Il Sole 24 Ore

Meno carne e più aperitivi così cambia la spesa in Italia

Il rallentame­nto dei consumi nella seconda parte del 2019 porta il dato annuale a +0,4%, ma vino e analcolici segnano +1,7%. Bene confezioni pronte e surgelati

- Emiliano Sgambato

Se la spesa alimentare degli italiani non aumenta molto nel 2019, cambia però la sua composizio­ne: la crescita è dovuta soprattutt­o a bevande analcolich­e e vini, mentre diminuisco­no gli acquisti di carne, pane e pasta (che vengono sostituiti da altri tipi di derivati dei cereali). E continuano a riscuotere successo tutte le confezioni di cibi pronti all’uso e porzionati, come le verdure già pulite in busta. La fotografia del carrello della spesa degli italiani è scattata dal report sui Consumi alimentari che Is me a( Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) diffonderà nei prossimi giorni: dopo un primo semestre che aveva fatto sperare in un rilancio dei consumi (+1,1%), la frenata nella secondapar­te dell’ anno ha fatto registrare un modesto +0,4% nel 2019 rispetto al 2018, per un totale di spesa che supera 81 miliardi (vedi grafico in alto).

«La stagnazion­e dei consumi in casa non è più un fatto solo congiuntur­ale. Si tratta oramai – secondo l’Ismea – di un fenomeno struttural­e che riguarda il cambiament­o dei modelli di consumo e degli stili di vita piuttosto che il livello di reddito disponibil­e. Modelli di acquisto più razionali in grado di contenere gli sprechi e l’incremento dei pasti fuori casa determinan­o la dinamica domestica». I rischi per le esportazio­ni che derivano da dazi e Brexit (vedi articolo in pagina) difficilme­nte potranno quindi essere compensati dal mercato interno. La prospettiv­a però cambia in base al segmento di riferiment­o: il dato che più balza agli occhi è la differenza del trend delle bevande (+1,7% in valore ) rispetto ai generi alimentari (+0,2%). Spumanti e aperitivi trainano il comparto. Per le bollicine una crescita del 5,3% segue un aumento analogo (+5,5%) già fatto segnare nel 2018. Il +1,6% dei vini è caratteriz­zato da una «conferma del trend positivo per i Dop e gli Igp – si legge nel report – e una flessione di volume e di prezzi per il prodotto da tavola». Un balzo del 10% sia in valore che in volume lo fanno segnare gli aperitivi; dinamica simile anche per le bevande energetich­e. Non rallenta poi il consumo di acqua in bottiglia (per il 99,7% in plastica) per cui sono stati spesi oltre 2 miliardi (+1,2% pari al 30% del fatturato bevande della Gdo, vini esclusi).

Dopo un 2018 in risalita, la carne è invece ancora in frenata: un -0,8% determinat­o dalla carne bovina (-1,6%) e suina (-1,7%) con le carni bianche in leggera crescita e i salumiche fanno segnare +1,3%, in sintonia con il trend positivo dei cibi pronti e dell’aperitivo in casa. «Come per il vino e altri alimenti–commenta Fabio Del Bravo, responsabi­le della direzione Servizi per lo sviluppo rurale di Ismea – una tendenza è quella di acquistare meno a prezzi più elevati e quindi privilegia­ndo la qualità. C’è da registrare però un fenomeno di polarizzaz­ione per alcuni prodotti come ad esempio la pasta e i derivati dai cereali, che da un lato vedono aumentar egli acquisti di fascia alta, ad esempio nel segmento integrale o biologico con produzioni di nicchia, oda sementi di varietà particolar­i, ma che dall’altro registrano ottimi risultati anche nel primo prezzo e nei discount. A soffrire è spesso la fascia media di prodotto». Il calo del 3,5% del pane fresco viene ad esempio compensato con un’ analoga crescita dei sostituti( come i cracker ). Sulla pasta la tendenza è evidente se si confrontan­o le quantità e la spesa: la pasta di semola è calata in volume del l’1,2% dopo il -1,6% del 2018, in valore quest’anno c’è stato invece un recupero dello 0,8% dopo un calo dell ’1,4% nel 2018.

Per verdura e ortaggi sono stati più i prezzi al rialzo che i volumi a far lievitare l’esborso dei consumator­i (+2,5%), ma alcuni comparti fanno storia a sé, ad esempio i surgelati e la cosiddetta quarta gamma, cioè le confezioni già pronte che sono cresciute del 2% in quantità e dello 0,4% in valore. «Tutti i beni ad elevato contenuto di servizio – continua Del Bravo – vedono il segno positivo nonostante i prezzi elevati . I consumator­i sono disposti a spendere di più pur di salvaguard­are il valore del proprio tempo». Un trend che fa il paio con la diminuzion­e della quota di fresco e sfuso( spesa giù del -3,1%) rispetto al confeziona­to( L cc ,+1,9%), acui è dedicato sempre più spazio negli scaffali nella Gdo. Tra i comparti solo carni, ittici e frutta mantengono più della metà dell’offerta in formato sfuso, per le altre filiere il confeziona­to rappresent­a circa i tre quarti dell’offerta.

A chiudere il quadro dei consumi alimentari, i prodotti lattiero caseari–dove la spesasi conferma stabile dopo un lungo periodo negativo con il latte fresco che però continua a soffrire–e il pesce, inflession­e dello 0,7%. Discorso a sé per l’olio extravergi­ne d’oliva, dove una pessima annata di produzione ha avvantaggi­ato i prodotti industrial­i soprattutt­o nella fascia di prezzo più bassa rispetto ai canali di vendita diretta.

Pasti fuori casa, nuovi stili di vita e scelte antispreco modificano gli acquisti alimentari

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