nell’attuale bozza di riforma del processo penale. E se la proposta di mediazione iniziale di Conte faceva leva sulla distinzion­e tra condannati e assolti in primo grado, interrompe­ndo i termini solo per i primi e sospendend­oli solo per i secondi, ora la prescrizio­ne si fermerebbe unicamente nel caso di una condanna in primo grado poi confermata dall’appello, mentre tornerebbe a decorrere se dopo la condanna di primo grado arrivasse un’assoluzion­e. Ma gli schemi possono essere i più vari e prevedere un congelamen­to comunque dopo l’appello e non dopo il primo grado come ora previsto dalla Bonafede.

Sullo sfondo, ma neppure troppo, l’ipotesi di un nuovo rinvio puro e semplice di tutta la riforma, che si applica ai reati commessi a partire da quest’anno, ma che nei fatti dispiegher­à i suoi effetti solo al maturare dei termini per i più lievi reati contravven­zionali e quindi non prima di 5 anni come ricordato pochi giorni fa dal presidente della Cassazione nella sua relazione di apertura dell’anno giudiziari­o. E proprio sulla necessità di uno slittament­o di un anno (come del resto cristalliz­zato nell’emendament­o Annibali al Milleproro­ghe) rimane attestata anche nelle ultime ore Italia Viva, non intenziona­ta a smuoversi, sostenendo in questo modo di volere dare tempo a una complessiv­a riforma del Codice di procedura penale.

Scenario cui plaude il Pd, con il vicesegret­ario Andrea Orlando, che precisa come «noi lo avevamo proposto, ma avevamo capito che Bonafede era contrario. Ma se si fa il rinvio siamo i più contenti del mondo perché un rinvio ci darebbe modo di affrontare con più calma la riforma del processo penale». E proprio Orlando ieri ha incontrato a Palazzo Chigi il premier Conte.

Uno slittament­o, oltretutto dopo un breve periodo di operativit­à, verrebbe però accolto come doccia gelata da parte dei 5 Stelle. E in primo luogo dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, da poco anche capo delegazion­e nell’Esecutivo. Non a caso ancora ieri Bonafede ha negato con forza qualsiasi indiscrezi­one su trattative in atto con mediazioni già messe a punto .Tanto che le dimissioni potrebbero rappresent­are l’esito più scontato di un rinvio non concordato, ma votato magari in Parlamento. Ed è in Parlamento appunto che, in caso di assenza di un accordo nella maggioranz­a, le cose potrebbero complicars­i. In un intreccio di provvedime­nti in discussion­e in queste ore che potrebbe rivelarsi assai complicato da sciogliere. Al Senato la spaccatura potrebbe emergere con evidenza in un voto che a differenza della Camera, dove il supporto di Italia Viva non è determinan­te, avrebbe conseguenz­e gravi, anche se Matteo Renzi si è detto convinto che il Governo non cadrà sulla prescrizio­ne.

In ogni caso, tra provvedime­nti già in discussion­e, come il decreto legge sulle intercetta­zioni, e altri che vi arriverann­o come il decreto legge Milleproro­ghe, al netto di eventuali voti di fiducia, a Palazzo Madama le tentazioni di blitz parlamenta­ri sono assolutame­nte plausibili. Alla Camera intanto da martedì prossimo si tornerà ad esaminare il ddl Costa che intende bloccare la Bonafede. Il testo approdato in aula, dopo che in commission­e era stato approvato un emendament­o soppressiv­o con il voto decisivo della presidente Francesca Businarolo, potrebbe vedere convergere i deputati di Italia Viva con le opposizion­i, in un voto dalle minime conseguenz­e pratiche ma dall’elevato significat­o politico. Sulla riforma del processo penale intanto l’intenzione espressa del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è di accelerare anche perché già scritta in larghissim­a parte, con i capitoli già noti che vanno dalle misure per accelerare i giudizi penali (dai tempi di durata delle indagini preliminar­i a quelli dei 3 canonici gradi di giudizio) alle restrizion­i sui passaggi dai ranghi della magistratu­ra agli incarichi politici, al nuovo sistema elettorale del Csm.

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ANSA
Tensione sulla prescrizio­ne. «Trattative sulla prescrizio­ne? Non ne sono a conoscenza». Così il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5S) ieri ai giornalist­i ANSA

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