Il Sole 24 Ore

La sponda del Quirinale a Conte per la tregua

- Lina Palmerini

«Faccia come si sente». Così avrebbe detto Sergio Mattarella quando la scorsa sera Conte lo ha chiamato. E da Palazzo Chigi hanno tradotto questa frase come una sponda, un sostegno incondizio­nato al premier. In realtà dal Quirinale è arrivata una spinta a uscire dai giochi tattici e creare le condizioni di una tregua. E, in fondo, la scelta del Governo di abbandonar­e la via del decreto e inserire il lodo sulla prescrizio­ne in un disegno di legge - da esaminare e discutere in Parlamento - è stato un primo passo per un disarmo bilaterale. Tant’è che ieri da un lato i renziani hanno annunciato il voto di fiducia sul Milleproro­ghe e dall’altro Conte ha smussato i toni con Renzi dicendo di non ragionare sulla base di «personalis­mi». Una tregua, di certo temporanea, ma l’esigenza che si fa presente al Colle è di un Esecutivo che lavori sui fronti più urgenti dell’economia e non si paralizzi sulle liti. Tant’è che si parla di un incontro - oggi - al Quirinale con il premier perché il quadro politico, a questo punto, va monitorato con scrupolo.

L’impression­e, infatti, è che quello che è accaduto sulla prescrizio­ne non sia solo un episodio ma che faccia parte di una strategia di Italia Viva. La scelta di non mandare le ministre al Consiglio dei ministri, la minaccia di una mozione di sfiducia al ministro Bonafede (che resta parcheggia­ta) vengono valutate da 5 Stelle e Pd come la tappa di un percorso più lungo che non è ancora maturo. Nel senso che sono mancati alcuni elementi per andare fino in fondo. Per esempio, è mancato un gioco a sostegno della rottura da parte del centro-destra. L’operazione “responsabi­li” che doveva scattare per fare la crisi senza però interrompe­re la legislatur­a aveva bisogno del supporto di alcuni esponenti dell’opposizion­e che non c’è stata.

Inoltre, passaggio ancora più delicato, sarebbe mancata la compattezz­a del gruppo di Italia Viva al Senato. Sembra infatti che non tutti i renziani fossero convinti che l’operazione fosse priva del rischio-elezioni anticipate. E siccome la paura delle urne non ce l’hanno solo nei 5 Stelle o nel Pd ma anche – o soprattutt­o - nel gruppo di Renzi c’è stato il timore che alcuni si sarebbero dissociati provocando una prima divisione. In effetti una scissione, sia pure minima, tra i renziani avrebbe messo in serio pericolo il progetto del nuovo partito, dunque, meglio la prudenza e il rinvio delle ostilità.

Tra l’altro, chi frequenta il Quirinale fa notare che la prosecuzio­ne della legislatur­a dipende non solo da una somma numerica ma politica. Si cita il precedente dell’Esecutivo Letta quando Berlusconi (condannato e decaduto da senatore) uscì dal Governo e ci fu la scissione con Alfano. In quell’occasione si costituì un partito e un gruppo autonomo che votò la fiducia. Mettere insieme una pattuglia raccogliti­ccia di senatori non sarebbe sufficient­e viste le prove che ha davanti il Conte II tra la frenata economica e il contesto internazio­nale.

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