Volto nuovo e agenda moderata, la ricetta vincente di Buttigieg
Forse non ha un piano per tutto, come Elizabeth Warren. Né la fedeltà della base militante di Bernie Sanders. Non l’esperienza di Joe Biden o i soldi di Michael Bloomberg. Ma dopo il successo nei caucus dell’Iowa Pete Buttigieg, il 38enne Sindaco Pete, è partito lancia in resta nella corsa per la nomination democratica. Una corsa ancora incerta: l’ex vicepresidente Biden ha inciampato e il portabandiera della sinistra Sanders è giunto quasi appaiato in testa davanti all’altra progressista Warren. Mentre Bloomberg, che scenderà in campo dalle primarie dal Super Tuesday di marzo, raddoppia la spesa pubblicitaria. Ma è Buttigieg - forte di un’agenda di riforme moderate e di un’immagine dirompente - la sorpresa.
L’ex primo cittadino di South Bend in Indiana ha costruito l’exploit grazie al proprio volto nuovo e a una carriera dove ha inanellato studi brillanti, l’elezione in uno stato industriale e l’arruolamento nelle forze armate per servire in Afghanistan. È diventato anche il primo candidato esplicitamente omosessuale nelle primarie d’un grande partito, simbolo stesso d’un messaggio di apertura in contrasto con il presidente in carica Donald Trump.
La sua agenda, in sintonia con l’appello a voltare pagina, è fitta di priorità che ambiscono a ricucire le divisioni nel partito, tra gradualisti e radicali, e nel Paese. Il suo piano infrastrutturale, Building for the 21st Century, prevede mille miliardi per progetti “sostenibili” in partnership con le località, capaci di creare sei milioni di impieghi e garantire qualità dell’acqua potabile come di strade e ponti. A fianco spunta un Green New Deal sul clima che spinga il Paese a zero emissioni nette entro il 2050. Ci sono investimenti nell’istruzione, da asili nido a università pubbliche gratuite per famiglie con redditi fino a centomila dollari. La sua riforma sanitaria Medicare for All Who Want It - prescrive un piano pubblico di copertura assicurativa nell’ambito di Obamacare anziché un sistema sanitario nazionale, al costo di 1.500 miliardi in dieci anni ottenuti rescindendo sgravi fiscali alle imprese. Vuole infine raddoppiare il salario minimo federale, a 15 dollari l’ora, e abolire norme anti-sindacali.
Accanto alle proposte, però, il suo asso nella manica può diventare la credibilità. A suo favore gioca l’esser stato ufficiale di intelligence in Afghanistan per sette mesi nel 2014, quando prese l’aspettativa da sindaco. È oratore spigliato e con riconoscimenti accademici, laurea a Harvard e studi a Oxford. Nel settore privato ha lavorato per McKinsey. Alla guida di South Bend - cittadina di centomila abitanti dal passato manifatturiero (fu patria della Studebaker) - è stato per due mandati, rieletto con l’80 per cento.
Radici che rivendica come ideali per riconquistare il decisivo Midwest dal populismo conservatore di Trump. Anche se gli ostacoli ci sono: ha scarsa presa sui tradizionali voti democratici, soprattutto tra gli afro-americani. E a fine gennaio i sondaggi nazionali lo davano solo al 7 per cento. L’avvio di caucus e primarie - martedì tocca al New Hampshire - potrebbe però rimescolare le carte per questo insolito “candidato mancino, maltese-americano, episcopale, gay, millennial e veterano di guerra” che ambisce ora a riscrivere la storia della Casa Bianca.