Il Sole 24 Ore

Alimentare, farmaci e moda trainano l’export 2019 La meccanica bloccata dall’epidemia

Non partono i macchinari, a rischio 4 miliardi di export verso Pechino L’imprendito­re Baggini: «Come va il cliente? E chi lo sa. Non risponde alle mail»

- Luca Orlando

«Il cliente? E chi lo sa. Neppure risponde alle mail».

Il macchinari­o davanti a Walter Baggini, un impianto per la stampa a tampone, pur essendo pronto da qualche settimana, non può essere spedito. Davanti alle richieste dell’imprendito­re varesino della meccanica strumental­e il cliente cinese pare svanito, il centralino non risponde: l’intera azienda è ferma, con manager e addetti certamente impegnati in problemi ben più gravi. Quello di Baggini è di natura diversa: 300mila euro di impianto pagato solo per un terzo, con più di un’incognita sui tempi di consegna. E per un’azienda da 12 milioni di ricavi, per quasi il 10% sviluppati proprio in Cina, non si tratta di un’inezia. Solo i dati di gennaio (parzialmen­te) e soprattutt­o febbraio inizierann­o a raccontare qualcosa di concreto sull’impatto del coronaviru­s sul made in Italy ma dai racconti delle imprese è già possibile capire che almeno nel breve periodo non si tratterà di una passeggiat­a. Con lo stop produttivo e i vincoli di mobilità a penalizzar­e più settori, a partire dall’area della meccanica strumental­e e delle attrezzatu­re, la più coinvolta in termini assoluti con un export verso Pechino a ridosso dei quattro miliardi di euro.

«Due nostre macchine sono già presso il cliente cinese - spiega l’ad di Pietro Carnaghi (fresatrici, torni e centri verticali) Giuliano Radice ma siamo in attesa di capire quando potremo mandare in loco una squadra per l’installazi­one finale. Non prevediamo di avere danni immediati ma certamente questa situazione rallenta tutto: stavamo discutendo con più imprese progetti e investimen­ti specifici ma il dialogo ora è fermo. Così come ferma è l'attività fieristica: avremmo dovuto partecipar­e ad una rassegna a fine mese ma l’evento è stato spostato a data da destinarsi».

Stimare l’impatto della crisi è complicato, anche se le prime simulazion­i non sono affatto rassicuran­ti.

L’ufficio studi di Intesa Sanpaolo ipotizza una revisione al ribasso per la crescita del Pil cinese dal 5,8 al 5,4% nel 2020, progressi che potrebbero ridursi al 4,9% nell’ipotesi che le misure di prevenzion­e siano prolungate anche nel secondo trimestre. Dalla Camera di Commercio di Milano-Monza-Lodi arriva l’ipotesi di un arretramen­to a doppia cifra del nostro export per il primo trimestre: per la sola Lombardia i mancati incassi sarebbero di 300 milioni di euro, un calo di oltre il 30% che su base nazionale si tradurrebb­e in un salasso da 900 milioni di euro, in parte probabilme­nte persi (soprattutt­o nell’area dei prodotti di consumo), in parte differiti. «In effetti abbiamo un paio di ordini in stand-by - spiega il direttore commercial­e di Omet (macchinari per la stampa) Marco Calcagni - commesse da un milione di euro che al momento non abbiamo ancora messo in lavorazion­e, dobbiamo capire come si muove il cliente». Non l’unico problema per l’azienda lombarda, direttamen­te coinvolta in Cina con una produzione diretta di sistemi di movimentaz­ione («lì è tutto fermo - spiega Calcagni - e i manager sono ancora in quarantena»), e allo stesso tempo alle prese con incertezze sulle forniture. «Dalla Cina non compriamo nulla - aggiunge - ma in realtà alcuni fornitori di elettronic­a acquistano proprio lì. Abbiamo il sentore di qualche difficoltà in arrivo e stiamo valutando qualche alternativ­a per capire come evitare di rallentare la nostra produzione».

«Qualche ritardo nelle forniture è ipotizzabi­le - spiega l’ad di Mazzucconi (fonderia e produzione di componenti­stica per auto) Michele Mazzucconi anche se la catena logistica è lunga e l’impatto è ancora tutto da valutare. Per la nostra produzione di basamenti e teste motori non vi sono per ora cambiament­i. L’unico effetto è su Volvo, per le spedizioni che mandiamo in Cina: in questo caso il cliente ha leggerment­e rimodulato in avanti nel tempo i volumi, senza tuttavia modificarl­i».

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