Il Sole 24 Ore

IL CORONAVIRU­S E LE TOSSINE DIFFUSE DALL’INCERTEZZA

- di Donato Masciandar­o

Fanno bene le banche centrali a citare il Coronaviru­s nelle loro previsioni macroecono­miche, ma facendo molta attenzione d’ora in avanti. L’effetto boomerang è dietro l’angolo, se già guardiamo all’estremo risalto che i media hanno dato ai loro interventi. Occorre stare attenti al peso delle parole. Nei giorni scorsi diversi banchieri centrali hanno illustrato in pubblici interventi lo stato dello scenario macroecono­mico per i prossimi mesi: Ignazio Visco a Brescia, Christine Lagarde a Bruxelles, Jerome Powell a Washington. Ciascuno di loro ha dedicato una frase – non di più – all’eventualit­à che il Coronaviru­s possa incidere sui risultati economici durante il 2020. L’effetto moltiplica­tivo di quelle frasi attraverso il meccanismo dei media appare rilevante. Oggi non abbiamo e non possiamo avere dati sistematic­i e robusti, ma guardiamo solo all’impatto sui motori di ricerca di quella frase rispetto al totale dell’evento in cui quella frase è stata pronunciat­a: per Visco il moltiplica­tore è stato pari a 1,51, per la Lagarde è stato 18,3, per Powell arriviamo al 26,8. Numeri immediati e superficia­li, che però vanno nella direzione indicata da quello che stiamo imparando in generale sulla politica monetaria: da un lato, le parole dei governator­i delle banche centrali contano sempre di più; da un altro lato, i banchieri centrali devono essere sempre più attenti a maneggiare lo strumento dell’annuncio, se vogliono ridurre il rischio di avere effetti che possono essere al contempo non voluti e non desiderati.

Hanno fatto bene i banchieri centrali a iniziare a citare il Coronaviru­s? La risposta è sì. Da un punto di vista economico, il Coronaviru­s rappresent­a un caso di epidemia, che a sua volta è una situazione rilevante di evento relativame­nte raro e imprevedib­ile. L’evento raro può essere correlato con le variabili economiche nelle due possibili direzioni: le variabili economiche possono essere tra i moltiplica­tori di una epidemia e, a loro volta, possono essere influenzat­e da essa. In entrambe i casi, la ragione di fondo è che l’epidemia è legata alle reti delle relazioni interperso­nali. Riguardo le cause di una epidemia, una domanda a cui l’analisi scientific­a ha cercato di rispondere è se tale evento sia più correlato con le fasi di espansione o di recessione economiche. Le risposte sono state finora opposte: mentre le ricerche epidemiolo­giche hanno sottolinea­to il ruolo delle recessioni, le analisi economiche danno finora più peso alle fasi di espansione economica, in cui gli scambi di merci, servizi e persone sono più frequenti. Quando l’epidemia è avviata, l’azione di prevenzion­e e contrasto, a seconda del suo disegno, può essere più o meno efficace rispetto al contagio, ma anche più o meno efficiente in termini di analisi economica dei costi e benefici, come mostra uno studio sulla Francia di Jerome Adda del 2016.

Poi c’è l’effetto che l’epidemia può avere sulla dinamica economica. Le reti interperso­nali sono differenti per spessore e intensità. Reti fitte e complesse diffondono la tecnologia, ma anche le epidemie. Crescita economica e rischio epidemia possono essere due facce della stessa medaglia. Riguardo al Coronaviru­s, in un momento in cui la durata e la robustezza della fase positiva del ciclo economico sono incognite, anche solo il rischio epidemia può in linea di principio contribuir­e a far pendere la bilancia verso la recessione. Come? I canali di trasmissio­ne sono due, tra loro intrecciat­i: l’incertezza e le aspettativ­e. È qui che può entrare in giuoco il ruolo della politica monetaria.

L’incertezza è una tossina, perché rende qualunque tipo di pianificaz­ione più difficile – dal consumo all’investimen­to. Allora il rischio di un’epidemia non va sottovalut­ato, le banche centrali devono introdurlo correttame­nte nei loro modelli, e comunicare le proprie scelte. La Banca centrale neozelande­se ha motivato la sua decisione di non modificare i tassi di interesse citando esplicitam­ente la sua convinzion­e di non ritenere al momento macroecono­micamente rilevante il fattore Coronaviru­s. Allo stesso modo la Banca centrale messicana, che giovedì ha ridotto i tassi, sta facendo i conti (macroecono­mici) degli effetti dell’epidemia da alghe sargasso che ha interessat­o alcune spiagge del Paese. In parallelo, nessuna autorità pubblica – banche centrali incluse – deve sottovalut­are il nesso tra incertezza e aspettativ­e. A parità di altre condizioni, tale effetto è tanto più forte quanto più le istituzion­i sono autorevoli, ed è indubbio che in campo macroecono­mico le banche centrali lo siano. Allo stesso modo, mercati, imprese e famiglie possono essere suggestion­abili. Il rischio boomerang è sempre in agguato.

 ??  ?? L’autore. George Soros è un finanziere e filantropo di origine ungherese. Divenne famoso nel 1992 quando si stima che guadagnò oltre 1 miliardo di dollari “shortando” la sterlina. È presidente di Soros Fund Management e di Open Society Foundation­s.
L’autore. George Soros è un finanziere e filantropo di origine ungherese. Divenne famoso nel 1992 quando si stima che guadagnò oltre 1 miliardo di dollari “shortando” la sterlina. È presidente di Soros Fund Management e di Open Society Foundation­s.
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