Conti pubblici, si punta alla flessibilità per salvare il Def
La partita con Bruxelles si giocherà sulle spese aggiuntive anti-emergenza
Al ministero dell’Economia per ora non si fanno numeri, perché le variabili in gioco con il Coronavirus sono troppe.
Ma un dato è certo. L’obiettivo di crescita dello 0,6% messo in programma per quest’anno già traballava vistosamente dopo il -0,3% del Pil dell’ultimo trimestre 2019. E adesso appare irraggiungibile. Ma per evitare di far saltare la traiettoria di deficit e debito concordata con la Commissione entreranno in gioco le clausole per «eventi eccezionali» che permettono di scomputare dai calcoli le spese per fronteggiare l’emergenza. Quanto? Anche qui è troppo presto per fare cifre. Ma è facile prevedere che le clausole non basteranno a salvare l’obiettivo del deficit al 2,2%. E che il percorso infinito verso il cosiddetto «obiettivo di medio termine», cioè in pratica il pareggio di bilancio, è destinato ad allungarsi ancora.
Ad ancorare l’obiettivo di deficit al 2,2% fissato a fine anno dall’intesa con la Commissione Ue era una crescita tendenziale 2020 dello 0,4 per cento. La prima botta è arrivata dalla gelata di fine 2019, che ha lasciato a quest’anno un’eredità statistica di -0,2% imponendo un ulteriore colpo di reni per avvicinarsi alla dinamica immaginata poco prima. Ora le ricadute del Coronavirus rimettono tutto in discussione. In una misura difficile da prevedere.
È «prematuro» fare numeri, ribadisce al Tg1 il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri perché tutto dipende dalla durata dell’emergenza, e di conseguenza dei tanti blocchi alle attività economiche concentrati per di più nelle regioni più ricche del Paese.
Una geografia, quella finora seguita dall’infezione, che complica anche la possibilità di sospensioni più o meno generalizzate degli obblighi tributari.
Per ora l’unica stima istituzionale, inevitabilmente precaria, è arrivata
dalla Banca d’Italia, che concentra intorno allo 0,2-0,3% le probabilità di crescita italiana per quest’anno. Sempre che l’emergenza riesca a essere contenuta sul piano geografico e soprattutto su quello cronologico. Ma tutti avvertono sui rischi ulteriori al ribasso che potrebbero schiacciare l’economia verso un altro anno di crescita zero. L’ufficio parlamentare di bilancio, per esempio, ha ipotizzato una crescita dello 0,2% due settimane fa, prima dell’arrivo del virus in Italia, con una prospettiva che avrebbe imposto di trovare intorno ai 3 miliardi per correggere in corsa i conti.
Con questa premessa, il disavanzo è destinato a salire verso quota 2,3-2,4%, perché ogni punto di crescita in meno si traduce in mezzo punto abbondante di deficit in più. Al netto di ulteriori spese che si rendessero necessarie per sostenere i settori più in crisi. Le prime arriveranno nelle prossime ore con il nuovo decreto in preparazione per mettere in campo i primi aiuti. Ma sarà solo l’antipasto di un intervento più organico che il governo ha intenzione di avviare nelle prossime settimane. In ogni caso prima del 10 aprile, data in cui il Documento di economia e finanza è atteso in Parlamento.
E proprio sulle spese aggiuntive anti-emergenza si giocherà l’ennesima partita sulla “flessibilità” con Bruxelles, che domani pubblicherà il Country Report sull’Italia con l’ennesimo richiamo su debito e squilibri economici. Per il momento, si diceva, è impossibile ipotizzare cifre, ma per mantenere la traiettoria del deficit sui binari decisi nei mesi scorsi sarà indispensabile spuntare almeno 2-4 miliardi, cioè uno o due decimali di Pil da scontare dai calcoli del deficit. Ma il risultato non è scontato. Almeno per il momento, le cifre messe in gioco a livello europeo sono decisamente inferiori, come mostra il primo insieme di misure da 232 milioni in arrivo da Bruxelles.
Senza contare il fatto che il Coronavirus finirà inevitabilmente per ritardare le misure della cosiddetta Agenda 2023, che dominava il dibattito sulla semi-crisi di governo prima che l’epidemia iniziasse a dominare la scena.