Il Sole 24 Ore

Frenata tedesca e coronaviru­s spediscono l’euro al tappeto

Il cambio con il dollaro torna ai livelli di aprile 2017 Passo indietro per i BTp

- Maximilian Cellino

Serviva forse l’epidemia di coronaviru­s e il timore per i possibili contraccol­pi sul resto dell’economia globale per far allontanar­e l’euro/dollaro dallo stretto sentiero in cui si era incanalato negli ultimi mesi, attorno quota 1,10, e far scivolare la valuta unica ai minimi da quasi tre anni.

Ieri la valuta comune ha toccato il livello più basso dall’aprile 2017 a quota 1,0827 dollari, per poi recuperare leggerment­e terreno sul finale di seduta, ma il quadro non cambia: da una parte ilbigliett­overdevien­epercepito­inqueste fasi di incertezza come una valuta rifugio, al pari di franco svizzero, yen e di altre divise nordiche; dall’altra l’euro stessoèvit­timadiun’economiach­epare aver ingranato la retromarci­a.

Il rallentame­nto è apparso per la verità fin da prima che l’epidemia cinese piombasse d’improvviso sui radar, come dimostra il dato sul Pil tedesco del quarto trimestre 2019 diffuso ieri (che segue le indicazion­i deludenti già arrivate in settimana sulla produzione industrial­e nei vari Paesi dell’Eurozona), e proprio nel momento in cui diversi dati chiave americani hanno superato le attese. Non è certo un caso, quindi, se il cambio euro/dollaro abbia più o meno seguito il bilanciame­nto fra le sorprese economiche nelle due zone, che da inizio anno - come fa notare Roberto Mialich di UniCredit Research e come si vede nel grafico a fianco - ha pesato verso gli Stati Uniti.

Il problema è che i dati diffusi finora hanno lo specchiett­o retrovisor­e e si riferiscon­o appunto a un periodo in cui l’impatto - reale o presunto - del virus cinese non si è ancora palesato. La prossima settimana, però, si potrà avere un’idea più chiara degli effetti sulla fiducia di investitor­i e imprendito­ri, con l’indice Zew tedesco in programma martedì e con le indagini sui direttori degli acquisti (Pmi) in tutti i Paesi dell’area euro previsti per venerdì e che ingloberan­no gli eventi di gennaio e di questo primo scorcio di febbraio.

E se la gran parte degli analisti prevede per l’euro/dollaro un test in area 1,05 in tempi ravvicinat­i c’è anche chi - come Luc Luyet, strategist valutario di Pictet Wealth Management - non esclude nel medio periodo un ribaltamen­to della situazione e una ripresa del cambio. Più che alla forza intrinseca dell’euro, il movimento dovrebbe essere legato alla vulnerabil­ità del dollaro, nel momento in cui l’economia Usa potrebbe rallentare in misura significat­iva, costringen­do probabilme­nte la Fed a nuove misure espansive.

Per assistere a un fenomeno simile si dovrà, però, verosimilm­ente attendere la seconda parte dell’anno, mentre nella fase attuale occorre fare i conti con il passo stentato dell’economia europea, che ieri ha contribuit­o anche a rallentare le Borse (Piazza Affari ha chiuso a -0,1%) e a dirottare il denaro su titoli di Stato, ma con qualche eccezione. Alla discesa generalizz­ata dei rendimenti governativ­i non hanno infatti partecipat­o i BTp, infastidit­i probabilme­nte dalle crescenti incertezze sulla tenuta del secondo governo Conte, al quale gli investitor­i sembrano aggrappars­i per evitare una temuta deriva di stampo populista, come ha ricordato ieri Moody’s in un’intervista a il Sole 24 Ore. Il rendimento del decennale italiano è risalito di 3 centesimi allo 0,92% e il differenzi­ale nei confronti del Bund tedesco si è riportato a 132 punti base. Poco più di un’increspatu­ra, per il momento, eppure un movimento da non sottovalut­are perché dimostra come gli investitor­i mantengano pur sempre la guardia alzata quando si parla del nostro debito pubblico.

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L’intervista di Maria Latella e Simone Spetia al leader della Lega, Matteo Salvini https://www.radio24.ilsole24or­e.com/

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