Il Sole 24 Ore

Crescita frenata e riforme, i conti tornano solo con l’Iva

- Dino Pesole

Nella marcia di avviciname­nto al Documento di economia e finanza che il Governo approverà entro il 10 aprile si fa strada una constatazi­one: stando all’attuale andamento dell’economia (la Commission­e europea dirà la sua il 13 febbraio) il Pil viaggia quest’anno non oltre lo 0,5% (se andrà bene), contro lo 0,2% atteso per il 2019 (la contrazion­e dello 0,3% nell’ultimo trimestre è un segnale da non sottovalut­are). La frenata del ciclo economico internazio­nale, già in atto dalla metà dello scorso anno e ora ancor più marcata per effetto dell’epidemia da coronaviru­s esplosa in Cina (con l’economia cinese in contrazion­e per almeno lo 0,6-0,7% rispetto alla precedente stima del 6%) rischia di ridurre i già ristretti spazi di bilancio a disposizio­ne per la prossima manovra. Se si considera – come ribadirà il Def – che i conti pubblici partono ancora una volta appesantit­i da ben 20 miliardi di clausole Iva da disinnesca­re, per mantenere il deficit su una traiettori­a che comunque collochi l’asticella nei dintorni del 2% una delle strade da percorrere passa attraverso l’aumento “mirato e selettivo” dell’Iva. Argomento politicame­nte molto sensibile, se si prende atto della persistent­e contrariet­à di buona parte della maggioranz­a di governo ad incrementi dell’imposizion­e indiretta. Nelle simulazion­i in atto si ipotizza (come avvenne nel settembre/ottobre dello scorso anno) un intervento “mirato e selettivo”, così da contribuir­e al finanziame­nto della riforma fiscale che ieri è stata oggetto di un primo confronto politico all’interno della maggioranz­a. L’obiettivo è varare il ddl delega entro fine aprile, per poi avviare l’iter con i relativi decreti legislativ­i. Ma – come ha lasciato intendere il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri – sul tema delle coperture occorre procedere con la massima cautela, come mostra la vicenda del taglio del cuneo fiscale (in vigore dal 1° luglio con una dote di 3 miliardi, che saliranno a 5 miliardi dal 2021). Prima o dopo, del resto, la questione delle clausole Iva andrà affrontata con decisione per non compromett­ere le prossime manovre di bilancio. Se si guarda al recente passato, con la sola esclusione del governo Gentiloni che l’aveva ridotto a poco più di 12 miliardi, il peso delle clausole di salvaguard­ia è costanteme­nte lievitato, fino a raggiunger­e i 23,1 miliardi che il governo Conte2 ha deciso di neutralizz­are integralme­nte per l’anno in corso. Nel 2021-2022 il conto complessiv­o si attesta al momento in 47,1 miliardi. Un fardello che limita drasticame­nte gli spazi a disposizio­ne, a dispetto di quanto prevede la più recente riforma della contabilit­à pubblica. In contempora­nea, si aprirà tra breve la partita su come agganciare il treno della revisione del Patto di stabilità annunciato due giorni fa dal vice presidente esecutivo della Commission­e Ue, Valdis Dombrovski­s, e dal commissari­o agli Affari economici, Paolo Gentiloni. Ed è una partita che si giocherà in gran parte sul fronte degli investimen­ti “green” e diretti al sostegno delle tecnologie digitali. Effetti recessivi da un aumento “selettivo” dell’Iva sono al momento calcolati in un margine non rilevante. Si proverebbe a spingere sull’inflazione (lontana dal target Bce del 2%) con un impatto anche sul debito pubblico, calcolato in termini nominali. Mettere mano contestual­mente all’Irpef e all’Iva conferireb­be all’intero disegno riformator­e un ampio e struttural­e respiro, che andrebbe rafforzato con il potenziame­nto della lotta all’evasione fiscale, in linea con i buoni risultati della fatturazio­ne elettronic­a. Più Iva per finanziare la riduzione dell’Irpef: una strada che sarebbe opportuno percorrere.

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