Trump: economia mai così forte, ma il meglio deve ancora arrivare
Il presidente autocelebra il successo di riforme mirate su Stati e gruppi sociali Primo calo in sei anni del deficit commerciale Oggi fine dell’impeachment
“State of disunion”, lo “Stato della disunione”, titolano i media americani parafrasando il discorso annuale del presidente Donald Trump a Capitol Hill. Il terzo e ultimo del suo mandato prima delle elezioni del 3 novembre. Più che un discorso bipartisan, rivolto a tutti gli americani, è stato un comizio.
Uno straordinario spot elettorale in “prime time” a reti unificate di 121 minuti, costruito alla perfezione dai collaboratori per colpire le corde emotive degli americani.
Verrà ricordato probabilmente per le immagini di Nancy Pelosi che subito dopo la fine dell’intervento in diretta tv strappa platealmente le 17 pagine del discorso del presidente. «Strappare» la copia del discorso sullo Stato dell’Unione «era la cosa più cortese da fare considerando quali potevano essere le alternative», ha spiegato incalzata dai cronisti. Il gelo è cominciato quando Trump prima di cominciare a parlare ha preso in mano le due copie del discorso e si è girato per consegnarle alle due più alte cariche dello stato dopo di lui, sedute dietro: il vice presidente Mike Pence e la speaker della Camera Pelosi.
A settembre i democratici hanno avviato l’inchiesta di impeachment contro il presidente per l’Ucrainagate: il voto che lo ha scagionato mettendo fine al processo al Senato è arrivato poche ore fa.
Trump e Pelosi non si sono più parlati da ottobre. La terza carica dello stato ha allungato la mano verso il presidente. Trump con un gesto plateale ha ritirato la mano. Rivelando la tensione che anima la sala del Capitolo. Clima lontano anni luce dall’essere bipartisan. Il Congresso è diviso in due: i repubblicani al termine di ogni passaggio interrompevano con gli applausi; mentre i democratici restavano immobili, seduti e impassibili.
Trump ha ricordato i successi della sua amministrazione. A partire dal buon andamento dell’economia, che è uno dei motivi che spinge le probabilità di una sua rielezione. Un sondaggio recente di Washington Post/ Abc News mostra che il 56% degli americani approva il suo operato sui temi economici. Il gradimento è salito di 10 punti da settembre, nonostante l’impeachment. Ai massimi dall’inizio della presidenza.
«La nostra economia è la migliore di sempre». Il presidente Trump ha snocciolato uno dopo l’altro i dati dei record della sua presidenza. L’economia americana ai massimi da sempre è una frase ripetuta almeno 260 volte. L’obiettivo della crescita annuale del 3% nel 2019 non è stato raggiunto: il Pil Usa si è fermato al 2,3%, il più basso tasso di crescita da tre anni.
Il presidente ha ricordato i record di Wall Street: «Dalla mia elezione i mercati azionari americani sono saliti del 70% e hanno aggiunto 12mila miliardi di dollari alla ricchezza della nostra nazione». Ha parlato della disoccupazione ai livelli più bassi da mezzo secolo, del “blue collar boom”, il boom della classe operaia.
Il “blue collar boom” non c’è perché il settore manifatturiero vive una fase di recessione tecnica. Da giugno sono stati creati solo 9mila nuovi posti di lavoro. Poco in confronto ai 460mila assunti nei primi due anni e mezzo di presidenza Trump. La disoccupazione secondo i dati del Bureau of Labor Statistics (Bls) è aumentata in diversi swing states, cuore dell’industria americana, dove Trump vinse nel 2016: Wisconsin, Michigan, Ohio, Pennsylvania.
Il presidente ha detto che sotto la sua amministrazione «sono stati creati 7 milioni di nuovi posti di lavoro» inflazionando un po’ il dato che secondo le rilevazioni Bls dal febbraio 2017 ammonta a 6,7 milioni.
Trump ha sostenuto che «dopo aver perso 60mila fabbriche sotto le due precedenti amministrazioni, l’America ha ora guadagnato 12mila nuove aziende. Vero ma si tratta per l’80% di aziende che hanno al massimo 5 dipendenti.
Un altro filone che viene spesso ricordato riguarda le politiche commerciali protezionistiche cominciate