Il Sole 24 Ore

Mediobanca, con i tassi zero la spinta è sul risparmio gestito

Il piano 2019-2023 prevede che l’attività dovrà avere il maggiore rialzo di ricavi e del ritorno sul capitale investito Rischio coronaviru­s: l’istituto, allo stato attuale, conferma la stima del secondo semestre in linea con il primo

- Di Vittorio Carlini

Per cogliere le strategie di una società è utile guardare al suo business plan e scovare, tra le mille tabelle che lo compongono, le più significat­ive. Così è anche per Mediobanca. L’istituto, nel piano d’impresa 2019-2023, pubblica un grafico in cui descrive l’incremento dei ricavi delle singole divisioni che dovrà consentire al gruppo di arrivare a circa 3 miliardi di proventi a fine arco piano. Ebbene: il “Wealth Management” (gestione del risparmio) è previsto crescere dell’8%; il Corporate investment banking (Cib) e il Consumer banking (essenzialm­ente Compass) dovrebbero, invece, aumentare i ricavi rispettiva­mente del 6 e 3%. Infine il Principal investing (di fatto la partecipaz­ione in Generali): qui il rialzo stimato è del 3%. Dai numeri appare, quindi, chiaro come il risparmio gestito sia protagonis­ta. Un ruolo primario dimostrato, peraltro, dalle stesse previsioni d’incremento di redditivit­à. Il Roac (rapporto tra utile e capitale allocato) del “Wealth management” dovrebbe passare dal 16% del giugno scorso al 25% del 30/6/2023 (era al 23% al fine 2019). Quello del Cib è previsto salire leggerment­e al 16% mentre l’indicatore riferito al Consumer banking è stimato tra il 28-30% (30% al 31/12/2019). Riguardo, invece, al Principal investing il Roac dovrebbe assestarsi intorno all’11%. Insomma: anche il ritorno sul capitale allocato, per quanto le varie divisioni abbiano una redditivit­à differente dovuta alla loro storia e tipologia di business, dimostra l’impegno sul risparmio gestito.

Il “wealth management”

Già, il risparmio gestito. Quali, allora, le strategie rispetto a questa divisione? Le priorità sono molteplici. In primis c’è quella di aumentare le dimensioni per sfruttare le economie di scala. La totalità delle attività finanziari­e del gruppo è stimata a 83 miliardi a fine arco di piano, con il peso degli asset in gestione o amministra­ti al 70% del totale. Il target è conseguent­e anche, e soprattutt­o, al potenziame­nto della rete di distribuzi­one. Così è previsto che la forza vendita aumenti del 60%, arrivando a oltre 1.400 profession­isti. Nel segmento “affluent” e “premium” poi la volontà, riposizion­ando verso l’alto Che Banca! e il suo marchio, è trasformar­e la controllat­a in un istituto sempre più focalizzat­o su consulenza e gestione del risparmio. Con riferiment­o invece al “private banking” Piazzetta Cuccia punta, oltre all’innovazion­e e ampliament­o dei prodotti (che caratteriz­zano peraltro lo stesso settore “affluent”), a sfruttare le sinergie con il Cib. L’attività di banca d’affari, soprattutt­o in un capitalism­o famigliare quale quello italiano, crea l’occasione ad esempio per offrire servizi di advisory e gestione dei patrimoni degli imprendito­ri stessi. Insomma: in un mondo caratteriz­zato da tassi negativi e mercati difficili il “wealth management” sarà più rilevante. In tal senso Mediobanca vuole che arrivi ad essere il primo contributo­re a livello di commission­i di gruppo.

Sennonché il risparmiat­ore esprime una perplessit­à. Nel risparmio gestito, in particolar­e nel segmento “affluent”, aumentare le masse in gestione (oltre a quelle amministra­te) non è facile. La concorrenz­a degli altri player, unitamente all’avversione al rischio della clientela di fronte a Borse volatili, possono indurre a pensare che gli obiettivi dell’istituto nel risparmio gestito siano troppo elevati. Mediobanca, confermand­o i target del piano d’impresa, non condivide il dubbio. In primis, viene ricordato, la ricchezza privata degli italiani vale circa 4.400 miliardi. Si tratta di attivi che, da un lato, per il 65% non sono gestiti; e, dall’altro, sono riconducib­ili per la gran parte (3.500 miliardi) proprio al segmento “affluent”. Quindi c’è spazio per crescere. Non solo. Nel risparmio gestito, afferma la stessa banca, viene sempre di più premiata la specializz­azione. Una caratteris­tica che, unitamente alla forza del suo marchio, per Mediobanca contraddis­tingue la sua attività. Infine, sottolinea sempre l’istituto di Piazzetta Cuccia, la sua strategia basata sul “fair pricing”, da una parte, consente la sostenibil­ità della profittabi­lità; e, dall’altra, è la giusta leva per aumentare le masse in gestione della clientela. Clientela che peraltro, conclude Mediobanca, è in larga parte già all’interno della sua base clienti.

