Export, Di Maio studia la doppia delega
Il no del sottosegretario Iv Il Mise alla Farnesina: serve più coordinamento
La regia del commercio estero potrebbe essere sdoppiata. È una delle ipotesi esaminate in questi giorni dal ministero degli Affari esteri, tra la contrarietà di uno dei due sottosegretari in lizza (Ivan Scalfarotto di Italia Viva) e le attese delle associazioni dei settori manifatturieri che esportano di più o che sono più interessati alla politica di difesa commerciale.
Dal 1° gennaio 2020 la competenza sul commercio estero è passata dal ministero dello Sviluppo economico (Mise) al ministero degli Esteri, seguendo il percorso fatto dal ministro grillino Luigi Di Maio. Al Mise Di Maio aveva unificato le due direzioni tecniche che si occupavano del tema, lasciando la delega politica per intero al sottosegretario Michele Geraci. Ora invece uno degli schemi allo studio prevederebbe due sfere di competenza: a Manlio Di Stefano (5 Stelle) l’internazionalizzazione del sistema paese, con strategia, promozione, Agenzia Ice e strumenti finanziari; a Scalfarotto le politiche commerciali (ad esempio barriere tariffarie, libero scambio). Un’ulteriore ipotesi si baserebbe invece su una differenziazione per aree geografiche. In entrambi i casi, o anche se alla fine si opterà per una delega unitaria, si torna a due divisioni tecniche: una Dg per la promozione del sistema Paese e una Dg Unione europea.
«Promozione e politiche commerciali sono da sempre integrate sotto una guida politica comune che ha assicurato una strategia coerente e portato ottimi risultati per l'export durante la gestione del Mise - dice Scalfarotto - Spacchettarla andrebbe quindi a detrimento del sistema delle imprese». «Non potrei certamente avallare con il mio consenso una decisione presa più per una pura questione di equilibri politici che per perseguire l’interesse del Paese» aggiunge lasciando presagire un eventuale passo indietro. Di Stefano non ha invece rilasciato dichiarazioni ufficiali.
Mentre si susseguono le scintille tra i due sottosegretari, a partire dalle divergenze sul trattato Ceta, le imprese attendono con sempre più impazienza una soluzione. Ad alcuni settori industriali sembra una complicazione un sistema in cui un’impresa che esporta in Cina, a titolo di esempio, avrebbe due interlocutori politici diversi, uno per la promozione e un altro quando c’è da difendersi dal dumping. Lo stesso discorso varrebbe con uno spacchettamento geografico e quindi (sempre come esempio) un referente quando si esporta in Asia e uno diverso quando si esporta in America. In un bilaterale commerciale o un vertice politico, poi, un sottosegretario avrebbe pieno titolo a parlare di un tema ma non dell’altro.
All’impasse sulle deleghe si unisce poi la questione del coordinamento con il Mise per la politica industriale. Il ministero guidato da Patuanelli, che tra l’altro a sorpresa ha mantenuto la titolarità del comitato per l’attrazione degli investimenti esteri (questa delega potrebbe andare al sottosegretario Pd Gian Paolo Manzella), ha sollecitato alla Farnesina uno stretto coordinamento su alcuni tavoli tecnici che erano stati portati avanti negli anni scorsi, ad esempio la partecipazione al Global Forum e allo Steel Committee sulla siderurgia presso l’Ocse. E anche la partita dello Stis, il tavolo europeo della politica commerciale riservato a siderurgia e tessile, è rivendicata dal Mise in nome della politica industriale.