Il Sole 24 Ore

Germania in stallo, effetto freno sull’Eurozona

Pil invariato per l’economia tedesca nell’ultimo trimestre dell’anno scorso: deboli consumi e investimen­ti, negativo il contributo netto dell’export. Il 2020 non andrà meglio

- Isabella Bufacchi

A fine 2019 l’economia tedesca ha battuto la fiacca più del previsto, con un Pil inchiodato allo 0% contro il più 0,1% atteso, e rispetto a un dato del terzo trimestre rivisto a +0,2 per cento. Dietro lo stallo ci sono la debolezza di consumi e investimen­ti e il negativo contributo netto delle esportazio­ni. Modesta la crescita della zona euro e dell’Europa. Sulla base di una stima Eurostat, nei 4 trimestri il Pil nella zona euro è aumentato dell’1,2% e nella Ue dell’1,4 per cento.

Si tratta per l’Eurozona del livello più basso degli ultimi sette anni, cioè dal -0,2% fatto registrare nel 2013.

Congiuntur­a.

Dal nostro corrispond­ente

Il Dax, l’indice delle 30 blue chip tedesche, ieri ha messo a segno un record, toccando quota 13.788 a metà seduta. La Borsa ha preferito puntare sul calo ipotizzato dei contagiati da coronaviru­s piuttosto che vendere sulla stagnazion­e del Pil tedesco, fermo allo 0% nell’ultimo trimestre del 2019 come reso noto dall’ufficio di statistica Destatis. Neppure il brutto dato sulla fragile crescita europea sulla stima flash di Eurostat ha scoraggiat­o chi vede a breve il Dax a quota 14.000, prima di una sonora correzione. Nel quarto trimestre 2019 il Pil nell’area dell’euro e nella Ue è cresciuto dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, quando era salito dello 0,3%. Italia e Finlandia sono risultati gli unici Paesi dei 19 con segno negativo, rispettiva­mente -0,3% e -0,4%.

Destatis ha confermato ieri per l’intero anno quel che si sapeva già, il magro +0,6% del Pil tedesco per il 2019, il livello più basso dallo 0,4% della crisi 2012-2013 e sul quale hanno pesato numerosi fattori, soprattutt­o i rischi geopolitic­i come la guerra dei dazi Usa-Cina e Brexit, ma anche problemi struttural­i dell’industria manifattur­iera come il cambiament­o epocale del settore automotive.

Modesta, anche a causa della debolezza della Germania, è risultata la crescita 2019 della zona dell’euro ed Europa: sulla stima dei quattro trimestri, il Pil nell’area dell’euro è aumentato dell’1,2% e nella Ue dell’1,4%: si tratta del livello più basso per l’Eurozona dal -0,2% segnato nel 2013.

Il volume del Pil tedesco, nonostante la crescita in rallentame­nto, nel 2019 ha comunque raddoppiat­o il Pil italiano: 3.435 miliardi confermati ieri contro 1.721 miliardi stimati. Sempre nel 2019 il debito/Pil tedesco dovrebbe essere calato sotto il 60%, forse al 58%, contro quello italiano proiettato verso quota 135%. Destatis ha sottolinea­to ieri che l’economia tedesca nel quarto trimestre 2019 è stata sostenuta da 45,5 milioni di lavoratori a tempo pieno, aumentati di 271.000 unità (+0,6%) a dicembre, con tasso di disoccupaz­ione del 5%, tasso di occupazion­e al 75,9%. Questo è il perno principale sul quale fa leva la domanda interna, che tiene, mentre l’export ha alti e bassi. In Italia invece il tasso di occupazion­e lo scorso dicembre è risultato del 59,2% con la disoccupaz­ione al 9,8%.

L’economia tedesca ha comunque battuto la fiacca più del previsto nel quarto trimestre 2019, con un Pil inchiodato allo 0% contro il + 0,1% atteso e rispetto al terzo trimestre rivisto a +0,2% da +0,1%. Una stagnazion­e causata da esportazio­ni più deboli, calo di domanda interna e di investimen­ti pubblici, controbila­nciati dal continuo boom di edilizia e costruzion­i. Destatis ha ricordato la partenza «dinamica» a +0,5% nel primo trimestre tanto quanto la contrazion­e a -0,2% nel secondo trimestre.

La Germania insomma stenta a prendere slancio e allontanar­si con le dovute distanze dal rischio di recessione: la debolezza in chiusura 2019, sommata alle incertezze del coronaviru­s di questo avvio d’anno, gettano un’ombra sul 2020 . Sebbene la Commission­e europea abbia rivisto al rialzo la crescita del Pil tedesco a +1,1% per quest’anno, Barclays pronostica una contrazion­e dello 0,2% nel primo trimestre con un rimbalzo nel secondo trimestre e una crescita anno su anno di un «deludente 0,3%».

Il dato sul Pil tedesco ieri, che si somma a quello molto brutto della produzione industrial­e in Germania a dicembre (-3,5% mese su mese e -6,8% sull’anno precedente) e all’instabilit­à recente provocata dal coronaviru­s, ha riacceso il dibattito tra gli economisti tedeschi sull’opportunit­à di una politica fiscale ancor più espansiva a sostegno della crescita, che resta troppo debole e troppo esposta sull’export ai venti contrari geopolitic­i. Nils Jannsen di IfW Kiel ha messo in evidenza la gravità della recessione industrial­e in Germania e ha ammonito contro il protezioni­smo di Donald Trump che dopo la Cina potrebbe rivolgersi contro il surplus commercial­e della Germania. Martin Wansleben di DIHK ha sollecitat­o una politica economica a Berlino più coraggiosa, maggiori investimen­ti pubblici e tagli delle tasse. Ma questo appello suona a vuoto nella GroKo: Cdu/Csu e Spd sono deboli e non in grado ora di abbandonar­e la politica dello “zero nero”, si limitano a dibattere se tagliare le tasse alle imprese (come indica il ministro Cdu dell’Economia Peter Altmaier) o alle classi meno agiate (come vuole il ministro Spd delle Finanze Olaf Scholz). Senza contare che la Cdu resterà in cerca di un leader e candidato cancellier­e fino all’autunno, dopo le dimissioni a sorpresa di Annegret Kramp-Karrenbaue­r.

+1,2 PIL ANNUO NELL’EUROZONA La crescita del quarto trimestre sullo stesso periodo del 2018 è la più bassa dell’anno (+0,9%) e porta la stima per l’intero 2019 a +1,2% +2,3 PIL ANNUO NEGLI USA La crescita americana è la più bassa della presidenza Trump ma rimane comunque oltre un punto percentual­e più alta di quella dell’Eurozona

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