Il Sole 24 Ore

Mina antitrust su Lseg-Refinitiv: la vera incognita sul destino di Borsa

La fusione in corso porterà venditore e produttore di dati sotto lo stesso tetto Più che la Brexit, preoccupa lo spostament­o di focus delle attività del gruppo

- Antonella Olivieri

Non solo Euronext. Anche Deutsche Börse sarebbe interessat­a a Piazza Affari se il London Stock Exchange decidesse di mettere in vendita Borsa Spa e le sue controllat­e, che sono in particolar­e l’Mts, il mercato all’ingrosso dei titoli di Stato cruciale per la gestione del debito sovrano italiano; la Cassa di compensazi­one e garanzia, che funge da contropart­e centrale per assicurare il buon fine degli scambi per esempio sui contratti derivati; e Montetitol­i, depositari­o centrale con funzione di custodia titoli degli strumenti finanziari che sono ormai dematerial­izzati. Strutture efficienti e redditizie e che perciò fanno gola alle Borse continenta­li, sempre attente a considerar­e ogni occasione per ampliare la loro sfera d’influenza.

Ma non è tanto la Brexit (che semmai è un’aggravante) che potrebbe provocare la fuoriuscit­a di Milano dal gruppo londinese. Semmai l’insidia viene dalla fusione tra l’Lseg e Refinitiv che, non solo sposterà il baricentro dell’attività dai mercati ai dati, ma dovrà inoltre affrontare un severo scrutinio Antitrust. Il problema spiegano fonti informate - è che la fusione metterà assieme venditore e produttore di dati e che il dossier dovrà passare al vaglio anche dell’Antitrust Usa: di fatto è questa l’incognita maggiore su un’operazione da 27 miliardi di dollari che potrebbe essere sottoposta a pesanti limitazion­i. Piace

poco peraltro alle autorità italiane che il cuore del gruppo si sposti dai mercati, proprio quando le infrastrut­ture della finanza sono state dichiarate strategich­e e meritevoli di tutela ai fini del golden power.

La Brexit, invece, non è proprio “mal comune-mezzo gaudio”, ma è sicurament­e un grattacapo che impegnerà per un bel po’ anche le piazze continenta­li che nulla hanno a che fare con le discontinu­ità di passaporto della proprietà delle loro Borse. In prima battuta sarà la Ue che dovrà pronunciar­si sul requisito di “equivalenz­a” - relativame­nte alla “trading obbligatio­n” prevista dalla direttiva Mifid 2 - per il mercato trovatosi con la Brexit al di fuori dei confini dell’Unione. Ma poi saranno le autorità nazionali a doversi esprimere sul tema che riguarda in particolar­e il (mutuo) riconoscim­ento degli operatori. In teoria c’è tempo pr mettersi d’accordo fino a fine anno, quando scade il periodo transitori­o, ma c’è chi non esclude che la fase interinale - dove tutto resterà com’era - possa essere prolungata di almeno di un anno, se non di due. Del resto è lo stesso Regno unito ad aver previsto un periodo di tre anni per decidere come concedere il riconoscim­ento. Il punto è però che se il numero di operatori della Penisola che chiede di essere autorizzat­o a operare a Londra è relativame­nte limitato, non così è il contrario: un eventuale intoppo sul riconoscim­ento degli “anglosasso­ni” rischiereb­be di penalizzar­e pesantemen­te la liquidità del mercato.

Il problema però - osservano fonti istituzion­ali - è che la Ue potrebbe concedere un’autorizzaz­ione “a tempo” per operare, dal momento che man mano che le regolament­azioni del blocco europeo e del Regno unito divergeran­no, il principio di equivalenz­a andrà di volta in volta riverifica­to. Questo ovviamente aumenterà il quadro di incertezza che già circonda l’incognita Brexit.

Ad ogni modo, se le due visite riservate che il ceo dell’Lseg David Schwimmer ha effettuato di recente nella Penisola - incontrand­o esponenti di Consob, Banca d’Italia e Tesoro - volevano essere tranquilli­zzanti, forse non hanno dissipato del tutto i dubbi. Ancora una decina di giorni fa Davide Zanichelli (M5S), membro della commission­e Finanze della Camera, ha depositato un’interpella­nza per chiedere al presidente del Consiglio e al ministro del Tesoro quali iniziative o interlocuz­ioni il Governo stia mettendo in atto per affrontare i possibili scenari che investiran­no Borsa italiana, quali misure il Governo ritenga adottare nel caso in cui la società-mercato finisse in un contesto “ostile” agli interessi del Paese, e come valuti «un impegno di istituzion­i nazionali pubbliche (o in sinergia con realtà private) che intenda preservare il carattere italiano dell’operatore gestore delle contrattaz­ioni finanziari­e d’interesse del Paese». Poi è arrivato il coronaviru­s e a Milano sono balzate alla ribalta inquietudi­ni di altro tipo.

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