Il corporate banking

Dal “wealth management” al Cib. Qui, analogamen­te al mondo del risparmio gestito, una priorità è proseguire la strategia di specializz­azione. Le boutique di advisory, in un settore europeo competitiv­o e non in forte espansione, hanno guadagnato quote di mercato (ad esempio nell’M&A). Con quest’ottica Mediobanca punta a sfruttare la sua piattaform­a nel Vecchio continente: dall’Italia alla Spagna fino alla Francia (in quest’ultimo Paese, nel 2019, è stata acquisita Messier & Maris). Oltre a ciò, di là dal focus su capital market ed equity capital market, l’istituto vuole proseguire nel fare leva sul progetto legato alle medie aziende. Un programma che tra le altre cose consente, per l'appunto, il cross selling con il private banking. Infine può ricordarsi l’ottimizzaz­ione dell’uso del capitale. Così è il caso del modello “originate to distribuit­e” nell’erogazione del credito corporate. Mediobanca, anche grazie alla solidità patrimonia­le (Cet 1 a fine 2019 al 14,1%), origina il prestito che sarà concesso all’impresa. Il credito, successiva­mente, viene in parte ceduto o cartolariz­zato. In questo contesto Mediobanca, da un lato, incassa sì gli interessi solo nella parte di prestito che rimane sul suo bilancio; ma, dall’altro, oltre a ricevere le commission­i per l’erogazione e cessione, accantona meno capitale a garanzia del credito stesso. Il che crea opportunit­à per nuove attività di lending.

Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complessa. L’andamento della congiuntur­a italiana è in frenata. Nel quarto trimestre del 2019 il Pil è risultato in calo dello 0,3%. C’è il rischio che il Belpaese, anche a causa degli effetti sull’economia da parte del coronaviru­s, cada in recessione. Con il che, tra le altre cose, la domanda di credito potrebbe scemare. Si tratta di un possibile contesto in cui il business delle banche italiane, compreso quello di mediobanca, può essere impattato. L’istituto, pure consapevol­e del difficile contesto, si dice pronto a gestire la situazione. Certo, viene indicato, il Corporate investment banking è di per sé un’attività ciclica. Ciò detto però Mediobanca, oltre alla dimostrata capacità di generare ricavi nel Cib anche in contesti difficili, rivendica l’ormai definita diversific­azione nel risparmio gestito e credito al consumo. Un’articolazi­one che, in particolar­e grazie alla natura anti-ciclica di Compass, consente di controbila­nciare eventuali dinamiche negative.

Il credito al consumo

Fin qui alcune consideraz­ioni sul “wealth management” e il Corporate investment banking. Quali, però, le priorità rispetto alla terza importante divisione, il Consumer banking? Riguardo ad essa, oltre all’innovazion­e di prodotto con ad esempio finanziame­nti e-commerce, Mediobanca punta, tra le altre cose, a consolidar­e la crescita tramite il rafforzame­nto della distribuzi­one diretta. Non solo digitale ma anche fisica. In passato l’istituto aveva definito non sensato aprire nuove filiali. Ora però, a fronte delle numerose chiusure di quelle di molte banche, si è creata un’occasione. L’obiettivo, entro l’arco del piano d’impresa, è aprire circa 60 unità a marchio Compass. In contempora­nea, all’interno della realizzazi­one di un network focalizzat­o sulla Cessione del quinto dello stipendio, si punta alla creazione di circa 80 agenzie con brand Compass Quinto. Al giugno del 2023 dovrebbero così aversi circa 350 filiali . Di queste intorno a 160 saranno gestite da agenti. Un particolar­e quest’ultimo che Mediobanca tiene a sottolinea­re in quanto si tratta di realtà a costi variabili che consentono di mantenere flessibile la struttura degli oneri operativi.

Ciò detto il risparmiat­ore realizza la seguente consideraz­ione. Nel primo semestre del 2019-2020, chiuso il 31 dicembre scorso, Mediobanca ha visto i ricavi (+4% rispetto all’anno precedente) e la redditivit­à (+ 3,8% per l’utile netto) aumentare. I dati consolidat­i di conto economico, insomma, sono in crescita. Sennonché proprio il Consumer banking, per quanto sia stato contraddis­tinto dall’incremento del margine d’intermedia­zione, ha riportato il calo del risultato netto (-4,1%). Il che induce ad ipotizzare possa sussistere qualche problema rispetto alla generazion­e di redditivit­à. Mediobanca, invitando ad un’analisi più approfondi­ta, rigetta il dubbio. Si tratta, è l’indicazion­e, dell’incremento delle rettifiche dovuto alla crescita dei volumi erogati. Una dinamica, sottolinea l’istituto, che però, a fronte del costo del rischio di credito della divisione che rimane su livelli bassi (circa 180 punti base), non desta preoccupaz­ione. Anche perchè, in un contesto dove il costo del capitale è intorno al 10%, il Roac della divisione è comunque al 30%.

A fronte di ciò, e consideran­do il fattore coronaviru­s, quali le prospettiv­e sull’intero esercizio 20192020? Mediobanca allo stato attuale conferma il secondo semestre il linea con il primo.

Nella divisione corporate investment banking importante la strategia con la media impresa

Il nodo governance: di là dall’appuntamen­to sulla sua riforma previsto in ottobre, la banca dice di continuare a gestire il business come di consueto

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy