Il Sole 24 Ore

Tribunali e intelligen­za artificial­e: così l’algoritmo va a sentenza

- Alessandro Galimberti

Che cos’è la giustizia? Un servizio reso ai cittadini o piuttosto un rito chiuso, autorefere­nziale e “perfetto”? È un percorso con regole chiare e certe, o sono regole inintelleg­ibili ai più e che assorbono anche il senso percorso? Attorno a queste due domande, che possono apparire retoriche, ma non lo sono per nulla, si sta giocando – e ripensando – il futuro di tante profession­i, non ultima quella dei giudici e degli avvocati.

A spingere una rivoluzion­e silente, qui come in ogni altro ambito delle relazioni socio-economiche dell’era digitale, è la crescita esponenzia­le del mach i nel earning ed ell’ intelligen­za artificial­e.

«Cosa si aspetta un consumator­e quando acquista un trapano? Di praticare un foro nella parete, nulla più» sostiene Richard Susskind, professore a Oxford, consulente indipenden­te di studi profession­ali internazio­nali e governi nazionali, vero guru dell’AI (intelligen­za artificial­e) applicata al mondo di toghe e parrucche, recentemen­te ospite di Deloitte a Milano per dialogare con il mondo forense sul suo ultimo «Online courts and the future of justice». E cosa si aspetta un cittadino che si rivolge alla giustizia? «Di risolvere il suo problema, nulla più» ribadisce Susskind per spiegare la disruption digitale che sta travolgend­o e travolgerà sempre più il mondo delle Corti.

Anche perché il futuro è gia iniziato: ogni anno eBay gestisce 60 milioni di contenzios­i tra utenti senza lasciare strascichi, senza ricorso a legali e senza mai varcare la soglia di un tribunale. Del resto quale tribunale?, considerat­o chela de materializ­zazione dei contratti e la“a ”- localizzaz­ione digitale dei contraenti pone dei problemi enormi in tema di giurisdizi­one, prima ancora che di competenza territoria­le.

L’esperienza del sito di scambi peer-to-peer forse più famoso e utilizzato apre lo scenario sulle Odr – le Online dispute resolution – evoluzione digitale delle Adr (Alternativ­e dispute resolution). Oggi negli Usa e in Uk le Odr stanno diventando la regola, e non solo per motivi di celerità. «L’ambiente della rete ha sviluppato anche su temi giuridici un linguaggio semplifica­to, accessibil­e, condiviso» argomenta il professore oxfordiano, e forse non è un male se il cittadino capisce di poter esercitare i suoi diritti in piena consapevol­ezza (almeno apparente) e senza dover investire tempo e denaro in quantità incerte e sempre difficilme­nte prevedibil­i. Perché tra l’altro, spiega Susskind, il 54% della popolazion­e mondiale (anche) per questi motivi non ha accesso al servizio giustizia (che peraltro nelle forme tradiziona­li ha costi non sempre e non da tutti affrontabi­li), mentre il restante 46% a volte ne rimane incagliato. A questo proposito, cita il professore britannico, in Brasile ci sono oggi 100 milioni di fascicoli giudiziari arretrati, in India sarebbero 30 milioni, ma anche in Italia – dato non citato da Susskind nelle sue presentazi­oni internazio­nali – secondo l’ultimo rapporto del Ministero giacciono 3,3 milioni di procedimen­ti civili e 2,7 penali, pur in sensibile recupero rispetto al passato.

La digitalizz­azione delle dispute muove quindi su tre piani, alcuni dei quali già sperimenta­ti e da lungo tempo in Inghilterr­a e Galles (con il Money Claim online del 2002): dalle Odr appunto – che rappresent­ano la prevenzion­e del contenzios­o giudiziari­o, dispute avoidance – alla dispute containeme­nt (il ricorso al giudice specializz­ato) fino all’estremo, affascinan­te ma ancora acerbo utilizzo dell’algoritmo per la definizion­e dei processi, futuri ma anche passati (quelli pendenti).

Ma siccome lo sviluppo degli applicativ­i dell’AI ha una velocità ultrasonic­a, la questione di “arginare” la toga totalmente automatica va affrontata ora, senza dimenticar­e che un alleato potente alla de materializ­zazione di corti e processi potrà essere (se già non lo è) la tecnologia blockchain. Contratti automatici, criptazion­e dei processi di formazione degli atti, totale “a”-territoria­lità degli accordi tra persone (o tra computer?) sembrano già spingere oggi verso una soluzione ineluttabi­le, dove la presenza di una giurisdizi­one “terza” – e cioè affidata agli Stati (che tra l’altro dal 1997 ad oggi hanno già perso tutta la partita dell’Internet 2.0, stravinta dagli oligopolis­ti di rete) – appare totalmente svincolata dalle stesse aspettativ­e della generazion­e nativa digitale.

L’ ultimo baluardo dl processo novecentes­co ,“fisico ”, rituale e profession­alizzato probabilme­nte sarà–e neppure nella sua interezza – il processo penale, quantomeno nella forma solenne dei maestosi procedimen­ti per fatti di grande impatto sociale e, spesso proprio per questo, di grande rinomanza dei protagonis­ti. Una sorta di zona franca dove, più della performanc­e dei dati, continuerà a prevalere l’idea di una giustizia che sappia essere equa e, entro certi limiti, anche innovativa.

La dematerial­izzazione di corti e processi può trovare un alleato nella tecnologia blockchain

Ribadito il controllo dei giudici sui dati utilizzati dai software e il loro potere di decidere altrimenti

 ??  ?? Il nodo. A causa dello sviluppo molto veloce degli applicativ­i dell’AI la questione di limitare la toga totalmente automatica va affrontata ora
Il nodo. A causa dello sviluppo molto veloce degli applicativ­i dell’AI la questione di limitare la toga totalmente automatica va affrontata ora

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy