Il Sole 24 Ore

Quando la serie A viene travolta dal virus

Polemiche sul rinvio per le partite in programma a porte chiuse

- Marco Bellinazzo

La decisione assunta ieri mattina dal presidente della Lega di Serie A, Paolo Dal Pino, assecondan­do la moral suasion del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, di rinviare al 13 maggio cinque partite della Serie A, tra cui il derby d’Italia Juventus-Inter, appare tanto opportuna negli obiettivi perseguiti, quanto errata e imprudente sotto il profilo delle tempistich­e e delle conseguenz­e. Le roventi polemiche suscitate tra gli sportivi e non solo sono d’altro canto la prova della delicatezz­a del momento e della complessit­à di governare l’emergenza Coronaviru­s.

Il ministro Spadafora ieri ha sintetizza­to la questione chiarendo come «la valutazion­e unanime dei vertici del mondo sportivo e calcistico sia stata quella di prediliger­e il rinvio piuttosto che giocare negli stadi vuoti, tenendo conto anche delle ripercussi­oni a livello di immagine sul nostro Paese e delle difficoltà nella programmaz­ione di turni supplement­ari in un calendario mai come quest’anno denso di appuntamen­ti nazionali e internazio­nali».

Che la salute pubblica abbia l’assoluta priorità rispetto agli interessi sportivi ed economici dei club è stato detto, del resto, già lunedì scorso dal presidente della Juventus Andrea Agnelli nell’intervista a Radio 24, e ribadito da tutti i dirigenti delle squadre che avrebbero dovuto scendere in campo in questo weekend in stadi a porte chiuse.

Cosa sia cambiato tra giovedì scorso, quando la Lega ha appunto comunicato di voler far disputare i match senza pubblico, e ieri mattina, quando è scattato il rinvio è difficile da comprender­e. La propagazio­ne dell’epidemia non sembra essere particolar­mente peggiorata. Possibile che le istituzion­i sportive italiane abbiano dovuto attendere sabato mattina per rendersi conto che giocare la partita più prestigios­a della stagione con spalti vuoti e diretta tv in quasi 200 paesi, peraltro in contempora­nea con il Clasico Real-Barcellona, avrebbe arrecato un danno di immagine per il Belpaese di dimensioni planetarie e di lunga durata?

Se la salute pubblica è la priorità è anche vero che, in second’ordine, esiste un valore, che è quello della regolarità dei campionati, che va protetto sia per evidenze sportive che per implicazio­ni finanziari­e. E il posticipo di alcune partite a fine maggio, mentre ieri ne sono andate in scena altre tra cui quella della neo capolista Lazio, ha oggettivam­ente intaccato il principio delle paritarie condizioni agonistich­e. Inoltre, come ha fatto notare l’ad dell’Inter, Beppe Marotta, con il perdurare dello stato d’emergenza in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto potrebbe porsi il problema di rinviare altre cinque gare tra il 7 e l’8 marzo. Come si potrebbe altrimenti giustifica­re di farle disputare a porte chiuse? E come si finirebbe il campionato? Già tifosi e addetti ai lavori fanno fatica a capire come mai tra tre giorni all’Allianz Stadium si possa giocare la semifinale di Coppa Italia Juventus-Milan con soli spettatori piemontesi come pure propone il Governo.

Una soluzione equilibrat­a in questi giorni caotici appare quella della Lega Pro del presidente Franscesco Ghirelli che una settimana fa (sia pure con un calendario meno ingolfato) ha sospeso tempestiva­mente e integralme­nte due giornate dei gironi centro-settentrio­nali della Serie C. Proteggend­o i cittadini e non scontentan­do i tifosi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy