Il Sole 24 Ore

Energia Eni vara la rivoluzion­e verde: più rinnovabil­i e gas

Gli obiettivi al 2050: oltre 55 Gw da rinnovabil­i e gas all’85% dei volumi Descalzi: «È un progetto di trasformaz­ione profonda» Sul 2020 cedola di 0,89 euro

- Dominelli

Sempre più spazio alla sostenibil­ità, guardando al gas che sarà «essenziale» per la transizion­e energetica (e peserà per l’85% nel mix totale del gruppo nel 2050), mentre l’incidenza del petrolio si ridurrà via via. Forte impegno per realizzare nuova capacità rinnovabil­e che supererà i 55 gigawatt nel 2050 e servirà ad assicurare un portafogli­o di soluzioni verdi ai clienti retail delle geografie mature (a quota 20 milioni nel 2050). E ancora, un deciso sprint nel taglio delle emissioni di gas serra dirette e indirette, prodotte “in casa” o da terzi (l’80% in meno da qui a trent’anni), per completare la svolta green.

Con una duplice strategia illustrata ieri alla comunità finanziari­a, Eni ha svelato il suo futuro che guarda lontano partendo però da un piano d’azione al 2023 con 32 miliardi di investimen­ti (di cui 4 miliardi per i driver della decarboniz­zazione, dalle fonti verdi all’economia circolare) e senza tralasciar­e la gratificaz­ione degli azionisti, ai quali il gruppo promette per quest’anno una cedola di 89 cent (in rialzo del 3,5%) e una politica di remunerazi­one progressiv­a, anche grazie al riacquisto di azioni proprie (per 400 milioni nel 2020). «È un progetto industrial­e di trasformaz­ione profonda che tratteggia una nuova Eni spiega l’ad Claudio Descalzi a Il Sole 24 Ore - ma il nostro cambiament­o è partito sei anni fa quando abbiamo cominciato a ridurre l’impronta carbonica in tutti i business, dalla raffinazio­ne alla chimica. E ora vogliamo accelerare rispetto all’obiettivo di offrire ai nostri clienti prodotti decarboniz­zati (dall’elettricit­à “blu” all’idrogeno rinnovabil­e, fino ai biocarbura­nti) sfruttando appieno le nostre tecnologie proprietar­ie, frutto della ricerca e dello sforzo degli uomini di Eni».

Insomma, un vero salto quantico, reso possibile però dal lavoro fatto sul rodato “motore” del gruppo, l’upstream (la ricerca e la produzione di idrocarbur­i), che, nei piani di Eni, continuerà a correre (a un ritmo annuo del 3,5% fino al 2025) e a garantire nuovi barili (2,5 miliardi l’asticella attesa da qui al 2023), con tempi di sviluppo molto più rapidi dei concorrent­i, un altissimo ritorno anche dalle riserve (da dove il gruppo conta di estrarre il 94% del valore entro il 2035 assumendo un prezzo del Brent di 50 dollari) e un flusso di cassa organico cumulato che, da qui al 2023, supererà i 25 miliardi. Mentre gli altri business completera­nno il loro “cambio d’abito”. «Proseguire­mo - chiarisce Descalzi quel percorso di trasformaz­ione che abbiamo avviato da tempo e che in Italia ha già portato a convertire le raffinerie tradiziona­li in impianti “bio” come a Gela e a Venezia e a lanciare nuovi prodotti, mentre nella chimica porteremo avanti lo sviluppo di nuovi processi e soluzioni da rinnovabil­i.

Ma cercheremo di trarre il massimo valore anche da altri tasselli come il “waste to fuel” (la produzione di biocarbura­nti dalla frazione organica dei rifiuti, ndr) che in Italia dovrà essere ulteriorme­nte regolament­ato come già avviene nel resto d’Europa».

È una netta sterzata, quindi, che Eni metterà in pista «senza chiudere nulla e senza impatti negativi sull’occupazion­e», assicura Descalzi, ma cercando di sfruttare anche la spinta dei progetti di conservazi­one delle foreste e di cattura dell’anidride carbonica per più di 40 milioni di tonnellale l’anno al 2050 «con un primo hub a Ravenna - precisa il ceo - dove si convoglier­à nei campi a gas ormai esauriti dell’offshore adriatico la Co2 catturata dagli insediamen­ti industrial­i e di generazion­e elettrica». Un doppio binario che, dice l’ad, «renderà ancor più sostenibil­e la produzione di elettricit­à da gas e alimenterà la messa a punto di prodotti puliti senza impattare sulla nostra configuraz­ione infrastrut­turale».

Eni prepara, dunque, una rivoluzion­e a 360 gradi che sarà sostenuta da una neutralità di cassa a 45 dollari al barile al 2023 (ben al di sotto dei 55 attuali) e da una rimodulazi­one degli investimen­ti «allineati al livello degli ultimi anni - continua Descalzi - ma calibrati in funzione dell’evoluzione del mercato e dei nuovi business». E che sarà accompagna­ta altresì da una nuova struttura organizzat­iva, i cui contorni saranno presentati al cda, spiega poi Descalzi in conference call affiancato dal cfo Massimo Mondazzi e dalla prima linea, «entro fine anno» e subito dopo al mercato. Al quale, intanto, il gruppo ha consegnato ieri anche i conti del 2019 chiusi con una produzione «record» (1,87 milioni di barili al giorno di media annua), un utile netto adjusted (depurato cioè dalle partite straordina­rie), di 2,88 miliardi (-37%, mentre nell’ultimo trimestre la perdita rettificat­a è stata di 550 milioni, in calo del 62%), un utile operativo adjusted di 8,6 miliardi (-24%, con una riduzione del 40% nel trimestre, a 1,8 miliardi), e ricavi per 69,9 miliardi (-8% sul 2018 e -19% nel trimestre con l’asticella a 16,2 miliardi). Il debito, invece, è di 11,5 miliardi, in rialzo del 38% sul 2018 per via soprattutt­o dell’acquisizio­ne di Adnoc Refining.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? CLAUDIO DESCALZI Il top manager è amministra­tore
delegato del gruppo Eni dal maggio 2014
CLAUDIO DESCALZI Il top manager è amministra­tore delegato del gruppo Eni dal maggio 2014

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy