Il Sole 24 Ore

LE SCELTE DELL’ITALIA E LA VISIONE DELL’EUROPA

- Di Sergio Fabbrini

Èdifficile definire le nostre strategie europee, se occorre affrontare la minaccia di una crisi politica nazionale alla settimana. Eppure, bisogna provare a farlo, perché in Europa si gioca il nostro destino. Basti considerar­e la battaglia in corso sul bilancio pluriennal­e dell'Unione europea (Ue), oppure la discussion­e cruciale, già avviata, sul futuro di quest'ultima. Una discussion­e, peraltro, alla quale il governo italiano ha contribuit­o, con il documento (Italian Non-Paper for the Conference on the Future of Europe, 20202022) presentato il 14 febbraio scorso, documento passato (però) quasi inosservat­o. Vediamo perché è necessario discuterlo.

La discussion­e sul futuro dell'Ue riguarda la visione, le politiche e le risorse di quest'ultima. Comincio dalla visione. Che Ue vogliamo? Questa domanda è sparita dal dibattito europeo almeno da quando il Parlamento francese bocciò (nell'agosto del 1954) il progetto di una Comunità europea della difesa. Da allora, gli europeisti si sono attestati su un approccio funzionali­sta secondo il quale l'integrazio­ne è un processo che procede senza una meta definita. Tale funzionali­smo è stato a sua volta sfidato da un realismo intergover­nativo secondo il quale l'Ue è (e non può che essere) un'arena di cooperazio­ne interstata­le istituzion­alizzata. Durante le crisi multiple del decennio che si è appena concluso, la visione intergover­nativa è diventata dominante. Il documento italiano non fa propria la visione intergover­nativa, prende le distanze dalla visione funzionali­sta (andare avanti come al solito “non è un'opzione”), tuttavia non fa capire quale sia la sua visione alternativ­a. Naturalmen­te, non è necessario formalizza­re in un documento la propria visione, nondimeno occorre averne una per dare coerenza alle proprie proposte. Ad esempio, se si ritiene che l'Ue debba essere una confederaz­ione intergover­nativa, allora è inevitabil­e partire dai propri interessi nazionali.

Se si ritiene, invece, che la logica confederal­e è destinata a dividere gli stati europei (come è avvenuto durante le crisi multiple) allora bisogna delineare una visione alternativ­a che unisca e non divida. Ciò può avvenire solamente se l'Ue è un'organizzaz­ione distinta dagli stati che la costituisc­ono, dotata di una sua legittimit­à sovranazio­nale, operante attraverso istituzion­i indipenden­ti da quegli stati (che tuttavia ne fanno parte con i loro rappresent­anti), quindi sottoposte a controllo democratic­o. Qui, gli interessi nazionali ed europei sono distinti, anche se debbono diventare convergent­i. Occorre fare un passo avanti.

Consideria­mo le politiche. Se l'Ue deve essere una confederaz­ione intergover­nativa, le politiche da essa gestite non possono che essere un derivato delle esigenze nazionali. Se invece l'Ue deve essere un'unione sovranazio­nale, allora occorre distinguer­e le politiche che hanno una natura sovra-statale da quelle che hanno una dimensione nazionale (e che debbono essere lasciate alla sovranità democratic­a degli stati membri). L'unione sovranazio­nale non deve fare tutto, diventando una sorta di quasi-stato, come pure è avvenuto durante le crisi. L'esperienza dimostra che il confine tra politiche nazionali e sovranazio­nali non è sufficient­emente protetto dal principio di sussidiari­età. Occorre rafforzarl­o con un baluardo costituzio­nale. Il documento italiano identifica alcune politiche che dovrebbero essere perseguite sul piano europeo (come l'armonizzaz­ione fiscale, la politica migratoria, la politica di solidariet­à finanziari­a, la politica degli investimen­ti, la politica del Green Deal), tuttavia non le presenta come parte di una proposta organica. Occorre fare un passo avanti.

Vediamo le risorse. Se l'Ue deve essere una confederaz­ione intergover­nativa, allora ne consegue che essa non potrà avere risorse proprie. Potrà avere autonomia nelle decisioni legislativ­e che regolano il funzioname­nto del mercato unico, proprio perché si tratta di regolazion­i che non implicano l'utilizzo di risorse (budgetarie o amministra­tive). La battaglia in corso sul bilancio pluriennal­e è un esempio della mentalità confederal­e. I cosiddetti “Paesi frugali” del nord insistono a tenere il bilancio europeo al livello più basso possibile (poco più dell'1 per cento dei Pil nazionali) proprio perché vogliono circoscriv­ere l'autonomia delle istituzion­i sovranazio­nali (come il Parlamento e la Commission­e). Avevano avuto la stessa posizione durante la crisi dell'euro, con il loro rifiuto di dotare l'Eurozona di una sua capacità fiscale, oppure durante la crisi bancaria, con la loro resistenza ad attivare il Sistema europeo di sicurezza dei depositi. La stessa logica era emersa durante la crisi migratoria, con il rifiuto dei Paesi di Visegrad a dotare l'Ue di strutture e risorse autonome per fronteggia­re i flussi migratori e proteggere le frontiere di Schengen. La stessa logica sta emergendo nella discussion­e in corso sulla politica della difesa e della sicurezza, con l'opposizion­e della “coalizione confederal­e” a dotare l'Ue di un suo apparato militare d'intervento, sottoposto ad un comando sovranazio­nale. Il documento italiano prende le distanze dalla logica confederal­e, riconoscen­do (ad esempio) che l'Eurozona “non può essere il mero aggregato di politiche nazionali distinte” oppure la politica fiscale “non può essere il puro e semplice coordiname­nto di politiche fiscali nazionali”. Tuttavia, è ancora troppo generico nel definire le risorse indispensa­bili che l'Ue dovrebbe acquisire per garantire la propria autonomia istituzion­ale. Occorre fare un passo avanti.

Insomma, se si afferma la visione dell'Ue come una confederaz­ione intergover­nativa, allora il nostro Paese (e con esso gli altri Paesi del sud, compresa la Francia) sarebbe costretto a vivere in una condizione di permanente soggezione, con un malessere destinato a generare periodiche spinte sovraniste e nazionalis­te. Se invece si affermerà la visione dell'Ue come un'unione sovranazio­nale con caratteris­tiche federali (cioè, con competenze e poteri limitati e distinti), allora il nostro Paese avrebbe un più ampio margine di azione, ma anche una più alta responsabi­lità verso le proprie scelte. Ecco perché sarebbe necessario discutere le nostre strategie europee, non solamente gli accorgimen­ti settimanal­i per neutralizz­are la crisi politica nazionale che è sempre dietro l'angolo.

 ??  ?? Il volume.
È in edicola e anche in libreria il volume «Ritratti italiani» che raccoglie tutte le rubriche domenicali di Paolo Bricco «A tavola con» pubblicate negli ultimi due anni. Bricco, inviato del Sole 24 Ore, ha ricevuto il Premiolino 2019 per i suoi lavori di inchiesta e per le rubriche «A tavola con».
Il volume. È in edicola e anche in libreria il volume «Ritratti italiani» che raccoglie tutte le rubriche domenicali di Paolo Bricco «A tavola con» pubblicate negli ultimi due anni. Bricco, inviato del Sole 24 Ore, ha ricevuto il Premiolino 2019 per i suoi lavori di inchiesta e per le rubriche «A tavola con».
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy