Gualtieri: il debito 2019 più basso aiuta i conti Quota 100 rimane
Dopo Bankitalia, il Mef conferma il rapporto debito-Pil inferiore al previsto
La buona notizia sui conti pubblici è arrivata ieri dalla Banca d’Italia e riguarda i saldi dell’anno passato: fabbisogno in discesa rispetto al 2018 e un debito/Pil al di sotto di quanto previsto dal governo. In particolare, l’anno ha chiuso su un livello del debito di 2.409,2 miliardi, con un incremento (28,7 miliardi) inferiore ai 35,2 miliardi del fabbisogno delle amministrazioni centrali, dato a sua volta al di sotto delle stime della scorsa primavera. Numeri che il ministero dell’Economia associa a quelli sulle entrate tributarie di competenza affluite al bilancio dello Stato, anche in questo caso sensibilmente migliori di quelle del 2018 e di quelle indicate nella Nadef 2019. Si tratta di due piccolissimi segnali positivi all’interno di un quadro plumbeo, quello della congiuntura di inizio anno, che potrebbe mettere in discussione i piani annunciati dal governo di riduzione delle tasse e di conferma (almeno per il momento) della sperimentazione di Quota 100 sul fronte delle pensioni.
Ieri il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, lo ha ripetuto prima di arrivare al tavolo di maggioranza su fisco e semplificazioni: «Non siamo in recessione ma siamo fermi. La bacchetta magica non ce l’ha nessuno ma sono fiducioso delle misure che stiamo prendendo». Secondo Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio conti pubblici italiani, ex Fmi ed ex commissario alla spending review, il rapporto debito/Pil del 2019, sulla base dei dati di Bankitalia, dovrebbe attestarsi intorno al 135% (la Nadef a settembre indicava 135,7%): «È un aumento piuttosto basso – dice Cottarelli – ed è interessante che per la prima volta in diversi anni la variazione del debito sia inferiore al deficit».
I problemi sul 2020, con il governo che punta a un piano ambizioso di taglio dell’Irpef e del cuneo fiscale con risorse tutte da trovare e un debito/Pil previsto al 135,2%, restano tutte sul fronte della crescita. La stagnazione dell’economia tedesca avrà un impatto in Italia. I dati Istat di ieri fotografano una crescita delle esportazioni 2019 più basso del previsto (+2,3%), e confermano un crollo dell’export di auto dell’8%, il peggiore dal 2009. Poi ci sono i rischi globali, a partire dal coronavirus che promette di colpire il Pil cinese, impattando non poco sull’export europeo e sul turismo. E c’è il probabile rallentamento dell’economia Usa. Per l’Italia, c’è, soprattutto, il calo del Pil dello 0,3% negli ultimi tre mesi del 2019, che fa partire il 2020 con un acquisito negativo di due decimali (-0,2%). Ieri Confindustria, nella sua “Congiuntura flash”, ha pronosticato che «l’Italia inizierà anche il 2020 senza crescita» e con una «sostanziale stagnazione che segue la flessione di fine 2019». Certo, Confindustria vede «segnali di stabilizzazione» per il manifatturiero. E il ministro Gualtieri resta convinto che arriverà «un rimbalzo a gennaio» perché «siamo fiduciosi che l’economia possa ripartire». Ma anche se una ripresa ci sarà la stima di un Pil in aumento dello 0,6% ipotizzato ai tempi della legge di Bilancio appare ad altissimo rischio. La Commissione europea prevede uno +0,3%. L’Upb un +0,2%, con un Pil che sconta l’eredità del calo di fine 2019 e gli indicatori più recenti che «non sembrano promettere un mutamento di clima».
In questa prospettiva di incertezza ieri il ministro Gualtieri ha confermato la barra dritta sui principali dossier. A partire da pensioni e Welfare. Quota 100 non va abolita subito, e il «reddito di cittadinanza sta funzionando bene – ha affermato – nella parte di sostegno al reddito. Quello che deve migliorare sono le politiche attive». Insomma l’agenda, da qui alla presentazione del Def di aprile e l’apertura formale del confronto con Bruxelles per l’impostazione della nuova manovra triennale non cambia, come l’impegno di portare a termine i diversi tavoli di confronto aperto sui diversi dossier, da quello fiscale a quelli sulle pensioni, che mercoledì prossimo dovrebbero chiudere la prima fase tecnica con il punto sulla previdenza complementare. «Serve serietà, credibilità, più impegno, io mi sento in un gabinetto di guerra perché siamo consapevoli dei problemi» ha detto Roberto Gualtieri a Radio uno, «serve una grande alleanza fra pubblico e privato – ha aggiunto – l’ideologia a questo non serve».