Prescrizione, per gli assolti spunta la sospensione
Le parti potranno chiedere una sentenza di appello entro sei mesi
Garantire l’appello quando il reato si sta per prescrivere. Alla fine è questo il punto di caduta cristalizzato nell’articolo 14 del disegno di legge delega di riforma del processo penale. Perché alla fine di un Consiglio dei ministri nel quale molto hanno pesato considerazioni politiche davanti al forfait delle ministre di Italia Viva, più che strette valutazioni tecniche, il lodo Conte bis è stato innestato nel corpo del provvedimento. Con alcune novità sul punto che da giorni era apparso il più critico, quello del trattamento da riservare agli assolti in primo grado.
Se per chi è condannato in primo grado la soluzione è quella nota: interruzione dei termini con possibilità di recupero in appello anche del tempo trascorso in precedenza, da utilizzare in caso (raro, peraltro) di ricorso della Procura generale, se il giudizio di secondo grado è stato di proscioglimento e stop definitivo in caso di conferma della condanna, è sulla sospensione che si è giocato il trattamento degli assolti.
Contrariamente a quanto prefigurato in un primo momento, non in tutti i casi di assoluzione la prescrizione continuerà a correre. Per consentire la possibilità di impugnazione da parte del pm, quando il reato per il quale si procede, o anche solo uno di questi in caso di pluralità di capi d’imputauzone, si prescriverà entro 1 anno dal deposito della motivazione della sentenza di assoluzione di primo grado, il corso della prescrizione è sospeso per un periodo massimo di 1 anno e 6 mesi tra il primo grado e l’appello e di 6 mesi tra la pronuncia di assoluzione in appello e il verdetto definitivo.
Barocco per alcuni, incostituzionale per altri. Se per il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si tratta del frutto di «un lavoro collegiale con le altre forze di maggioranza in circa 10 incontri», per le Camere penali è «uno dei più incomprensibili obbrobri mai concepiti in materia di diritto penale e processuale». Matteo Renzi rilancia il tema costituzionalità e ribadisce la volontà di cambiare il lodo prima che venga bocciato dalla Consulta, «come già avvenuto in settimana alla legge Bonafede (la «spazzacorrotti», ndr).
In ogni caso, è all’appello che il disegno di legge dedica la maggiore attenzione, tanto da dedicargli un articolo, il 13. Qui si legge, in dichiarato collegamento con le misure sulla prescrizione, che i difensori, con l’obiettivo di accelerare i tempi di trattazione, una volta esauriti i 2 anni che il ddl fissa come limite per lo svolgimento del secondo grado di giudizio (fanno eccezione i procedimenti per alcuni gravi reati, come quelli di mafia e terrorismo), possono fare richiesta di immediata trattazione processo. A quel punto l’impugnazione dovrà essere definita entro i successivi 6 mesi. E se il dirigente dell’ufficio giudiziario non provvederà a organizzare il lavoro per assicurare il risultato, allora potrà essere colpito da illecito disciplinare.
La prossima settimana, il ministero della Giustizia dovrebbe mettere poi in campo una commissione, nella quale dovrebbero essere rappresentati anche magistrati e avvocati, per misurare gli effetti della riforma Bonafede. Perché, si fa notare, se è vero che le conseguenze principali saranno visibili solo tra qualche anno (5 per il presidente della Cassazione, quando andranno in prescrizione i primi illeciti contravvenzionali), da subito potrebbe essere verificato l’allungamento dei tempi di durata del primo grado, visto che comunque, al netto delle correzioni è qui che potrebbe maturare la prescrizione.