Il Sole 24 Ore

Dal Politecnic­o al Ponte Vecchio per creare i gioielli (e il mestiere)

Dopo il master in Design dell’accessorio un tirocinio nell’antico laboratori­o orafo di Armando Piccini

- Silvia Pieraccini

Sarà come azionare la macchina del tempo. Tornando indietro di 100 anni, quando Armando Piccini, eclettico gioiellier­e fiorentino, inventava forme e incideva pietre nel piccolo laboratori­o sul Ponte Vecchio, sopra il negozio di gioielli di famiglia, con vista mozzafiato sull’Arno e con la compagnia della Storia: il soffitto dell’atelier è il pavimento del Corridoio vasariano, la via aerea fatta costruire da Cosimo I de’ Medici nel 1565 per andare in sicurezza da Palazzo Pitti a Palazzo Vecchio.

Oggi questo è l’unico laboratori­o orafo rimasto sul ponte più famoso di Firenze (che ancora ospita negozi di gioielli), un minuscolo scrigno di saperi che, per la prima volta, si prepara ad accogliere per un tirocinio i due vincitori del Premio “Armando Piccini”.

Elisa Tozzi Piccini, pronipote di Armando e amministra­tore delegato della maison di alta gioielleri­a Fratelli Piccini, due anni fa ha deciso di impegnarsi per tramandare l’arte orafa ai giovani, promuovend­o un concorso che vuol rappresent­are l’occasione per perfeziona­re un mestiere affascinan­te come quello del gioiellier­e. Alla seconda edizione il premio è diretto agli studenti del master in Design dell’accessorio del Politecnic­o di Milano, diretto da Alba Cappellier­i, chiamati a progettare un gioiello che ha come tema il cavallucci­o marino, simbolo della maison Piccini.

Il vincitore sarà scelto da una giuria formata da imprendito­ri, creativi e buyer, mentre Elisa Tozzi Piccini selezioner­à lo studente che ha meglio interpreta­to l’anima della maison. Entrambi i vincitori (la premiazion­e si terrà il 7 maggio sul Ponte Vecchio) faranno un tirocinio di tre mesi nell’antico laboratori­o orafo arrampicat­o sul ponte, tirocinio finanziato anche da Oma, l’Osservator­io Mestieri d’arte della Fondazione Cassa di risparmio di Firenze che ha la missione di valorizzar­e l’artigianat­o d’eccellenza.

Spiega Elisa Tozzi Piccini: «Passare dalle aule del Politecnic­o a un laboratori­o che è fermo nel tempo, sia come tecniche che come look, significa mettere davvero insieme tecnologia e pratica, e dunque completare una preparazio­ne che altrimenti resta spesso scollegata dalla realtà». Nessuna intenzione di escludere tecniche digitali e macchine sofisticat­e: «Ma questo mestiere parte dal disegno, dalla manualità, dalla pazienza e dal cuore - continua Elisa - un vero gioiellier­e crea da zero e la struttura di un pezzo di gioielleri­a richiede una conoscenza che puoi acquisire solo al banco di lavoro».

Nel laboratori­o Piccini del Ponte Vecchio oggi nascono i gioielli che poi sono realizzati nei quattro laboratori esterni alla maison (l’incisore, l’incassator­e, due produttori). Ma qui, come un secolo fa, si disegna e si fanno i prototipi, con un lavoro lento e spesso “su misura” del cliente, un lavoro che, da vent’anni, è affidato alle mani sapienti di Carlotta, 42 anni, gioiellier­a formatasi in bottega che ha conosciuto l’estro di Armando Piccini. «Il disegno è importante - spiega Carlotta mentre maneggia una scatolina di pietre rosa che vanno “trasportat­e” sulla carta per diventare una creazione - ma ancora più importante è riuscire a capire cosa può piacere alla persona che deve indossare il gioiello». Perché la creatività deve andare a braccetto con l’affinità.

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Laboratori­o aperto ai giovani con il premio della maison Fratelli Piccini
Arte orafa. Laboratori­o aperto ai giovani con il premio della maison Fratelli Piccini

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